Cass. civ. Sez. VI, Ord., 27-01-2011, n. 2052 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con sentenza de 30.6 – 7.7.2009 la Corte d’Appello di Firenze ha rigettato la domanda proposta da S.F. nei confronti dell’Inps e diretta alla riliquidazione del trattamento di fine rapporto mediante il computo, nella relativa base di calcolo, dell’assegno di garanzia della retribuzione e dell’indennità di processo.

Avverso tale sentenza S.F. ha proposto ricorso fondato su un unico articolato motivo.

L’Inps ha resistito con controricorso.

A seguito di relazione, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c..

2. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione facendo espresso richiamo ai principi enunciati da questa Corte con la sentenza n. 11604/2008; tale orientamento ermeneutica, pur in presenza anche di pronunce di diverso segno, ha trovato conferma in ulteriori successive pronunce di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 18587/2008; 19015/2008; 19299/2008; 9931/2009).

Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr, Cass., SU, n. 7154/2010), in sede di risoluzione di contrasto, hanno enunciato il principio secondo cui, in tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cosiddetto parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio; il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti, come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.

3. La ricorrente invoca una difforme interpretazione della normativa di riferimento, senza prospettare tuttavia argomenti che non siano stati già valutati, cosicchè non si ravvisano motivi per mutare il ricordato orientamento di questa Corte.

4. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

L’insorgenza del contrasto risolto nel senso anzidetto dalle Sezioni Unite di questa Corte consiglia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *