Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-06-2011, n. 3900

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 18 marzo 2009, il presidente della Camera di Commercio di Lecce ha provveduto all’affissione all’albo camerale dell’avviso di avvio della procedura di rinnovo del consiglio camerale, per consentire alle organizzazioni imprenditoriali, sindacali e alle associazioni di consumatori interessate alla ripartizione dei seggi all’interno dei vari settori di effettuare le prescritte comunicazioni, ai sensi dell’art. 2, comma 2 del DM 501/96, relativamente alla natura e finalità di tutela perseguita, nonché all’ampiezza e diffusione delle strutture operative, ai numeri delle imprese iscritte e al numero degli occupati nelle stesse.

Nei successivi 50 giorni, le imprese e associazioni interessate hanno fatto pervenire al Presidente della Camera di commercio di Lecce i dati e le notizie necessarie alla rilevazione del grado di rappresentatività, nella circoscrizione territoriale di appartenenza.

Il 6 maggio 2009, la Confcommercio, la Confesercenti, la Confartigianato, la Casartigiani, la CNA e la Claai hanno presentato una dichiarazione di apparentamento per concorrere alla assegnazione dei seggi nei settori commercio, turismo e servizi alle imprese.

In data 7 maggio 2009 l’associazione ricorrente ha comunicato e fornito alla Camera di Commercio i dati necessari per l’assegnazione dei seggi in proprio favore, nei settori del commercio, turismo e servizi e a seguito di successiva richiesta di regolarizzazione della documentazione trasmessa da parte del presidente della Camera di commercio, con nota prot. 0136 del 19 maggio 2009, l’associazione ricorrente ha rettificato il numero totale degli occupanti da un errore di calcolo nelle domande presentate in precedenza.

Con nota del 27 maggio 2009, il presidente della Camera di commercio ha trasmesso alla Regione Puglia in originale i dati e i documenti acquisiti nell’ambito delle procedure relative alla composizione del consiglio camerale di Lecce, precisando che la relativa documentazione era stata sottoposta a regolarizzazione dal punto di vista formale e allegando alla stessa una scheda riepilogativa dei suddetti fascicoli, in cui veniva indicato il valore aggiunto per addetto a ciascun settore economico, secondo quanto previsto dall’art.2 DM 501/96, comma 6.

Con DPGR n. 788 del 31 luglio 2009, il Presidente della Giunta Regionale della Puglia, recepita la documentazione trasmessa dal presidente della camera di commercio di Lecce, ha rilevato il grado di rappresentatività di ciascuna organizzazione imprenditoriale, cui ha contestualmente assegnato i relativi seggi, e in particolare assegnando alla associazione ricorrente un seggio per il settore commercio e un seggio per il turismo (senza soddisfare la sua pretesa, in quanto volta ad ottenere più seggi, in ragione della sua rappresentatività).

Il decreto è stato trasmesso alle associazioni partecipanti alla procedura di assegnazione, con l’invito a nominare entro 10 giorni i propri rappresentanti nel consiglio camerale.

Con la nota del 20 agosto 2009, l’associazione ricorrente ha indicato alla regione Puglia i nominativi per il settore turismo e commercio, riservandosi, tuttavia, ogni azione avverso gli atti in questione.

L’associazione ha conseguentemente proposto il ricorso di primo grado.

2. Il TAR ha rigettato il ricorso, rilevando innanzitutto che l’equazione in forza della quale il riconoscimento di un maggior grado di rappresentatività alle associazioni controinteressate si sarebbe risolto in un automatico vulnus inferto alla associazione ricorrente non sembra fondata.

La ricorrente, infatti, pur contestando il numero dei seggi attribuiti alle controinteressate sotto il profilo dei requisiti per partecipare alla procedura di rinnovo del consiglio camerale, non ha dimostrato di avere titolo ad un numero maggiore di seggi, ossia non ha fornito la prova di essere titolata a sedere in consiglio camerale per mezzo di un numero più elevato di propri rappresentanti.

3. L’Associazione ha prodotto appello, deducendo che:

"il c.d. vulnus inferto alla ricorrente, a seguito dell’errato grado di rappresentatività attribuito alle contronteressate, non è meramente potenziale, ma risulta pacifico nella fattispecie e deriva dalla normativa del d.m. 1996/501, posto che la determinazione del numero dei rappresentanti di ciascuna organizzazione e/o associazione nel settore di appartenenza viene determinato tenuto conto dei posti previsti per ciascun settore economico dallo statuto camerale, dividendo il grado di rappresentatività di ogni organizzazione per 1,2,3,4 ed oltre sino alla concorrenza del numero dei seggi disponibili per il relativo settore economico disponendo di quozienti cosi ottenuti in una graduatoria decrescente, in un numero pari a quello dei seggi da attribuire".

