Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-03-2011) 12-07-2011, n. 27222 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.X.Y. ha presentato ricorso avverso la sentenza 25.1.2010 del tribunale di Verona, con la quale è stata applicata, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, la pena di otto mesi di reclusione in ordine al reato ex art. 495 c.p. e art. 61 c.p., n. 11 bis, perchè dichiarava falsamente a ufficiali e agenti di polizia di chiamarsi Z.Y., esibendo una patente di guida intestata alla persona avente il suddetto nome.

Secondo il ricorrente la sentenza ha violato l’art. 129 c.p.p., art. 49 c.p., comma 3 e art. 495 c.p. ed è inoltre motivata in maniera carente e contraddittoria: l’imputato ha esibito il documento che recava un fotografia dell’intestatario e quindi non era idoneo ad attestarne le false generalità. Inoltre la normativa vigente dispone l’identificazione mediante esibizione della patente di guida è consentita solo ai cittadini italiani ed europei.

Il giudice avrebbe dovuto derubricare il fatto come contravvenzione e norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, che è punita con pena inferiore.

I difensori dell’imputata, in data 11.3.2011, hanno presentato memoria con la quale hanno ribadito le censure già formulate dall’interessato.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Secondo un consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, in tema di patteggiamento, una volta esclusa, con adeguato apparato argomentativo, la sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., tutte le statuizioni non illegittime, concordate tra le parti e recepite dal giudice, precludono alle parti stesse la proposizione, nella successiva sede dell’impugnazione in sede di legittimità, di censure o eccezioni attinenti al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso (sez. 1^, n 6898 del 18.12.1996, Milanese; sez. 5 n. 102 del 18.1.1995, Pepe). Posto che, nel caso in esame, sussiste adeguata motivazione in riferimento all’esclusione dei presupposti ex art. 129 c.p.p. e non è ravvisabile alcuna statuizione illegittima l’impugnazione è da considerare inammissibile.

Va rilevato che, successivamente alla pronuncia della sentenza, la corte costituzionale, con sentenza 8.7.2010 n. 249, pubblicata su G.U. n. 28 del 14.7.2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 61 c.p., n. 11 bis. Tale decisione non comporta però la declaratoria di nullità della sentenza impugnata, in relazione alla contestata aggravante. Secondo un condivisibile orientamento interpretativo, la inammissibilità, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente l’instaurazione, in sede di legittimità, di un valido rapporto di impugnazione e impedisce di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.. L’antecedente formazione del giudicato sostanziale, derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido, perchè inficiato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591, comma 1 con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione; art. 606, comma 3), preclude ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata, sia di rilevarla di ufficio (S.U. n. 23428 del 22.3.2005, in Cass. pen. 2005, n. 1229).

Nè la possibilità per il giudice dell’esecuzione di incidere sul giudicato formale, ex art. 673 c.p.p., può essere estesa, proprio per la sua eccezionalità rispetto ai principi del nostro ordinamento, al giudice dell’impugnazione, che abbia ritenuto il gravame inammissibile, perchè originariamente viziato.

Secondo i canoni e le cadenze del sistema processuale penale, spetta quindi al giudice dell’esecuzione provvedere alla revoca della sentenza di condanna pronunciata dal tribunale di Verona, nei limiti determinati dalla suindicata declaratoria di illegittimità costituzionale della circostanza aggravante ex art. 61 c.p., n. 11 bis.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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