Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-01-2011, n. 1425 Pagamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 28 aprile – 16 maggio 2006 la Corte di appello di Firenze riformava la decisione del locale Tribunale del 26 giugno – 16 agosto 2000, rigettando la domanda di Amerital export s.r.l. in liquidazione contro la Savino del Bene s.p.a., intesa ad ottenere il pagamento di somme varie relative alla custodia temporanea ed assicurazione di merce (pelli) depositate nei magazzini Amerital dalla convenuta.

Il Tribunale, accogliendo in parte la domanda della società attrice, aveva condannato la Savino del Bene al pagamento della somma di L. 239.380.800.

Avverso tale decisione aveva proposto appello Amerital.

Si costituiva in giudizio la Savino del Bene chiedendo il rigetto dell’appello.

Hanno osservato i giudici di appello che la merce in questione era stata introdotta nel deposito di temporanea custodia di Amerital.

In pratica, Savino del Bene, spedizioniere della merce, non aveva mai avuto il possesso della merce. La società si era limitata a presentare la merce in dogana, con la conseguenza che le spese di custodia ed assicurazione dovevano essere poste a carico del proprietario (LAMARCA di Spagna) o del vettore CARGO SPAIN s.a., dal quale la Savino del Bene aveva ricevuto l’incarico di svolgere le operazioni doganali.

Per di più, pochi giorni dopo il deposito in dogana, era stato disposto il sequestro della merce su richiesta di MBM e da quella data unico soggetto responsabile delle spese di custodia doveva essere considerato il custode.

Avverso tale decisione Amerital ha proposto ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste la Savino del Bene con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 100 c.p.c.) avendo erroneamente ritenuto il giudice di appello mancante l’interesse ad impugnare la decisione "ultra petita" del giudice di primo rado, con la quale è stata condannata al pagamento delle spese di custodia la sola terza chiamata in causa in garanzia MBM, verso la quale la AMERITAL Export non aveva avanzato alcuna domanda.

Come correttamente ha posto in luce la controricorrente, Amerital, è priva di interesse ad impugnare la decisione di primo grado nella parte in cui la stessa aveva (illegittimamente, per come riconosciuto dagli stessi giudici di appello) condannato MBM a pagare ad Amerital la somma di L. 239.380.800, pur in mancanza di espressa domanda diretta svolta da Amerital nei confronti di MBM (e considerato che questa ultima società era stata solo chiamata in garanzia da Savino del Bene).

Solo MBM avrebbe potuto far valere un eventuale vizio di ultrapetizione.

Il secondo motivo riguarda il difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio per il mancato riconoscimento della qualifica di "spedizioniere – vettore" alla Savino del Bene, risultante dai documenti di causa e dalla c.t.u., nonchè dal comportamento complessivo delle parti che da essi risulta e dalla conseguente legittimazione passiva della Savino del Bene s.p.a.

Erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto carente della legittimazione passiva a rispondere delle spese di custodia e di assicurazione sopportate da Amerital, la Savino del Bene, per le merci di proprietà della società spagnola LAMARCA, dirette alla società italiana MBM. Per giungere a tale conclusione, i giudici di appello avevano considerato che l’attività svolta da Savino del Bene fosse da inquadrare in quella di un semplice) spedizioniere (anzichè vettore).

L’esame di tutta la documentazione prodotta avrebbe dovuto condurre, inevitabilmente, ad una conclusione diversa, e cioè a quella dello spedizioniere – vettore.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 96 e del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 56 per il mancato riconoscimento, nella ipotesi denegata di accoglimento della eccezione avversaria, degli obblighi comunque gravanti su Savino del Bene secondo le ordinarie regole del codice civile, come spedizioniere – mandatario senza rappresentanza.

Nonostante che la Savino del Bene avesse espressamente richiesto che la merce fosse inserita nei magazzini di temporanea custodia a suo nome, e la Savino del Bene fosse l’unico soggetto legittimato a fornire istruzioni per lo sdoganamento, la Corte aveva ritenuto la predetta società del tutto estranea agli obblighi di pagamento bei confronti di Amerital.

Le disposizioni di legge richiamate prevedono che la introduzione di merci nei magazzini di temporanea custodia debba avvenire su richiesta ed a cura del proprietario o del vettore, che provvedono al pagamento delle spese di custodia.

La Savino del Bene aveva riconosciuto di essere l’unico soggetto legittimato alla dichiarazione doganale ed era pertanto l’unico soggetto tenuto al pagamento delle spese di custodia e di assicurazione.

Con il quarto motivo si deduce la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere ritenuto le spese ed i diritti di magazzinaggio conseguenti al contratto stipulato tra Savino del Bene e Amerital Export gravanti sul custode nominato in forza del provvedimento di sequestro conservativo del Tribunale, con esclusione della preesistente responsabilità contrattuale della Savino del Bene.

I giudici di appello avevano esonerato da qualsiasi responsabilità la Savino del Bene, con la osservazione che dal 28 marzo 1988 il custode nominato con il provvedimento presidenziale di sequestro aveva i poteri di amministrazione dei beni, con la conseguenza che dalla nomina del custode era cessata ogni possibilità per la Savino del Bene di disporre della merce e quindi ogni obbligo ad essa connesso (compreso quello di corrispondere le spese di custodia).

In realtà, fino al 31 dicembre 1996, la merce in questione era rimasta nei magazzini di Amerital. Poichè questa ultima società doveva rispondere nei confronti della Savino del Bene di qualsiasi deterioramento o dispersione, la stessa aveva dovuto provvedere a conservare ed assicurare la merce.

Gli ultimi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra di loro.

Con motivazione che sfugge a tutte le censure di violazione di norme di legge e di vizi della motivazione, i giudici di appello hanno esaminato la documentazione prodotta ed hanno concluso che la Savino del Bene non era tenuta al pagamento delle spese reclamate da Amerital, non essendo proprietaria, ed avendo agito come semplice spedizioniere del vettore CARGO SPAIN S.A. Affinchè lo spedizioniere che normalmente è obbligato a concludere con altri, in nome proprio e per conto di colui che gli ha conferito l’incarico, il contratto di trasporto, acquisti la veste di spedizioniere – vettore a norma dell’art. 1741 cod. civ., è necessario che esso assuma l’unitaria obbligazione dell’esecuzione, in piena autonomia, del trasporto della merce con mezzi propri o altrui, verso un corrispettivo commisurato al rischio normale inerente al risultato finale dell’operazione complessiva.

L’accertamento della avvenuta (o meno) assunzione delle obbligazioni del vettore da parte dello spedizioniere si risolve in un’indagine circa il contenuto dell’intento negoziale, affidata esclusivamente a giudice di merito, ed incensurabile se sorretta da adeguata motivazione.

Nel caso di specie, i giudici di appello hanno escluso qualsiasi obbligo della Savino del Bene nei confronti di Amerital, sulla base delle disposizioni di legge vigenti (in particolare del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 56, comma 2 e dell’art. 96, comma 4, dello stesso decreto.

Con ulteriore argomentazione, la Corte territoriale ha aggiunto che Savino del Bene non aveva mai detenuto la merce in questione, non avendo – tra l’altro – mai "presentato" la merce in dogana.

La stessa, infatti, era stata introdotta nel magazzino di temporanea custodia destinato alla merce che non abbia ancora una destinazione doganale.

Tale affermazione si pone sulla scia della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l’introduzione in un magazzino di temporanea custodia della merce che non abbia ancora "destinazione doganale", secondo le previsioni del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 96 esula dalle operazioni doganali in senso proprio, le quali presuppongono detta destinazione (Cass. 9 marzo 1993 2835).

L’introduzione della merce in un magazzino doganale per temporanea custodia, quale quella che si è pacificamente verificata nella specie, è costitutiva di un rapporto che non può essere ricondotto fra le operazioni doganali.

Tale rapporto, invero, alla stregua delle espresse previsioni dell’art. 96 del citato testo unico (che si inseriscono nelle disposizioni generali sulle "merci in arrivo" e vanno collegate, in particolare, con il precedente art. 94, specificamente richiamato), riguarda le merci che "non abbiano ancora una destinazione doganale", ed inoltre nasce, dietro richiesta del proprietario o vettore, sulla base di una dichiarazione (o constatazione) circa la consistenza delle merci medesime meramente "sommaria".

Pertanto, tenendo conto che le operazioni doganali, in coerenza con la loro intrinseca natura e con gli scopi cui sono indirizzate, sono configurabili esclusivamente in presenza di "destinazione doganale" delle merci, ed altresì esigono, ai sensi degli artt. 56 e 57 del suddetto testo unico, una preventiva dichiarazione di tipo non sommario, ma analitico, cioè idonea ad evidenziare tale destinazione e tutti gli elementi occorrenti alla definizione dei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, si deve ritenere che la temporanea custodia "ex" art. 96, per quanto connessa con le operazioni doganali, non è da includersi in esse, rappresentando una vicenda distinta, ancorchè prodromica, in attesa dei presupposti necessari per l’apertura delle operazioni doganali.

Deve pertanto escludersi la applicabilità delle disposizioni del D.P.R. 43 del 1973, art. 96 come quelle dell’art. 56 dello stesso decreto, considerato che Savino del Bene – per come accertato dai giudici di appello — non ebbe mai a detenere la merce nè a introdurla in dogana.

Tra l’altro, ha osservato ancora la Corte fiorentina, appena due giorni dopo la richiesta ad Amerital di introduzione della merce nei magazzini, effettuata da Savino del Bene, tutta la merce era stata sottoposta a sequestro giudiziario con provvedimento del Tribunale di Lucca: da quel momento, hanno sottolineato i giudici di appello, ogni richiesta di pagamento delle spese di custodia avrebbe dovuto essere avanzata nei confronti del proprietario della merce o del possessore da parte del custode, unico soggetto titolare del potere di amministrazione dei beni.

Pertanto, Amerital avrebbe dovuto rivolgere le proprie richieste economiche al custode, il quale, a sua volta, avrebbe dovuto chiedere al Tribunale di Lucca se porre a carico le spese di custodia, magazzinaggio ed assicurazione a carico di LAMARCA o MBM (rispettivamente proprietaria e destinataria della merce).

Queste osservazioni conclusive non sono sottoposte a censura da parte della società ricorrente, la quale si limita piuttosto ad osservare la inapplicabilità delle disposizioni del codice di procedura civile relative alle spese del giudizio alla materia delle spese di custodia ed assicurazione di merci depositate.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 4.200,00 (quattromiladuecento/00) di cui Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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