Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-01-2011, n. 1563 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 1991, A.F. aveva promesso in vendita a Si.Va. un immobile sito in (OMISSIS), per il prezzo di L. 200.000.000 di cui L. 30.000.000 versate alla stipula del preliminare ed il residuo da corrispondersi al rogito; la predetta aveva promesso di acquistare alle ricordate condizioni, peraltro riservandosi di indicare l’effettivo acquirente; l’immobile de quo era pervenuto al promittente venditore per acquisto fattone da D.B.R., in corrispettivo della costituzione di una rendita vitalizia a favore della predetta e la stipula del definitivo era prevista quando l’ A. fosse divenuto pieno ed esclusivo proprietario per effetto dell’estinzione di ogni sua ragione debitoria nei confronti della beneficiarla del vitalizio.

Il 23.1.1999, l’ A., per il tramite del suo procuratore generale D.P.B., aveva annunziato il decesso della D. B., chiedendo di procedere alla stipula dei definitivo entro novanta giorni; peraltro era risultato che la D.B. aveva citato in giudizio il promittente venditore per ottenere declaratoria di inadempimento dello stesso di versarle la rendita vitalizia ed ottenere la retrocessione del bene con atto debitamente trascritto:

il definitivo non veniva stipulato.

Con citazione del 1999, la Si., che aveva nominato acquirente S.A., conveniva, unitamente a costui l’ A. di fronte al tribunale di Napoli per ottenere sentenza ex art. 2932 c.c., ovvero per ottenerne la condanna, previo accertamento della di lui inadempienza al preliminare, al risarcimento dei danni nei confronti del S., da liquidarsi in separato giudizio, nonchè alla restituzione di L. 30.000.000; si costituiva il convenuto, significando che il contenzioso con la D. B. si era concluso con una transazione e rilevato che la controparte non aveva ottemperato all’obbligo di stipulare il definitivo nel termine assegnato, chiedeva in via riconvenzionale declaratoria di risoluzione del preliminare con tutte le conseguenze da tanto derivanti.

Con sentenza del 2001, l’adito Tribunale, per quanto qui ancora interessa, rigettava la domanda principale e provvedeva sui resto, regolando le spese: proponevano appello principale la Si. ed il S., cui resisteva l’ A. che proponeva appello incidentale; con sentenza in data 4.12.2003/9,1.2004, la Corte di appello di Napoli rigettava entrambe le impugnazioni e compensava le spese del grado; osservava, per quanto qui ancora interessa , la Corte partenopea, che correttamente il primo giudice aveva respinto la domanda principale, in quanto carente del requisito dell’offerta del residuo prezzo.

Anche seguendo l’orientamento secondo cui non era necessaria una offerta formale, lo svolgersi degli eventi quale risultante dagli atti dimostrava che, al momento della stipula, i promittenti acquirenti, in ragione della pendenza di una domanda della D.B. di retrocessione dell’immobile compromesso, non avevano intenzione di procedere al definitivo, e, in ragione della contraddittorietà del volere ed al tempo stesso non volere la stipulazione del definitivo, quale manifestatasi, veniva a mancare il requisito indispensabile della offerta del prezzo.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di un solo motivo, Si. e S.; A. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

L’unico motivo su cui il presente ricorso si articola è testualmente intestato a "violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. ex art. 360 c.p.c., n. 3. Contraddittoria ed erronea ovvero omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5".

Lo stesso si articola su di un duplice ordine di censure; in primo luogo ci si duole del fatto che non sia stata ritenuta implicita nella domanda proposta ex art. 2932 c.c. l’offerta del residuo prezzo; ci si duole poi del fatto che la sentenza impugnata non abbia motivato in ordine alla offerta del prezzo effettuata con l’atto di appello. Il primo profilo di gravame non può trovare accoglimento;

invero, la motivazione adottata al riguardo, secondo cui la volontà della parte promissaria acquirente di volere procedere al definitivo, stanti le circostanze in cui si era pervenuti all’invito alla conclusione del rogito e segnatamente in regione del fatto che la trascrizione pregiudizievole sull’immobile era stata cancellata solo nelle more tra il primo ed il secondo grado di giudizio, non poteva dirsi con univocità volta alla stipula, appare del tutto congrua e coerente con le effettive condizioni della vicenda, quanto meno all’epoca e, del resto, risulta confortata anche dalla giurisprudenza, secondo cui occorre poter riscontrare l’intento di adempiere l’obbligazione ed escludere ogni perplessità su tale concreta intenzione (v. Cass. 30.1.1995, n 1077; 18.10.1999, n 11695).

Quanto alla dedotta offerta del residuo prezzo asseritamente proposta con l’atto di appello, va rilevato che il ricorso pecca di autosufficienza, atteso che non vengono riportati i termini in cui tale offerta sarebbe stata effettuata e, del resto, come emerge dalla testuale riproduzione come sopra effettuata, non vengono dedotte violazioni di norme processuali, che, sole, avrebbero facultizzato questa Corte all’esame diretto degli atti processuali; d’altro canto, il dedotto vizio motivazionale neppure coglie nel segno, atteso che nella specie non può parlarsi di omessa motivazione sul punto, ma di omessa pronuncia (la Corte distrettuale non accenna neppure a tale tematica) e questo vizio non viene denunciato, stante l’espresso richiamo al numero cinque dell’art. 360 c.p.c..

Devesi dunque concludere che in primis non vengono testualmente (come sarebbe stato preciso onere della parte ricorrente) riportati i termini della offerta che sarebbe stata avanzata, cosa questa che non consente di valutarne la valenza ai fini che ne occupano, stante che non è consentito, come va ribadito, a questa Corte di esaminare gli atti processuali e inoltre che il vizio lamentato non è quello di omessa pronuncia, ex art 112 c.p.c., ma quello di omessa motivazione (come è indiscutibile, atteso il richiamo espresso all’art. 360 c.p.c., n. 5) quando sull’argomento specifico, la Corte partenopea non si era affatto pronunciata.

Tanto comporta che il motivo non può trovare accoglimento e che pertanto, il ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese, le stesse seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese, che liquida in 2.200,00 Euro, di cui 2.000,00 Euro per onorari, oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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