Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 1354 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sig. R.A. con ricorso alla Corte d’appello di Roma chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, la liquidazione dell’equa riparazione, in Euro 12.000,00 per il danno non patrimoniale derivatogli dall’eccessiva durata di un processo proposto dinanzi al tribunale di Nola, quale giudice del lavoro, in data 23 luglio 1998 e definito con sentenza depositata il 9 febbraio 2005. La Corte d’appello, con decreto depositato il 30 novembre 2006, ritenuta congrua la durata del giudizio in due anni e sei mesi, quantificava l’eccessiva durata del giudizio in quattro anni, liquidando un indennizzo di Euro 4.000,00, oltre alle spese del giudizio nella misura di Euro 550,00 per onorari e 300,00 per diritti. Avverso tale decreto l’attore ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero della Giustizia il 10 gennaio 2008, formulando sedici motivi. Il Ministero resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001, e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Il motivo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato, in quanto del tutto astratto e privo di riferimento alla fattispecie.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e dell’art. 6 della CEDU, contrasto con la giurisprudenza CEDU e cassazione, per non essere stato determinato il periodo di ragionevole durata del processo. Il motivo è infondato, avendo il decreto impugnato determinato detto periodo in quattro anni e in modo del tutto congruo in relazione ai principi fissati dalla CEDU al riguardo.

3.1. Con il terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo si contesta sia l’ammontare dell’indennizzo liquidato, sia il fatto che esso sia stato ragguagliato solo al periodo di eccessiva durata del processo e non a tutta la sua durata. Anche tali motivi sono infondati, avendo la Corte d’appello liquidato Euro quattromila per quattro anni di eccessiva durata, così validamente esercitando la sua discrezionalità nella determinazione dell’indennizzo con riferimento agli standard della CEDU. Mentre la liquidazione con riferimento al solo periodo di eccessiva durata è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (ex multis Cass. 14 febbraio 2008, n. 3716; 14 febbraio 2008, n. 3716) t in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; e tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

4.1. Con l’ottavo, nono e decimo motivo si censura la mancata concessione del "bonus" di 2000.00 Euro, che si asserisce dovuto trattandosi di causa di lavoro. I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili, in quanto (Cass. 6 settembre 2010, n. 19064; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento del cosiddetto "bonus", la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il "bonus" spetta "ratione materiae", ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte in proposito nel giudizio di merito, che non sono indicate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

5.1. L’undicesimo motivo è inammissibile in relazione all’astrattezza del quesito, formulato senza alcun riferimento alla fattispecie.

6.1. I successivi motivi, dal dodicesimo al quindicesimo, riguardano tutti la quantificazione delle spese, che si assume inadeguata in relazione ai parametri tariffar ed alle liquidazioni di esse da parte della CEDU. Esse sono state liquidate in relazione alla natura camerale del procedimento nella misura di Euro 850,00, di cui Euro 550,00 per onorari e 300,00 per diritti.

La censura con la quale si lamenta la mancata liquidazione delle spese "secondo gli standard Europei" è infondata dovendo applicarsi in proposito gli standard stabiliti dal diritto nazionale con riferimento ai giudizi contenziosi. Le rimanenti censure sono fondate. in quanto debbono applicarsi le tabelle relative ai giudizi contenziosi ed essendo le spese liquidate inferiori a quelle risultanti da esse. Il decreto impugnato va pertanto cassato sul punto e decidendosi al riguardo nel merito, le spese del giudizio di merito vanno liquidate nella misura di Euro 550,00 per onorari ed Euro 378,00 per diritti, oltre spese generali e accessori come per legge. Si ravvisano giusti motivi, in relazione al solo parziale accoglimento del ricorso, per compensare i due terzi delle spese del giudizio di cassazione, liquidando il restante terzo come in dispositivo, con distrazione delle stesse in favore dell’avv. Mariano Ferrante.

P.Q.M.

La Corte di cassazione:

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente alla liquidazione delle spese e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia alle spese del giudizio di merito nella misura di Euro 550,00 per onorari ed Euro 378,00 per diritti, oltre spese generali e accessori come per legge. Lo condanna altresì al pagamento di un terzo delle spese del giudizio di cassazione, compensati i due terzi restanti, che liquida quanto al terzo dovuto nella misura di Euro centosettanta, di cui Euro venti per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Spese distratte in favore dell’avv. Mariano Ferrante.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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