Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-01-2011, n. 2147 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 11/6/2001 C.B.A. si rivolgeva al Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del lavoro, esponendo che dal 15/3/96 al 20/9/98 aveva lavorato alle dipendenze dell’Ente Autonomo Teatro di San Carlo, come professore d’orchestra di bassotuba, in forza di una serie di contratti a termine, in tutte le rappresentazioni che richiedevano l’impiego di tale strumento.

Aggiungeva che, in occasione dei contratti 5/9/96- 30/12/96 e 2/1/97- 12/2/97, aveva prestato servizio senza soluzione di continuità ed in ogni caso senza rispetto dei prescritti minimi intervalli temporali.

Soggiungeva che i termini apposti a tali contratti dovevano considerarsi illegittimi in quanto apposti in violazione delle disposizioni dettate dalla L. n. 230 del 1962 ed, in particolare, dagli artt. 1 e 2, da ritenersi applicabili anche ai rapporti di lavoro con gli Enti Lirici a decorrere dall’1/1/97, per effetto del disposto della L. 30 maggio 1995 n. 203, art. 10.

Precisava che tale applicabilità era stata ribadita anche dal D.Lgs. n. 367 del 1996, art. 22, comma 4, a seguito del quale tali enti erano stati trasformati in fondazioni di diritto privato e che, contrariamente a quanto imposto dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, le assunzioni a termine erano state attuate non per sopperire ad esigenze gestionali temporanee ma per sopperire a stabili carenze di organico dell’orchestra, essendo stato impiegato in tutti gli spettacoli per i quali era necessario l’impiego del bassotuba.

Tanto dedotto, chiedeva che venisse dichiarata la illegittimità del termine apposto ai contratti conclusi con l’ente convenuto, accertando di conseguenza la nullità parziale dei contratti intervenuti dal 15/3/96 al 20/9/98, con conseguente declaratoria della avvenuta instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a partire dal 15/3/96 ovvero dalla diversa data ritenuta di giustizia, riconoscendosi l’anzianità di servizio corrispondente all’unico ed ininterrotto rapporto di lavoro intercorso con la ricostruzione della carriera ed il corrispondente riconoscimento economico e previdenziale.

Domande di tenore analogo venivano proposte con distinti ricorsi, depositati in pari data, anche da L.V. (il quale pure deduceva la illegittimità dei termini apposti ai contratti conclusi dal 26/10/94 al 27/5/98, in forza dei quali aveva prestato servizio alle dipendenze dell’Ente Autonomo Teatro di San Carlo, prima, e della omonima Fondazione, poi, in qualità di professore di orchestra (seconda tromba con obbligo della terza), nonchè da Z. V. e T.L..

Si costituiva la Fondazione Teatro di San Carlo, contestando la fondatezza delle domande ed eccependo, in particolare, la inapplicabilità ai rapporti dedotti in giudizio delle disposizioni dettate dalla L. n. 230 del 1962 e, comunque, la legittimità dei contratti in questione anche alla stregua delle disposizioni dell’art. 1, comma 2, lett. a) ed e) di tale legge, che consentivano assunzioni a termine per singoli e specifici spettacoli ovvero serie di spettacoli consecutivi di durata prestabilita, come appunto avvenuto con i ricorrenti.

Con sentenza resa all’udienza del 3/4/2003 il Tribunale adito rigettava le domande proposta da tutti i ricorrenti, rilevando la inapplicabilità delle disposizioni della L. n. 230 del 1962, ai rapporti a termine instaurati con l’ente convenuto fino alla sua trasformazione in fondazione di diritto privato per effetto del D.Lgs. n. 367 del 1996 e la legittimità dei contratti stipulati dopo l’entrata in vigore di tale provvedimento, in quanto riconducibili alle previsioni di cui all’art. 1, comma 2, lett. e) e dell’art. 1, comma 2, lett. a), come integrato dalla previsione di cui al n. 49 del D.P.R. 7 ottobre 1963 n. 1525, contenente l’elenco delle attività stagionali, atteso che tali contratti erano stati stipulati per singole stagioni teatrali o per singoli e specifici spettacoli.

