Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-06-2011) 24-06-2011, n. 25391 Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-06-2011) 24-06-2011, n. 25391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di G.R. propone ricorso avverso l’ordinanza del 22/11/2010 con la quale il Tribunale di Napoli ha respinto il riesame proposto avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dal Gip di quel Tribunale il 10/10/2010 per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., commesso a far tempo dal novembre 2005, con condotta perdurante.

Si lamenta nel ricorso, con il primo motivo, erronea applicazione di legge, riguardo alle disposizioni di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3 e art. 649 cod. proc. pen. per avere il giudice, pur prendendo atto della preesistente emissione di analogo provvedimento per medesima imputazione, e riconoscendo la retrodazione dell’efficacia della misura, escluso l’annullamento del provvedimento impugnato.

Rivendicando la piena applicabilità in fase cautelare del principio di cui all’art. 649 cod. proc. pen. e richiamando la giurisprudenza di legittimità espressasi in senso conforme a tali allegazioni, la difesa ricorrente sollecita l’annullamento della pronuncia impugnata.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. I precedenti delle sezioni unite di questa Corte richiamati dal ricorrente (Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, dep. 20/04/2004, imp. Donelli e n. 24655 del 28/06/2005, dep. 28/09/2005, P.G. in proc. Donati), nei quali si fa riferimento all’applicazione in fase cautelare dell’art. 649 cod. proc. pen., e si evoca un divieto di cumulo delle misure, presuppongono quale elemento di fatto l’assoluta identità delle contestazioni, non ravvisabile nella specie ove l’interessato è stato raggiunto da due misure cautelari contenenti contestazioni associative, la più antica delle quali sviluppatasi in arco temporale limitato, intercorrente tra il 2006 ed il 2008, e la seconda che configura l’associazione come costituita nel 2005, e tutt’ora perdurante.

A fronte di tale evidente, e non negata, divergenza di fatto, deve escludersi l’applicabilità del principio di diritto richiamato, ed accertato che correttamente, ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, che espressamente disciplina la situazione concreta descritta, è stata disposta dal giudice di primo grado la decorrenza del termine di custodia dall’esecuzione della prima misura, deve valutarsi l’inammissibilità del ricorso, con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., in punto di condanna alle spese del procedimento ed al pagamento della somma determinata come in dispositivo in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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