Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Ricorre per cassazione P.L. – quale indagato del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 lett. c), per aver condotto, in data (OMISSIS), l’autovettura BMW, tg. (OMISSIS), di sua proprietà, benchè versasse in stato di ebbrezza accertato tramite alcooltest, in 1.84 g./l., alla prima prova ed in 1,79 g./l., alla seconda – avverso l’ordinanza 8 ottobre 2010 con cui il Tribunale di Ancona – Sezione del riesame respingeva l’appello dallo stesso proposto, ex art. 322 bis cod. proc. pen., in veste di avente diritto alla restituzione delle cose sequestrate,nei confronti dell’ordinanza 15 settembre 2010 con la quale il GIP dello stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta di revoca del Decreto 15 marzo 2010, di sequestro preventivo del surrichiamato autoveicolo.
Il Tribunale, pur affermando che, dopo la modifica normativa introdotta con la L. n. 120 del 2010, non è più possibile procedere al sequestro preventivo del veicolo di proprietà e condotto dal trasgressore, in quanto la confisca obbligatoria, tuttora prevista, è stata trasformata in sanzione amministrativa accessoria, ha tuttavia ritenuto legittimo il mantenimento della misura cautelare reale, adottata prima della richiamata modifica normativa, sulla base dell’assorbente rilievo che doveva farsi applicazione della previgente normativa siccome più favorevole al reo, ex art. 2 c.p., comma 4. Deduce al riguardo, il ricorrente:
1. Violazione dell’art. 322 – bis e art. 310 cod. proc. pen. in relazione all’art. 127, commi 1 e 5, artt. 161 e 163 cod. proc. pen..
L’istante non ha partecipato all’udienza in camera di consiglio, conclusasi con l’adozione del provvedimento impugnato, a cagione della nullità della notifica del relativo avviso eseguita nel domicilio precedentemente eletto,ma poi revocato e sostituito con nuova elezione in altro luogo, come comunicato all’A. G. procedente con racc. ricevuta in data 6 maggio 2010. 2. Violazione degli artt. 322 – bis e 310 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 186 C.d.S., e art. 321 cod. proc. pen..
Il Tribunale,preso atto della sopravvenuta diversità tra la disciplina della confisca del veicolo, vigente all’epoca della commissione del fatto e quella novellata dalla L. n. 120 del 2010, al fine di giustificare il mantenimento della misura, ha richiamato il disposto dell’art. 2 cod. pen., comma 4 onde affermare che la vecchia normativa era più favorevole al reo. Ha tuttavia compiuto una comparazione meramente astratta tra le normative succedutesi nel tempo, in base alla misura delle pene detentive previste, peraltro limitatamente ai minimi edittali.
Mentre invece,per pervenire alla caducazione del disposto sequestro preventivo sul presupposto delle più favorevoli disposizioni successivamente introdotte, sarebbe stato sufficiente richiamare, all’esito di una valutazione complessiva e più articolata, l’intervenuta introduzione della norma sostanziale di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9 – bis nonchè il disposto dell’art. 213 C.d.S., laddove si prevede che, se il lavoro di pubblica utilità viene svolto positivamente, non solo si riduce alla metà la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, ma il reato viene dichiarato estinto con elisione della confisca amministrativa del veicolo.
Insta quindi il ricorrente per l’annullamento della impugnata ordinanza.
Con memoria depositata in cancelleria in data 18 marzo 2011, il ricorrente, nel richiamare le conclusioni formulate con il ricorso od in subordine invocando la rimessione della questione alle Sezioni Unite ex art. 618 cod. proc. pen.. Sul presupposto dell’esistenza di contrasti giurisprudenziali, deduce altresì in sintesi:
– una volta ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità che la novella del 2010 ha introdotto una disciplina più favorevole non foss’altro perchè la confisca è qualificata sanzione amministrativa accessoria in luogo della confisca quale sanzioni penale, pur in difetto di una disciplina transitoria atta a regolare le questioni di diritto intertemporale concernenti la sorte dei sequestri preventivi dei veicoli confiscandi ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), non può che farsi luogo alla revoca dei sequestri preventivi, a sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., comma 3 in difetto delle condizioni di applicabilità di detta misura cautelare, non potendosi condividere gli orientamenti interpretativi suggeriti, in senso contrario, dalla giurisprudenza di legittimità.
