Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 1919

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.M., G.A.D., D.M.R. e Da.Mi. convenivano in giudizio R.L. e R. G.G. chiedendo che fosse dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione, in favore di essi istanti, delle pp.ff.

601/1 e 604/4 in C.C. Presson, corrispondenti a circa 850 mq., intavolate a nome del convenuto R.L.. Esponevano gli attori che D.M. aveva acquistato detta area con scrittura privata 19/5/1971, qualificata dalle parti come "compromesso di vendita", precisando che dalla detta data essi istanti avevano posseduto, come proprietari, il bene in questione erigendovi anche una costruzione.

I convenuti, costituitisi, eccepivano preliminarmente il giudicato nei. confronti di D.M. per aver questi in precedenza proposto la medesima domanda che era stata rigettata con sentenza 31/1/1994 del pretore di Cles passata in giudicato il 5/4/1994. Ad avviso dei convenuti tale sentenza era opponibile anche agli altri attori per aver gli stessi agito sulla base di una situazione fattuale identica a quella fatta valere da D.M. nel precedente giudizio.

Con sentenza 27/6/2003 l’adito tribunale di Trento rigettava le domande proposte dagli attori.

Avverso la detta sentenza D.M. e G.A. proponevano appello deducendo in particolare la G. che il suo possesso ad usucapionem era autonomo rispetto a quello del marito D..

R.L. e R.G.G. resistevano al gravame ribadendo che i coniugi appellanti avevano allegato uno stato di compossesso per cui il giudicato formatosi nei confronti del D. era opponibile anche alla G..

Con sentenza 29/12/2004 la corte di appello di Trento rigettava il grava-me osservando: che la domanda di usucapione spiegata dall’appellante D.M. era preclusa per precedente giudicato per aver lo stesso proposto identica domanda, in via di azione, rigettata con sentenza passata in giudicato; che inoltre D. M. aveva proposto altra identica domanda, in via riconvenzionale, nel giudizio instaurato dagli appellati per il rilascio del bene in contestazione, giudizio definito con sentenza 29/11/2001 con la quale era stata rigettata la detta domanda riconvenzionale per precedente giudicato; che, quanto al motivo di gravame con il quale l’appellante G.A. aveva proposto domanda volta ad ottenere la declaratoria di acquisto del bene in questione per intervenuta usucapione, valeva osservare che anche detta domanda era preclusa per effetto di giudicato c.d. esterno ai sensi dell’art. 2909 c.c.; che infatti la G., nel giudizio di primo grado. aveva fatto valere una situazione di compossesso, in comune con il coniuge ed i figli, ponendo alla base della medesima domanda tale fatto genetico; che quindi detta prospettazione difensiva, inerendo alle modalità del fatto su cui era fondata la pretesa, aveva natura di confessione giudiziale e, trattandosi in materia di diritti autodeterminati, era coperta da giudicato esterno; che dalle espressioni usate nell’atto di citazione della G. emergeva che la domanda era fondata su una situazione di compossesso, sicchè il giudicato sfavorevole al D.M. era opponibile alla G..

La cassazione della sentenza della corte di appello di Trento è stata chiesta da D.M. e G.A. con ricorso affidato ad un solo motivo. R.L. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato sorretto da un unico motivo. L’intimata D.G.G. non ha svolto attività difensiva in questa sede di legittimità.

Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Il ricorso principale – in accoglimento dell’eccezione preliminare sollevata dal resistente B.L. – deve essere dichiarato inammissibile per omessa esposizione dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3): dal contesto dell’atto non è possibile desumere una completa, sia pur sintetica, conoscenza del "fatto" sostanziale e processuale sufficiente per ben intendere, tra l’altro, il presupposto, il significato, la portata e gli effetti delle critiche rivolte alla pronuncia impugnata.

Occorre al riguardo osservare che – come più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità – il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1. n. 3, per il ricorso per Cassazione, è collegato all’autosufficienza del ricorso e mira a soddisfare un principio di carattere generale. La prescrizione normativa è volta a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio.

