Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 1837 Adozione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il tribunale per i minorenni di Torino a seguito di ricorso del P. M. apriva, nell’ottobre 2007, un procedimento per verificare se sussistessero le condizioni per dichiarare lo stato di adottabilità dei minori R.L. e L.R.. Nel giudizio si costituivano, per i minori la curatrice speciale avv. V.d.

T.U., la madre dei minori sig.ra L.S. e il padre sig. R.M.. Espletata una CTU, depositate relazioni dei servizi sociali, sentiti la madre dei minori e la nonna materna sig.ra M.R., nonchè vari operatori sociali, convocato il padre sig. R.M. che non si presentava, il tribunale dichiarava lo stato di adottabilità dei minori con sentenza depositata il 13 ottobre 2008. Avverso la sentenza proponevano distinti appelli il padre e la madre dei minori.

I gravami venivano rigettati con sentenza della Corte d’appello di Torino depositata il 12 gennaio 2010. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte la sig.ra L.S., con atto notificato il 18 febbraio 2010 alla curatrice dei minori ed al R.M. formulando due motivi. Resiste la curatrice dei minori con controricorso notificato il 29 marzo 2010.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 1. Si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto l’inidoneità della madre utilizzando criteri astratti. Si deduce che secondo l’art. 1 su detto lo stato di adottabilità sussiste solo in presenza di una situazione di assenza di cure materiali e morali da parte dei genitori tale da pregiudicare in modo non transitorio lo sviluppo psico-fisico del minore.

Viceversa, nelle situazioni di difficoltà, anche economiche, della famiglia di origine questa va sostenuta dalle strutture assistenziali per garantire al minore detto sviluppo nell’ambito della famiglia naturale. Ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie e i giudici di merito avrebbero erroneamente preferito "la ricerca della famiglia ideale, anzichè permettere ai minori di avere la possibilità di mantenere i legami con la propria famiglia, determinando di fatto la situazione dove viene tutelato un interesse diverso da quello previsto dalla legge con l’immediato inserimento in una famiglia avente i requisiti per l’adozione".

Con il secondo motivo si denunciano vizi motivazionali su un punto decisivo e la violazione dell’art. 116 c.p.c., della L. n. 184 del 1983, art. 15 e segg.. Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata avrebbe motivato il rigetto dell’appello fondandosi sulle risultanze della CTU, non tenendo conto di altri elementi e delle contraddizioni fra questi e la CTU. Si sarebbe dato, infatti, preminente valore ad osservazioni di ordine psicologico effettuate in situazioni di criticità, piuttosto che all’emergenza di potenzialità della ricorrente nel prendersi cura dei figli. Inoltre non si sarebbe adeguatamente valutata la difficoltà dei minori, dopo gl’incontri con la madre, a ritornare presso le famiglie affidatarie.

Nè si sarebbe considerata adeguatamente la possibilità di valorizzare le potenzialità della madre, consentendone lo sviluppo attraverso un affidamento eterofamiliare provvisorio.

1.2. I motivi vanno esaminati congiuntamente e rigettati.

La L. n. 184 del 1983, art. 1 nel testo " novellato dalla L. n. 149 del 2001, attribuisce al diritto del minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia naturale carattere prioritario considerandola l’ambiente preferenziale per garantirne lo sviluppo psicofisico – e mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione d’interventi diretti a rimuovere, ove possibile, l’insorgere di situazioni di difficoltà e di disagio che possano compromettere; la crescita in essa del minore. (Cass. 28 giugno 2006, n. 15011; 14 aprile 2006, n. 8877) . Ne deriva che, in tale ottica, per un verso compito dei servizi sociali non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto nella famiglia naturale del minore, ma soprattutto quello di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle ove possibile. Per altro verso, che la situazione di abbandono, che ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8 è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, comportando il sacrificio dell’esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia biologica, è configurabile solo quando si accerti che la vita offertagli dai genitori naturali sia inadeguata al normale sviluppo psico-fisico così da fare considerare la rescissione del legame familiare come strumento necessario per evitare ad essjf) un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva, dovendosi considerare "situazione di abbandono", oltre al rifiuto intenzionale e irrevocabile dell’adempimento dei doveri genitoriali, anche una situazione di fatto obiettiva del minore, che a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo corretto sviluppo psicofisico, per il non transitorio difetto di quell’assistenza materiale e morale necessaria a tal fine (Cass. 31 marzo 2010, n. 7959; 1 febbraio 2005, n. 1996; 7 febbraio 2002, n. 1674).