– la prima opzione giurisprudenziale della Sezione 4^ della Corte di Cassazione, secondo cui si era statuita la caducazione del sequestro preventivo, mediante l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, mantenendosi però in vita il vincolo sul bene siccome disposto, in nome del principio tempus regit actum, in conformità alla disciplina all’epoca vigente implica un’inaccettabile conversione del sequestro preventivo in amministrativo (divenendo questo in tal modo impugnabile ex artt. 224 – ter e 205 C.d.S.) al di fuori delle uniche ipotesi previste dall’art. 323 cod. proc. pen.;
– l’altra tesi interpretativa fatta propria dalla stessa Sezione – 4^, secondo il ricorrente si pone in contrasto con il principio sancito dalla L. n. 689 di 1981, art. 1 – che esclude l’applicazione retroattiva della legge che istituisce un sanzione amministrativa a violazioni commesse prima della sua entrata in vigore – essendosi affermato che il mantenimento dei sequestri preventivi discende, in nome del principio della perpetuatio jurisdictionis, non solo dall’esser stati adottati in base alle normativa all’epoca vigente, ma dalla verifica della conformità sostanziale dei parametri già sanciti in precedenza con quelli previsti dalle nuove disposizioni, attesochè la confisca anche nella disciplina novellata, consegue comunque ad un reato (rientrante nella cognizione del giudice penale) al pari delle altre sanzioni amministrative accessorie.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è inaccoglibile.
In violazione del principio di autosufficienza, non risulta in atti alcuna prova (nè risulta alcun documento allegato al ricorso od inserito nel testo dello stesso) della comunicazione del mutamento della precedente elezione di domicilio dall’indagato P. L., in quella ulteriore, di (OMISSIS), presso il dr. P.F., asseritamente resa nota all’Autorità Giudiziaria procedente con raccomandata ricevuta il 6 maggio 2010. Ne discende l’insussistenza della dedotta nullità della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, eseguita nel precedente domicilio eletto.
Quanto alle altre censure proposte (ed ai rilievi illustrativi introdotti con successiva memoria) – da trattarsi congiuntamente attesa la sostanziale unitarietà delle prospettate questioni interpretative – ritiene il Collegio di far proprio il più recente orientamento seguito, in subiecta materia, da questa stessa Sezione, di cui alle sentenze n. 44903 del 27 ottobre 2010 e n. 40523 del 4 novembre 2010 sì da evitare (o comunque risolvere in radice) ogni prospettato contrasto giurisprudenziale da rimettersi alla cognizione delle Sezioni Unite. Com’ è noto, la L. 29 luglio 2010 n. 120, oltre ad apportare ulteriori modifiche al testo degli artt. 186 e 187 C.d.S., ha introdotto ex novo, nello stesso corpus normativo, l’art. 224 – ter che enuncia la speciale disciplina applicativa delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo, conseguenti a fattispecie di reato.
La suddetta novella non ha dettato alcuna normativa transitoria in riferimento ai sequestri eeesee(OMISSIS)r già disposti ed eseguiti nella vigenza delle disposizioni precedenti ed in particolare di quelli disposti dal GIP ex art. 321 cod. proc. pen., comma 2, in previsione della sottoposizione alla confisca dei veicoli guidati in stato di ebbrezza da coloro cui appartenevano. Nè ha, d’altra parte, escluso la codice della strada in precedenza in vigore, il giudice penale è tenuto comunque ad irrogare a seguito della commissione di taluni reati.
La novella ha sostanzialmente "depenalizzato" la sola sanzione accessoria specificamente introdotta per la prima volta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 e già ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità a valenza sanzionatoria penale, al di là dell’inquadramento sistematico tra le misure di sicurezza patrimoniali. Nulla invece si è innovato o mutato quanto alla natura di illecito penale delle fattispecie contravvenzionali (artt. 186, 186 – bis e 187 C.d.S.) che fungono da presupposto per l’applicazione della stessa misura. Non vengono quindi in gioco i principi stabiliti dall’art. 2 cod. pen., comma 4 (che concerne la successione nel tempo di leggi penali) e dalla L. n. 689 del 1981, come analizzati ed interpretati dalle Sezioni Unite penali con la sentenza n. 7394 del 1994 attesochè si è trasformata in amministrativa solamente una sanzione accessoria, in precedenza penale, non annoverata tra le pene principali nè tra le pene accessorie ( artt. 17 e 19 cod. pen.).