Affinchè il requisito anzidetto possa ritenersi soddisfatto è necessario che il contenuto del ricorso sia tale da consentire ai giudice di legittimità di avere una chiara e completa visione e cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o ad altri atti in suo possesso compresa la stessa sentenza impugnata e senza possibilità di distinguere, ai fini della pronuncia di inammissibilità, fra esposizione del tutto omessa ed esposizione insufficiente. La ricorrenza del requisito in questione deve essere verificata avendo riguardo alla necessità di giudizio della Corte in relazione ai motivi proposti, sicchè ove questi prospettino errori nell’applicazione di norma processuale da parte del giudice di merito è necessario che l’esposizione dei fatti consenta di identificare il quadro analitico degli aspetti della vicenda con le sue varie articolazioni processuali ed i passaggi che ne hanno cadenzato lo svolgimento e l’esito. Non è richiesto che la struttura del ricorso enuclei una premessa a se stante in fatto ben potendo gli elementi essenziali del fatto emergere con sufficiente precisione dal contesto dei motivi del ricorso.

Nel caso in esame nulla di quanto richiesto per ritenere sussistente il requisito in questione – di cui al citato art. 366 c.p.c., n. 3 – è possibile rinvenire nel ricorso come predisposto dai coniugi D. – G. nel quale, prima della parte relativa all’illustrazione dei motivi posti a base dell’impugnativa, vi è una breve premessa in cui i fatti di causa sono esposti schematicamente con riferimento solo: all’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado senza una adeguata ed esauriente illustrazione degli elementi in fatto e in diritto posti a sostegno della avanzata domanda "tesa ad ottenere pronuncia declaratoria di maturata usucapione"; alla decisione dei "giudici di merito" di rigetto della detta domanda "in sostanza con unica motivazione, ove si richiama l’art. 2909 c.c. (cosa giudicata)"; al richiamo operato dai giudici del merito ad una precedente pronuncia del Pretore di Cles, emessa con sentenza n. 9 del 31/1/1994 con conseguente giudicato valevole anche per D.A. avendo questa fatto "valere una situazione di compossesso, in comune con il coniuge D.M. e i figli D.M.R. e Da.Mi., ponendo alla base della medesima domanda tale fatto genetico".

I ricorrenti non hanno fatto specifico riferimento: al preciso contenuto degli atti introduttivi del giudizio (atto di citazione e comparsa di risposta dei convenuti); alla motivazione della decisione del giudice di primo grado; ai motivi posti a base del gravame proposto dal D. e dalla moglie G. avverso la sentenza del tribunale; alle opposte tesi difensive degli appellati; agli argomenti in fatto e in diritto sviluppati dalla corte di merito nella pronuncia impugnata e posti a fondamento della ritenuta infondatezza del proposto appello.

Da tale esposizione in fatto e dal contenuto del ricorso, ossia dal contesto della sua parte critica, non è possibile ricostruire in modo sufficientemente preciso l’origine e l’oggetto della controversia, le varie vicende del processo e le posizioni assunte dai soggetti che vi hanno partecipato. Le rilevate omissioni e carenze non consentono di desumere la conoscenza – dei fatto sostanziale e processuale in modo tale da far intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla decisione di cui si chiede l’annullamento.

Il ricorso principale deve pertanto essere dichiarato inammissibile con conseguente dichiarazione di inefficacia del ricorso incidentale in applicazione del principio secondo cui alla declaratoria di inammissibilità, per qualsiasi motivo, del ricorso principale per cassazione, segue di diritto l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, proposto, cioè, allorchè erano già scaduti, rispetto alla data della notificazione della sentenza impugnata, i termini previsti dall’art. 325 cod. proc. civ., comma 2 e art. 327 cod. proc. civ., comma 1, senza che rilevi, in senso contrario, che lo stesso sia stato proposto nel rispetto dei termini indicati dall’art. 371 cod. proc. civ., comma 2 (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale) costituendo anzi tale tempestività "interna" il presupposto stesso dell’operatività della detta sanzione di inefficacia per il caso di inosservanza del termine "esterno" di impugnazione.

Nella specie la sentenza impugnata è stata notificata in data 14/2/2005 mentre il controricorso contenente il ricorso incidentale è stato consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica alla controparte il 24/5/2005, ossia ben oltre il termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c..

I ricorrenti principali vanno condannati in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

la corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale e privo di effetti quello incidentale; condanna i ricorrenti principali in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 1.500,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *