Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-01-2011, n. 2164 Corrispettivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 febbraio 2002 il Tribunale di Avellino – adito dalla s.r.l. S.e.n.i.m. e in via riconvenzionale da B.S. – condannò il convenuto a pagare all’attrice 36.109,12 Euro, oltre i.v.a. e interessi, come residuo del corrispettivo dovutole per l’avvenuta esecuzione in appalto di lavori edili.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Napoli, che con sentenza dell’11 marzo 2004 ha condannato la s.r.l. S.e.n.i.m. a pagare a B.S. la somma di 6.718,26 Euro, oltre agli interessi: somma pari alla differenza tra gli importi che erano risultati versati dal committente in acconto e quelli effettivamente dovuti all’appaltatrice, tenuto conto dell’entità delle opere compiute e di taluni loro vizi.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l.

S.e.n.i.m., in base a due motivi. B.S. si è costituito con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via incidentale.

Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale la s.r.l. S.e.n.i.m. lamenta che la Corte d’appello ha erroneamente disconosciuto l’inattendibilità di quanto era stato riferito nella sua deposizione da P.A., circa l’importo delle somme pagate in contanti da B.S. per i lavori in questione, in aggiunta a quella di L. 62.000.000, versata mediante gli assegni prodotti in giudizio:

importo che in realtà, secondo la ricorrente, ammontava a L. 40.000.000, anzichè a L. 80.000.000, come affermato falsamente dal testimone.

La censura va disattesa.

L’apprezzamento della veridicità delle testimonianze implica valutazioni prettamente di merito, insindacabili in sede di legittimità, se non sotto il profilo dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione (v., per tutte, Cass. 3 ottobre 2007 n. 20371). Da tali vizi la sentenza impugnata risulta immune, poichè il giudice di secondo grado ha dato adeguatamente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto corrispondenti alla realtà le dichiarazioni rese da P.A.. I contrari assunti della ricorrente (la quale peraltro non deduce di averli specificamente prospettati nel giudizio a quo) non possono costituire idoneo motivo di una pronuncia di cassazione, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità.

Con il secondo motivo del ricorso principale la s.r.l. S.e.n.i.m. sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto detrarre l’importo dell’i.v.a. dalla somma di L. 142.000.000 asseritamente pagata da B.S..

La tesi non può essere accolta, poichè dalla sentenza impugnata non risulta che il credito dell’appaltatrice, per i lavori eseguiti, sia stato calcolato al netto dell’imposta, nè comunque che questa (peraltro indicata nelle fatture emesse dalla s.r.l. S.e.n.i.m. nella misura corrispondente soltanto a L. 102.000.000) sia stata effettivamente versata all’amministrazione finanziaria.

Con il medesimo secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce che la Corte d’appello ha ingiustificatamente escluso la maggiorazione del 14% – prevista, per i lavori di manutenzione e ristrutturazione, dal tariffario applicato relativamente ad opere che invece dovevano considerarsi comprese in tale ambito.

Neppure questa censura è fondata, in quanto sia la fornitura e posa in opera di infissi e la copertura in lamiera, unicamente menzionate nel ricorso, sia tutte le numerose altre indicate nella sentenza impugnata, risultano effettivamente estranee al novero di quelle cui si riferisce la previsione tariffaria.

Con i due motivi addotti a sostegno del ricorso incidentale B. S. osserva che sia l’attendibilità della testimonianza di P.A., sia l’infondatezza della pretesa della s.r.l.

S.e.r.i.m., relativamente alla rivalutazione monetaria delle somme dovutele, avrebbero dovuto essere affermate dalla Corte d’appello anche per ragioni ulteriori rispetto a quelle prese in esame nella sentenza impugnata.

Le doglianze sono entrambe inammissibili, poichè attengono a punti sui quali il ricorrente è rimasto interamente vittorioso.

Rigettato pertanto il ricorso principale e dichiarato inammissibile l’incidentale, la s.r.l. S.e.r.i.m., in ragione della definitiva sua soccombenza, va condannata a rimborsare a B.S. le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a Euro 2.000,00 euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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