Ed invero l’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) (nel testo sul punto, non novellato) stabilisce che, con la sentenza di condanna o con quelle emessa ex art. 444 cod. proc. pen. "è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato" (ovviamente non potendo che demandare l’incombente al giudice penale), disponendo tuttavia in chiusura che "ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’art. 224 ter". Identica disposizione enuncia il testo dell’art. 187, comma 1. L’art. 186 – bis comma 6 fa diretto rinvio all’art. 186, comma 2, lett. c).
A’ sensi dell’art. 224 ter, comma 2 – "nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo" (ovverosia: nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo in cui ha avuto luogo la prodromica sottoposizione del veicolo stesso al sequestro disciplinato dall’art. 213 cod. strada ad iniziativa dell’agente o dell’organo accertatore), il prefetto, ricevute le sentenze od i decreti penali di condanna, applicativi della misura, divenuti irrevocabili ex art. 648 cod. proc. pen., dispone "la confisca amministrativa ai sensi delle disposizioni dell’art. 213 C.d.S., in quanto compatibili".
Disposizione di identico contenuto risulta enunciata dall’art. 224 ter C.d.S., comma 4, in ordine al fermo amministrativo.
Tale disciplina induce pertanto a ritenere che l’"intervento" del prefetto giochi un ruolo di natura sostanzialmente esecutiva di statuizioni preventivamente adottate dal giudice penale, una volta accertata la sussistenza dei reati cui consegue detta sanzione amministrativa. Depone indiscutibilmente nello stesso senso, contrariamente agli assunti del ricorrente, la disposizione enunciata dal comma 7 del citato articolo dovendo il prefetto far luogo alla restituzione dei veicolo all’intestatario in caso di sentenza irrevocabile di proscioglimento. Nè potrebbe valere a dimostrare il contrario – ed a smentire la tesi che qui si sostiene – il caso marginale (art. 224 ter C.d.S., comma 6) della "riserva" di discrezionalità in capo al prefetto in caso di "estinzione del reato per altra causa", tenuto a "verificare la sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria", trattandosi comunque di intervento previsto per casi residuali e comunque sempre "subordinato" alla declaratoria di estinzione del reato, demandata esclusivamente al giudice penale.
L’art. 186, commi 9 – bis e art. 187 C.d.S., comma 8 – bis, come novellati, stabiliscono che il giudice penale (una volta affermata la sussistenza delle contravvenzioni de quibus e riconosciuta la penale responsabilità dei conducenti dei veicoli) "revoca la confisca dei veicoli sequestrati, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità". Siffatte disposizioni, lungi dal configurare "uno spiraglio residuale n.d.r. di intervento dell’autorità giudiziaria" (come si legge nella succitata memoria della difesa) valgono al contrario a ribadire che al solo giudice penale è demandato (anche una volta divenuta la confisca sanzione amministrativa accessoria) pronunziare sulla stessa, applicandola o revocandola, con diretta proiezione del provvedimento stesso in ambito esecutivo. Non pare quindi al Collegio possa dubitarsi, alla stregua della prospettata "lettura" coordinata e sistematica delle richiamate disposizioni dell’applicabilità del principio della perpetuatio jurisdictionis, in capo al giudice penale, quanto ai procedimenti già iniziati sotto il vigore delle precedenti disposizioni ed aventi ad oggetto la verifica della legittimità dei provvedimenti cautelari reali prodromici alla confisca de qua pur nella mutata qualificazione giuridica dell’istituto.
