Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-01-2011, n. 2118 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. impugnava davanti alla Corte d’appello di Roma la sentenza con cui il locale Tribunale aveva rigettato la domanda di nullità o inefficacia del licenziamento intimatogli dalla spa Poste Italiane. La Corte adita rigettava il gravame sul rilievo che in appello era stata proposta una domanda nuova rispetto a quelle proposte in primo grado, perchè, con il ricorso introduttivo si deduceva: la illegittimità della procedura in quanto di durata superiore a quella di legge; perchè il criterio di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità, basato sul conseguimento della pensione, era ontologicamente irrazionale; che illegittimamente la Società condizionava l’accesso all’esodo incentivato alla preventiva rinunzia ad ogni diritto; che nella valutazione degli esuberi non era stato considerato il personale distaccato. Nel ricorso d’appello la illegittimità del licenziamento era stata invece fondata esclusivamente sulla inesistenza dei presupposti di fatto della "riduzione o trasformazione dell’attività di lavoro" L. n. 223 del 1991, ex art. 24 su specifiche violazioni procedurali e sul difetto di oggettività del criterio di scelta. La inammissibilità dell’impugnazione veniva ravvisata dalla sentenza impugnata anche su un ulteriore elemento, e cioè sulla mancata specificità dei motivi d’appello, il quale esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte, a confutazione, quelle dell’appellante, mentre, nella specie, questi aveva sviluppato le proprie ragioni disancorandole dalla parte motivazionale della sentenza impugnata e dalle ragioni poste a fondamento della decisione.

Avverso detta sentenza il signor C. ricorre con un motivo, illustrato da memoria. Resiste la spa Poste Italiane con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo si censura la sentenza per violazione dell’art. 437 cod. proc. civ. e per difetto di motivazione, perchè la domanda non sarebbe stata modificata in appello, dal momento che le allegazioni del lavoratore licenziato sull’inesistenza di determinati fatti a giustificazione del licenziamento, ovvero sull’esistenza di circostanze atte a dimostrare la carenza di potere di licenziare, costituirebbero mere argomentazioni difensive che, non integrando una diversa causa petendi, possono essere sviluppate anche in appello, ai fini della verifica della legittimità del recesso. Il ricorso non merita accoglimento.

La sentenza impugnata infatti ha fondato il rigetto dell’impugnazione su due diverse e autonome rationes decidendi: perchè in appello erano stati dedotti motivi di illegittimità del recesso diversi da quelli dedotti con il ricorso di primo grado e perchè i motivi d’appello non erano specifici, non essendo state in alcun modo contestate le argomentazioni con cui la sentenza di primo grado era pervenuta alla dichiarazione di legittimità del recesso, essendosi l’appellante limitato a riproporre le proprie deduzioni senza confrontarsi con la motivazione svolta.

Con il ricorso è stata confutata solo la prima delle due rationes decidendi e non la seconda, onde va applicato il principio più volte enunciato (tra le tante Cass. n. 12372 del 24/05/2006) per cui quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome "rationes decidendi" ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le riferite "rationes", in caso contrario la sentenza impugnata continua a trovare fondamento sulla base delle argomentazioni non impugnate.

Il ricorso va quindi rigettato. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 18,00 oltre Euro tremila/00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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