"Ne consegue che se talune associazioni, tra quelle indicate, fossero legittimamente state escluse, l’associazione, ai sensi dell’art. 5 DM 501/96 avrebbe conseguito senza dubbio il riconoscimento di un maggiore grado di rappresentatività e dunque la reale certezza di sedere nel consiglio camerale con uno o più rappresentanti sia nel settore commercio che dei servizi, come ampiamente illustrato nel ricorso introduttivo".

Inoltre, l’appellante ha lamentato va violazione della circolare ministeriale del 24 dicembre 2001, n. 3536, poiché le dichiarazioni non sarebbero state autenticate.

4. Ritiene la Sezione che le censure così riassunte vadano respinte.

In primo luogo, risultano inammissibili tutte le censure riguardanti la violazione della circolare ministeriale del 24 dicembre 2001 e la mancata autenticazione delle dichiarazioni presentate in sede amministrativa.

Infatti, esse sono state formulate in primo grado dall’interveniente.

L’appellante può riproporre in grado d’appello le censure ritualmente formulate in primo grado, ma non può chiedere in grado d’appello l’esame delle censure con cui l’interveniente irritualmente abbia inteso ampliare il thema decidendi.

Peraltro, le medesime censure risultano anche infondate.

La richiamata circolare ha disposto che "le dichiarazioni rese sotto forma sostitutiva di atto notorio devono essere ritenute valide fino a prova di falso, con onere a carico della parte ricorrente".

Ciò comporta che, nel corso del procedimento, l’amministrazione regionale deve attribuire rilevanza probatoria agli atti notori, salve le responsabilità individuali nel caso di commissioni di falsi e salvi gli eventuali accertamenti istruttori che le autorità competenti intendano porre in essere.

Risultano altresì infondate le residue censure.

Rientra infatti nell’ambito della discrezionalità tecnica dell’amministrazione il riscontrare la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi e, in particolare, la riferibilità delle associazioni ai singoli settori.

Nella specie, nessuna illogicità vi è, né è stata specificamente comprovata, in ordine alla riferibilità della Casartigiani e Cllai al settore commercio.

Inoltre, in assenza di espressi divieti, e in applicazione dell’art. 4 del decreto ministeriale 24 luglio 1996, n. 501, l’amministrazione ha ben potuto attribuire rilievo agli apparentamenti, che di per sé comportano l’aggregazione di realtà di cui si può ben tener conto nel corso del procedimento.

Infatti, sono risultati i relativi presupposti, e cioè il formale impegno a partecipazione unitaria con dichiarazione apparentamento, nonché l’appartenenza al medesimo settore (secondo le valutazioni rientranti nell’ambito della discrezionalità tecnica e basate sugli accertamenti in fatto eseguiti)

5. Va infine respinto l’appello incidentale proposto dalla Federazione Nazionale Imprese di Pesca (FEDERPESCA), con il quale pure si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla ritualità del suo atto di intervento.

Infatti, gli eventuali profili di lesione per la medesima Federazione, riferibili al provvedimento impugnato in primo grado, sotto tale profilo avrebbe consentito la proposizione di un rituale ricorso principale, sicché va richiamato il pacifico e tradizionale orientamento per cui il soggetto legittimato all’impugnazione non può assumere la qualità di interventore e, comunque, non può contestare sotto ulteriori profili il provvedimento impugnato, così ampliando il thema decidendi.

6. Per le ragioni che precedono, l’appello principale va respinto, così come quello incidentale

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 8129 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Respinge l’appello jncidentale

Condanna l’associazione ricorrente principale al pagamento della somma di tremila euro a favore della Regione Puglia, di 3.000,00 euro a favore della Camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato (CCIAA) di Lecce, di tremila euro a favore del Consorzio Pesca Salento, e, per un totale di 3.000 euro, a favore di Confesercenti -Sede di Lecce, Ascom – Confocommercio -Sede di Lecce, Confartigianato Imprese – Sede di Lecce, Cna – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, Claai – Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane – Sede di Lecce. Compensa le spese tra le altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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