L’elaborazione di tale principio della perpetuatio jurisdictionis, cui è approdata la giurisprudenza di legittimità in talune pronunzie di seguito richiamate, si sviluppa prevalentemente nell’ambito della definizione di questioni attinenti alla competenza, allo scopo di individuare la disciplina normativa regolatrice di specifiche fattispecie, sulla base di due fondamentali presupposti concettuali:
1. successione di leggi processuali nel tempo, regolata, in difetto di disciplina transitoria, dal principio tempus regit actum che incontra il proprio limite nell’altro principio del cd. fatto esaurito "secondo il quale la norma che disciplina in modo diverso una fattispecie processuale non può applicarsi se i relativi presupposti di fatto si sono realizzati ed esauriti prima della entrata in vigore della nuova norma (Cass. Sez. 5 ord. n. 2883/2000;
Cass., Sez. 2, n. 2823/1992)";
2. irretroattività della legge ( art. 11 preleggi), quale principio generale dell’ordinamento, secondo cui, in difetto di disposizioni espressamente dichiarate retroattive, le "nuove" norme non possono che disciplinare fattispecie verificatesi dopo la loro entrata in vigore.
In sintesi può quindi sostenersi che, in base al principio della perpetuano jurisdictionis, salvo che la legge successivamente entrata in vigore non detti una disciplina transitoria applicabile alle fattispecie sorte nel vigore delle precedenti norme, resta ferma, in capo al giudice già investito della questione, la "competenza in prorogano" a pronunziarsi alla stregua della normativa antecedentemente in vigore (cfr. Sez. 1 n. 4351 /1992; Sez. 6 n. 10373 /2002; Sez. 1^ n. 28545/2004; Sez. 1 n. 12148/2005).
Nel caso di specie, (in cui, come si dirà in prosieguo, si deve unicamente procedere alla mera delibazione della legittimità del disposto sequestro preventivo in raffronto alla "nuova" disciplina amministrativa) non può quindi sfuggire, a conforto dell’applicabilità del richiamato principio, che fuori discussione resta anche nella disciplina novellata della confisca amministrativa (cui è prodromico il sequestro) la competenza al riguardo, del giudice penale, come pacificamente già accade in materia di irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente di guida.
Ed a dimostrazione della sussistenza della perpetuano jurisdictionis del giudice penale (in nessun caso messa in discussione dal novellato art. 224 – ter C.d.S., ed anzi semmai, nella sostanza "riaffermata") deve porsi l’accento sull’ancor più stretta connessione, su di una sorta di quasi interdipendenza (pacificamente ricavabile dalla normativa novellata, cui testè si è fatto cenno) tra la confisca "disposta" dal giudice penale e l’applicazione della misura ablativa in sede meramente esecutiva ad opera del prefetto, solamente alla stregua e subordinatamente alla formazione del titolo "esecutivo", una volta sopravvenuta l’irrevocabilità della sentenza penale di condanna o di "patteggiamento" o del decreto penale, di guisa da doversi ritenere precluso al prefetto, in difetto della statuizione del giudice penale, l’adozione in via "esecutiva" ed autonoma della confisca amministrativa, a differenza di quanto previsto in materia di sospensione della patente di guida.
Nè ha pregio l’ulteriore obiezione della difesa secondo cui la tesi propugnata dal Collegio quanto all’applicazione a fatti pregressi, della sanzione amministrativa accessoria della confisca de qua, introdotta dalla citata novella ( L. n. 120 del 2010), ad opera del giudice penale, si porrebbe in aperta violazione del principio di irretroattività sancito dalla L. n. 689 del 1981, art. 1, in difetto di disciplina di diritto intertemporale. Come già chiarito da questa stessa Sezione 4^ con la sentenza n. 45365 del 2010, la lettera del citato art. 1 sancisce l’irretroattività dell’applicazione delle sanzioni amministrative a "violazioni amministrative" commesse anteriormente alla entrata in vigore della legge che le ha introdotte, mentre la "violazione" in questione si riferisce all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), che integra, al contrario, un reato la cui natura è e rimane immutata benchè ad "essa si applichi anche una sanzione che ha ora natura amministrativa: la confisca".