Situazione da accertarsi in base a riscontri obbiettivi ed a valutazioni prognostiche che siano basate su fatti aventi carattere indiziario di sicura valenza probatoria (Cass. 28 giugno 2006, n. 15011; 12 maggio 2006, n. 11019), con valutazione di merito che, se adeguatamente motivata, non è censurabile in sede di giudizio di cassazione (Cass. 7 febbraio 2002, n. 1674) . E’ infatti del tutto estraneo al giudizio di questa Corte il riesame delle prove e delle valutazioni di merito compiute dalla Corte d’appello, alla quale (come al giudice di primo grado) compete l’individuazione, nell’ambito del materiale probatorio acquisito, degli elementi rilevanti al fine di accertare o negare lo stato di abbandono nel senso sopra indicato e la necessità di fare luogo, nell’interesse esclusivo del corretto sviluppo psico-fisico del minore, alla dichiarazione dello stato di adottabilità.

Nel caso di specie la dichiarazione dello stato di adattabilità ha avuto luogo nel rispetto di tali principi, dopo lunga sperimentazione ed ausilio da parte dei servizi sociali, protrattasi nel tempo senza riuscire a dare luogo, secondo le due decisioni conformi del giudice di primo grado e della Corte d’appello, al raggiungimento da parte della madre dei minori – nonostante la sua lodevole collaborazione e disponibilità – dell’autonomia genitoriale necessaria a prendersi cura dei bambini in modo da garantire loro adeguata assistenza. Di ciò si sono fatti carico, nell’interesse dei minori e pur con consapevolezza del doloroso sacrificio derivantene per la madre, i giudici di merito i quali, per le specifiche funzioni loro assegnate dalla procedura, hanno avuto modo – come risulta dalla dettagliata esposizione della sentenza impugnata e dalla sua motivazione – di percorrerne le fasi con accertamenti in parte diretti e in parte a mezzo degli operatori socio-assistenziali, esaminandone le relazioni, nonchè le risultanze della disposta CTU, giungendo a valutazioni conformi circa la necessità di dichiarare lo stato di adottabilità dei minori, nel loro esclusivo interesse e pur in presenza di una situazione di affetto nei loro confronti da parte della madre, odierna ricorrente.

La sentenza della Corte d’appello, dopo avere escluso in maniera congruamente argomentata l’idoneità del padre dei minori, sulla base dei sui comportamenti e della sua personalità, a prendersi adeguata cura di loro, ha accertato lo stato di adottabilità dei medesimi anche in relazione alla madre per il protrarsi, come si è detto, per un periodo già lungo e non determinabile nel futuro, della sua incapacità a garantirne la crescita assicurandone il corretto sviluppo psicofisico. Trattasi di accertamenti di fatto, adeguatamente motivati sulla base delle emergenze peritali, come tali incensurabili in questa sede.

Quanto alla reiezione della domanda di affidamento eterofamiliare, essa è stata rigettata con motivazione esatta in diritto con specifico riferimento alla giurisprudenza di questa Corte in proposito e congrua in fatto – con la sua conseguente incensurabilità in questa sede – in relazione al carattere temporaneo per legge di detto affidamento, mentre nel caso di specie la Corte ha accertato (pagg. 16 e segg. della sentenza) l’impossibilità di prevedere un adeguato e certo recupero delle capacità genitoriali della madre entro tempi compatibili con la necessità dei minori di uno stabile contesto familiare.

Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato. In relazione alle particolarità della fattispecie si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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