Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-01-2011, n. 1387 Imposta reddito persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Pulimax Service s.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento Irpeg ed Ilor 1993 e 1994, coi quali era stata esclusa la deducibilità di spese non documentate. La Commissione provinciale accoglieva il ricorso ma quella regionale accoglieva l’appello dell’Ufficio. La società ricorre avverso la sentenza della CTR con tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo si deduce violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 52 e art. 112 c.p.c.. Si lamenta che la CTR abbia omesso di pronunciare su due eccezioni formulate con le controdeduzioni d’appello. Con la prima si era sostenuta la nullità dell’avviso in quanto motivato per relationem al processo verbale di constatazione che – al momento della notificazione dell’accertamento – non era conosciuto dal contribuente perchè a lui notificato il giorno successivo. Con la seconda si era rilevato che l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello avverso la sentenza n. 147 senza esservi autorizzata, perchè l’autorizzazione prodotta concerneva la sentenza n. 176.

Col secondo motivo si deduce violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7. Si rileva che gli atti opposti facevano riferimento al processo verbale di constatazione "una copia del quale è stata inviata dall’organo verificatore al Comando Guardia di Finanza di Petrolia Sottana (Pa) per la successiva notifica al sig. C.G.. liquidatore della Pulimax Service Srl". Al momento della notificazione degli avvisi (13.12.1999) il contribuente non conosceva pertanto l’atto cui essi facevano riferimento (notificato il successivo 14.12.1999). Ne deriverebbe violazione delle norme invocate da parte della sentenza che ha giudicato la validità degli avvisi.

La censura concernente il difetto di autorizzazione all’appello è infondata in fatto, come questa corte è in grado di verificare sugli atti, trattandosi di presunto "error in procedendo". Ancorchè il numero della sentenza da appellare era indicato erroneamente, la corretta indicazione del merito della controversia e della identità delle parti processuali rendeva indubbio che l’atto si riferiva alla pronuncia di primo grado emessa nel presente procedimento.

Le doglianze (di omesso esame e violazione di legge) proposte in relazione alla mancata allegazione del p.v.c. all’avviso di accertamento possono trattarsi congiuntamente, e vanno respinte. Al difetto della motivazione della sentenza può supplirsi in questa sede, trattandosi di questione di diritto. In tema di accertamento tributario, l’avviso notificato prima dell’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000, non deve – necessariamente – contenere in allegato l’atto a cui la motivazione abbia fatto riferimento, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, o riprodurre il contenuto essenziale dell’atto ivi richiamato, ai sensi del D.Lgs. n. 32 del 2000, art. 1, atteso che le norme indicate sono contenute in disposizioni innovative, non aventi efficacia retroattiva. Pertanto, in tali casi, l’avviso di accertamento motivato "per relationem", che realizza una economia di scrittura, è valido alla sola condizione che il rinvio sia fatto ad atti o documenti conosciuti o conoscibili da parte del contribuente (Cass. 4989/2003). Nella specie, la completa conoscenza dell’atto in riferimento era preannunziata negli avvisi e si è realizzata in giorno successivo alla notificazione di essi. Soltanto da questo giorno successivo ha pertanto cominciato a decorrere il termine per l’impugnazione, ma la modalità frazionata con la quale e stata comunicata la motivazione non ha altrimenti pregiudicato in alcun modo il diritto di difesa del contribuente e va considerata valida.

Il terzo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 917 del 1996, art. 75 e "falsa applicazione ed interpretazione di prove". Censura la sentenza per aver ritenuto non fornita la prova dei costi disconosciuti dall’Ufficio assumendo che essi erano stati invece documentati in giudizio con la produzione delle fatture allegate ai ricorsi di primo grado.

Il motivo è inammissibile, perchè contesta il giudizio di fatto della CTR nella sua veridicità e non per la sua motivazione. Anche a ritenere che la censura abbia fatto implicito riferimento al vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, non potrebbe del resto verificarsene il fondamento per difetto di autosufficienza, non avendo riprodotto il tenore delle fatture che la CTR avrebbe trascurato di considerare.

Va dunque respinto il ricorso.

Le spese del giudizio debbono seguire la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.200,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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