Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 1347

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 2005, L.G. ed M.E. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 13.11.2006 – 19.04.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a ciascuno degli istanti, quale indennizzo del danno non patrimoniale, la somma di Euro 4.500,00 oltre agli interessi legali decorrenti dalla data del provvedimento, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 750,00 e distratte in favore degli Avv.ti G. Romano e P. Genito antistatari.

La Corte osservava e riteneva:

che il L. e la M. avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo in tema di differenze retributive nel pubblico impiego, da loro iniziato, dinanzi al TAR Toscana, con ricorso notificato il 14.12.1990, deciso in primo grado con sentenza del 3.11.1997 e nel grado d’appello, introdotto il 6.02.1998, definito con sentenza del C.d.S depositata l’11.10.2005 che la complessiva durata ragionevole dei due gradi del processo presupposto, alquanto semplice, avrebbe dovuto essere di cinque anni (3+ 2), mentre invece aveva ecceduto di anni 9 il limite di congrua durata, dei quali 5 maturati in appello che in riferimento al solo danno non patrimoniale gli istanti avevano diritto al chiesto indennizzo, da liquidarsi equitativamente nella misura di Euro 500,00 ad anno di ritardo, attesa l’entità della pretesa da loro fatta valere, non inerente a beni fondamentali della persona e della vita Avverso questo decreto il L. e la M. hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a 4 motivi, involgenti anche una questione di costituzionalità (sul riferimento dell’indennizzo solo al periodo di ritardo), e notificato il 3.06.2008 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso il L. e la M. denunciano violazioni di legge, con relativi quesiti di diritto, e vizi motivazionali e chiedono l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, deducendo l’insufficienza dell’accordata riparazione per il subito danno morale e censurando i criteri di relativa liquidazione;

assumono conclusivamente che l’indennizzo avrebbe dovuto essere riferito a ciascun anno di durata del processo presupposto e determinato,u in ragione di Euro 1.000,00 – 1.500,00 ad anno.

Fondate sono le censure concernenti l’inadeguatezza dell’indennizzo liquidato per il sofferto danno non patrimoniale, anche se correttamente rapportato al solo periodo di ritardo irragionevole. A tale ultimo riguardo va ricordato anche che (cfr cass. 200910415) "In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non essendo ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice Europeo; diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri i diritti costituzionalmente tutelati.". Quanto alla misura dell’attribuita riparazione, anche secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, "a condizione che le decisioni pertinenti" siano "coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato", e purchè detti importi non risultino irragionevoli. Nella specie la determinazione del ristoro del danno non patrimoniale nella ridotta somma di Euro 500,00 ad anno di ritardo irragionevole, per quanto argomentata, non si pone in relazione ragionevole con quella – tra i 1.000.00 e i 1.500,00 Euro – accordata in sede sovranazionale negli affari consimili.

Accolta, dunque, la censura in questione ben può procedersi sulle esposte premesse, alla cassazione in parte qua dell’impugnato decreto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte. Quindi, considerato il periodo d’irragionevole durata del giudizio presupposto, pari ad anni 9, nonchè recepite le ragioni del discostamento peggiorativo dallo standard minimo CEDU ed individuato nella somma di Euro 750,00 ad anno per il primo triennio ed in Euro 1.000,00 ad anno per il periodo successivo, il parametro indennitario per la riparazione del danno non patrimoniale, devesi riconoscere a ciascuno degli istanti l’indennizzo complessivo di Euro 8.250,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (cass. 200608712). Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente va posto il pagamento delle spese del giudizio di merito, in base alla tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello, nonchè delle spese del giudizio di legittimità, spese tutte liquidate come in dispositivo e distratte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei due ricorrenti, della somma di Euro 8.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda nonchè al pagamento sia delle spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi Euro 1.650,00 (di cui Euro 1.000,00, per onorari ed Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge e da distrarre in favore degli Avv.ti G. Romano e P. Genito antistatari, e sia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00, per onorari, da maggiorare anch’esse delle spese generali e degli accessori di legge e da distrarre in favore dell’Avv.to G. Romano antistatario.

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