Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-01-2011, n. 1929 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso 9 febbraio 2001 al Tribunale di Sassari, N. C. esponeva di avere lavorato per il ristorante Tiffany di Tahan Mahmood dal 1 giugno 1999 al 26 settembre 2000, con qualifica di generica di cucina inquadrata al 5^ livello del CCNL per i dipendenti del settore Turismo e mansioni di lava piatti, secondo un orario di lavoro che andava al mattino dalle ore 11:00 alle ore 16:00/16:30 ed alla sera dalle 19:00 alle 02:00 per sei giorni alla settimana, dal lunedì al sabato.

Assumendo di essere rimasta creditrice di varie differenze retributive, segnatamente per il lavoro straordinario, ma anche per permessi non goduti, mensilità supplementari e una parte del tfr, secondo l’analitico conteggio allegato al ricorso, chiedeva la condanna del convenuto al pagamento della somma di L. 34.593.272, con gli accessori di legge.

Si costituiva in giudizio il convenuto, contestando la domanda sotto vari profili. La causa, istruita mediante interrogatorio libero delle parti e prova per testimoni, veniva decisa dal Tribunale con sentenza del 4 ottobre 2002, che accoglieva parzialmente la domanda, condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 12.264,82 con gli accessori di legge.

Avverso tale decisione proponeva appello T.M., titolare del ristorante Tiffany, chiedendo il rigetto della domanda proposta dalla N., che, a sua volta, si costituiva resistendo al gravame.

Con sentenza del 19 ottobre-30 novembre 2005 l’adita Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettava il gravame risultando dal materiale istruttorio acquisito la fondatezza delle pretese della N., nei limiti accertati dal Giudice di primo grado.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre T.M. titolare del ristorante Tiffany con tre motivi.

Resiste N.V. con controricorso.

Motivi della decisione

Va preliminarmente osservato che il ricorso, così come proposto, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto esso non contiene l’esposizione dei fatti di causa, essendo privo della descrizione della vicenda processuale. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, chiarito che, il disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato; tale prescrizione può pertanto ritenersi osservata quando nel ricorso sia stata integralmente riportata l’esposizione dei fatti di causa contenuta nella sentenza impugnata, particolarmente se mediante tale trascrizione si forniscano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione della vicenda processuale (cfr. Cass. S.U. 20 febbraio 2003 n. 2602; Cass. 9 luglio 2004 n. 12761); ciò che non è avvenuto, nel caso in esame.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio, in base al principio della soccombenza, con attribuzione all’avv. Paolo Morgana, antistatario.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 13,00, oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., con attribuzione all’avv. Paolo Morgana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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