Avverso tale pronuncia, proponevano appello, con ricorso depositato il 9/4/04, i soli C. e L., affidato ad un unico articolato motivo, con il quale, nel ribadire l’applicabilità delle disposizioni della L. n. 230 del 1962, deducano l’erroneità della sentenza impugnata sotto diversi profili, tutti attinenti alla valutazione espressa dal primo giudice in ordine alla sussistenza dei requisiti di specificità e temporaneità degli spettacoli cui si riferivano i contratti a termine, in forza dei quali avevano reso le rispettive prestazioni, delle quali, inoltre, assumevano il difetto del requisito del cd. vincolo di necessità diretta con gli spettacoli in parola.

Si costituiva la Fondazione appellata, resistendo al gravame e reiterando preliminarmente l’eccezione di prescrizione dei crediti vantati dagli appellanti, non esaminata dal primo giudice; ribadendo, quindi, la integrale inapplicabilità delle disposizioni della L. n. 230 del 1962, anche per il periodo successivo alla trasformazione in ente di diritto privato.

Con sentenza del 20 settembre-9 novembre 2005, l’adita Corte di Appello di Napoli dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in ordine alle domande intese all’accertamento della nullità dei termini apposti ai contratti stipulati sino al 23 maggio 1998, data di trasformazione dell’ente lirico di diritto pubblico in fondazione ed acquisizione delle personalità giuridica di diritto privato, ai sensi del D.L. 24 novembre 2000 n. 345, convenite in L. 26 gennaio 2001, n. 6. Confermava, per il periodo successivo, quanto ritenuto dal primo Giudice circa la legittimità dell’apposizione dei termini agli intercorsi contratti. Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono C.B.A. e L.V. con tre motivi.

Resiste la Fondazione Teatro San Carlo con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Va preliminarmente esaminato il secondo motivo di impugnazione, con cui i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 329 ,comma 2, c.p.c, anche in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè l’omessa considerazione del giudicato interno formatosi in relazione alla successione della Fondazione in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dell’Ente lirico.

Assumono, infatti, i ricorrenti che la Corte di appello di Napoli, nello statuire in ordine al difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario su buona parte della domanda proposta dal C.B. e dal L. avrebbe del tutto omesso di considerare che sulla successione della Fondazione Teatro di San Carlo all’Ente lirico autonomo Teatro di San Carlo anche in ordine ai rapporti di lavoro in parola si era formato un specifico giudicato interno, che precludeva la rilevabilità di ufficio del preteso difetto di giurisdizione del G.O. con riferimento all’illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati con i ricorrenti prima del 23.5.98.

Il Giudice di primo grado – proseguono i ricorrenti- aveva, infatti, adottato la propria statuizione ritenendo la propria giurisdizione fin dal primo contratto di lavoro a termine intercorso tra i ricorrenti ed il Teatro convenuto.

Sicchè la sentenza di primo grado conteneva una chiara statuizione sul punto sia pure non specificamente espressa nel dispositivo di sentenza, vista la mancanza di qualsiasi contestazione delle parti al riguardo.

In grado di appello, poi, il Teatro convenuto non aveva mosso alcuna censura sul punto alla sentenza del Tribunale lavoro di Napoli sicchè alla luce dell’art. 329 c.p.c., doveva ritenersi che in ordine all’unica giurisdizione del GO. a giudicare della fattispecie in esame stante la successione della Fondazione in tutte le posizioni attive e passive già facenti capo all’Ente lirico si era ormai formato giudicato.

Il motivo è fondato.

Invero, alla luce del recente ed ormai consolidato orientamento di questa Corte, l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione "è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo", deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, consegue che:

1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito "per saltum", non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito (cfr. Cass. S.U. n. 24883/2008).

Nella specie, la pronuncia, da parte del primo Giudice sul merito della controversia, senza che venisse sollevata alcuna questione in tema di giurisdizione, comporta la formazione del giudicato implicito sul punto. L’accoglimento dell’esaminato motivo comporta l’assorbimento degli ulteriori due motivi, funzionalmente collegati a detto accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolamentazione delle spese di questo giudizio, alla medesima Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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