Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-01-2011, n. 1714 U. S. L. indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di S.C., avente ad oggetto la condanna dell’ASL Napoli (OMISSIS), di cui era dipendente, al pagamento di differenze retributive a titolo d’indennità di funzione, di cui all’art. 36 CNNL 1998/2001, in relazione al periodo 1/7/1998 – 30/1/2002.

La Corte territoriale poneva a base della decisione il rilievo fondante che la normativa collettiva prevedeva il diritto alla indennità reclamata in relazione esclusivamente a quelle posizioni organizzative istituite in funzione della natura e caratteristiche dei programmi da realizzare. Conseguentemente, secondo la Corte del merito, la predetta indennità non poteva essere riconosciuta al lavoratore che la reclamava, in quanto l’attribuzione ad esso del ruolo di relativo responsabile era stata adottata con delibere aziendali antecedenti alla contrattazione collettiva istitutiva della indennità in questione, e, quindi, difettava la procedura di conferimento di cui all’art. 20 dello stesso CNNL. Ritenevano, altresì i giudici di appello, che, al di là di ogni profilo di dedotta decadenza dalla facoltà di produzione della documentazione, questa non poteva acquisire valenza ai fini del riconoscimento del diritto rivendicato, integrando nulla più che un parere che s’inseriva unicamente nel contesto di tentativi atti a vagliare la possibilità di definizione della lite insorta. Avverso tale sentenza il S. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

L’ASL intimata resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, artt. 11 e 12 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, assume che la Corte di appello erroneamente attribuisce valore di mero parere interno ad un atto di un Dirigente dell’amministrazione che in buona sostanza riconosce "senza mezzi termini il buon diritto del ricorrente". La censura è infondata.

Infatti la Corte territoriale ricollega la qualificazione di mero parere della documentazione di cui trattasi, non tanto alla circostanza che l’atto proviene da un soggetto privo di legittimazione ad esprimere all’esterno la volontà dell’azienda, quanto piuttosto al rilevo che detta documentazione nel suo insieme "s’inserisce nel contesto di tentativi atti a vagliare unicamente la possibilità di definizione della lite insorta senza assumere alcun valore di implicito riconoscimento della bontà della pretesa avanzata".

Nè la interpretazione di tale documentazione è idoneamente censurata difettando, oltre la trascrizione, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, del contenuto degli atti, anche l’allegazione, della violazione dei canoni interpretativi e la denuncia di un difetto di motivazione (Cfr. per tutte Cass. 22 febbraio 2007 n. 4178/07).

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo difetto di motivazione, afferma che la Corte del merito ha erroneamente interpretato le disposizioni di cui agli artt. 20 e 21 del CCNL laddove appare chiaro che "la mancata e preventiva individuazione delle posizioni organizzative da parte dell’Azienda, rende salve tutte quelle situazioni giuridiche soggettive, facenti capo ai singoli dipendenti che trovano fondamento in atti ufficiali che giammai hanno subito una qualche contestazione".

La censura per come articolata non è esaminabile in questa sede di legittimità.

Non lo è, innanzitutto, perchè i ricorrenti, in violazione del richiamato principio di autosufficienza del ricorso, non riportano il testo degli atti ufficiali richiamati a supporto della loro prospettazione.

Non lo è, in secondo luogo, perchè la denuncia del vizio di motivazione non è effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, ma è formulata, invece, attraverso la mera prospettazione di una diversa (e più favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante.(Cfr. per tutte Cass. 25 febbraio 2004 n. 3772). Peraltro, e vale la pena di rimarcarlo, l’interpretazione fornita dal giudice del merito, è congrua e priva di contraddizioni. Sulla base delle esposte considerazioni in conclusione il ricorso va rigettato. Nello stesso senso si è già espressa questa Corte con la sentenza n. 14213 del 2010.

La ancora relativa novità delle questioni giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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