A conclusione di tali osservazioni di ordine preliminare, sembra doversi comunque convenire con l’assunto del ricorrente secondo cui, in nome del principio del favor rei la disciplina amministrativa risulta per definizione più favorevole all’imputato, come peraltro già evidenziato da questa Corte con la citata sentenza n. 40523/2010. Ne discende che i sequestri prodromici alla confisca dei veicoli, appartenenti ai responsabili dei succitati reati commessi successivamente all’entrata in vigore della novella, dovranno quindi eseguirsi in via amministrativa ex art. 224 ter C.d.S., e art. 213 C.d.S., giusta il suddetto, espresso rinvio, fatta comunque sempre salva l’applicabilità del disposto dell’art. 321 cod. proc. pen., commi 1 e 3 – bis in caso di pericolo di reiterazione o di agevolazione della commissione dei reati ed in casi di assoluta urgenza di provvedere.
Quanto della concreta fattispecie, va rilevato che il ricorrente contesta la legittimità delle statuizioni del Tribunale del riesame che ha rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo dell’autovettura, con cui si assume dal P.M. commesso il reato previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2; sequestro disposto dal GIP ex art. 321 cod. proc. pen., comma 2, in data 15 marzo 2010 e preceduto dal sequestro disposto dalla stessa P.G. ex art. 321 cod. proc. pen., comma 3 bis, il 19 febbraio 2010 (ovvero lo stesso giorno del fatto) a quanto può desumersi a fgl. 7 della memoria dep. il 18 marzo 2011 e dalle deduzioni rese dallo stesso ricorrente nel ricorso introduttivo (fgl. 56) di altro analogo procedimento n. 43514/2010, promosso ex art. 325 cod. proc. pen. pure trattato in data odierna da questo stesso Collegio.
Deve pertanto osservarsi che il sequestro risulta legittimamente adottato dal GIP ex art. 321 cod. proc. pen., comma 2, ovvero in conformità alla normativa vigente al 15 marzo 2010, (tempus regit actum), in previsione della confisca dell’autoveicolo una volta acclarato il fumus commissi delicti della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 lett. c); confisca cui resta comunque prodromico il sequestro, anche alla stregua della disciplina dell’istituto successivamente introdotta, fatta salva unicamente la mutata natura – da penale in amministrativa -della sanzione accessoria, ad effetto ablativo, del veicolo stesso. Ne discende che, per il richiamato principio della perpetuatio jurisdictionis e sul presupposto dell’eadem ratio che pacificamente sottende la competenza dello stesso giudice penale ad irrogare anche la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo (al pari, ad esempio, della sospensione della patente di guida) conseguente ex lege alla commissione della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) (della quale il ricorrente risulta indagato atteso il riscontrato tasso alcoolemico pari a gr./l. 1,84, alla prima prova ed a gr./l. 1,79, alla seconda, mentre era alla guida dell’autovettura de qua, il 19 febbraio 2010) deve ritenersi consentito al giudice penale di effettuare la mera delibazione della persistente legittimità del sequestro, alla stregua della sopravvenuta normativa di natura amministrativa e non più penale.
Ebbene detta verifica altro non concerne – à sensi del vigente art. 224 ter C.d.S., comma 1 – che la presumibile sussistenza del fumus commissi delicti in relazione alla surrichiamata contravvenzione prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), come attestato dall’ordinanza impugnata; verifica già compiuta dallo stesso GIP ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare di cui all’art. 321 cod. proc. pen., comma 2, preceduto, peraltro, nel caso di specie, come testè osservato, dal sequestro disposto in via d’urgenza, d’iniziativa della stessa P.G. à sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., commi 1 e 3 – bis così di fatto, realizzandosi ante litteram quanto espressamente ora prescritto dall’art. 224 ter C.d.S., comma 1.
In conclusione, sarà possibile affermare che i sequestri eseguiti nella vigenza della precedente normativa di ordine generale, possono ritenersi attualmente "sopravvissuti" – nonostante la recente novella – nel caso in cui risultino legittimamente adottati anche sotto il profilo amministrativo e quindi a condizione che sussista il presupposto dell’accertata configurabilità della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2 lett. c): presupposto speculare alla sussistenza del fumus commissi delicti necessariamente da delibarsi ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare di cui all’art. 321 cod. proc. pen., comma 2.
Il ricorso, alla stregua delle considerazioni che precedono, deve infine esser rigettato, anche alla luce del jus superveniens, con il conseguente onere del pagamento delle spese, a carico del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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