Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-07-2011) 06-10-2011, n. 36261 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza 14/3/2011, decidendo in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., confermava il provvedimento adottato, il precedente 20 gennaio, dal Gip dello stesso Tribunale, che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare della custodia in carcere alla quale S. V. era sottoposto in relazione ai reati di cui all’art. 416- bis cod. pen., L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 14 e D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Il Tribunale, dopo avere premesso che, a seguito del ferimento, in data 2/8/2007, del S., raggiunto – in un agguato – da diversi colpi d’arma da fuoco, erano state disposte in via d’urgenza, presso la stanza dell’ospedale di Locri dove il predetto era ricoverato, intercettazioni ambientali, riteneva che gli esiti delle stesse evidenziavano un quadro di gravità indiziaria in ordine agli ipotizzati reati, quadro ulteriormente tonificato dai contenuti delle conversazioni, pure intercettate, tra M.F. (‘ndranghetista con il grado il "santista") e sua moglie, nel corso delle quali i due avevano commentato il citato episodio di sangue ed avevano fatto riferimento anche alle vocazioni "scissioniste" dalla cosca "Commisso" dei due fratelli ( A. e S.) del S., rimasti poi vittime di omicidio, nonchè ai rapporti tra il S. e il suocero C.G., personaggio di spicco dell’omonima consorteria criminale. Precisava ancora il Tribunale che l’attività captativa delle conversazioni, attraverso l’utilizzo di impianti in dotazione al Nucleo Operativo dei Carabinieri di Locri, doveva ritenersi legittimamente eseguita, perchè regolarmente autorizzata dal P.M., con decreto del 2/8/2007, in ragione dell’insufficienza e dell’inadeguatezza degli impianti in dotazione all’ufficio di Procura rispetto alle specifiche ed impellenti esigenze investigative.

2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’indagato, deducendo la violazione di legge, con riferimento all’art. 268 c.p.p., comma 3 e art. 271 c.p.p., comma 1, e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni eseguite presso l’ospedale di Locri a mezzo di impianti non in dotazione all’ufficio di Procura, pur in difetto di un decreto esecutivo adeguatamente motivato sul punto, nonchè alla valenza indiziaria del contenuto delle conversazioni tra il M. e sua moglie.

3. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

L’ordinanza impugnata, senza alcun testuale riferimento al decreto esecutivo col quale il P.M. aveva autorizzato l’utilizzo di impianti esterni al suo ufficio per l’espletamento delle intercettazioni ambientali all’interno dell’ospedale di Locri, ma interpretando autonomamente l’implicito contenuto del detto decreto, individua le ragioni a giustificazione di tale autorizzazione nella insufficienza o nell’inidoneità delle apparecchiature in dotazione alla Procura rispetto alle specifiche e impellenti esigenze investigative.

Osserva la Corte che l’obbligo di motivazione del decreto del P.M., che dispone l’esecuzione delle intercettazioni mediante l’utilizzo di impianti esterni, non può ritenersi assolto con il semplice riferimento all’insufficienza o all’inidoneità degli impianti interni, posto che tale giustificazione, limitandosi a ripetere la formula legislativa, non da conto delle effettive ragioni della deroga. Nè, di fronte alla carenza di motivazione del decreto esecutivo, è consentito al giudice, in sede di riesame o di appello ex art. 310 cod. proc. pen., colmare tale mancanza, con l’individuazione delle ragioni dell’insufficienza o inidoneità degli impianti dell’ufficio sulla base di atti del processo diversi dal decreto del P.M.. Nella specie – peraltro – anche l’ordinanza impugnata si limita ad evocare, al di là delle incontestate ragioni d’urgenza, la formula legislativa della insufficienza e della inidoneità degli impianti interni, senza alcuna ulteriore specificazione, sia pure sintetica, al riguardo; nè è possibile verificare direttamente la motivazione del decreto esecutivo, che non risulta allegato agli atti posti a disposizione di questa Corte.

Non va sottaciuto, inoltre, che non vengono esplicitati neppure i contenuti delle intercettazioni ambientali, indicativi dell’ipotizzato inserimento del S. nella consorteria di tipo mafioso e del suo coinvolgimento nella pure ipotizzata violazione della normativa sulle armi.

Il Giudice a quo, inoltre, allega notevole valenza indiziaria anche ai contenuti delle conversazioni intercorse tra il M. e sua moglie, anch’esse oggetto di intercettazione e che sono diverse e ulteriori rispetto a quelle delle quali si è eccepita l’inutilizzabilità, ma non chiarisce i dati di fatto, ritenendoli impliciti e scontati, che sarebbero sintomatici della partecipazione al sodalizio criminale dell’indagato e della violazione da parte di costui della normativa sulle armi.

4. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perchè riesamini, in piena libertà di giudizio, il caso, tenendo conto dei rilievi di cui innanzi.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *