Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-01-2011, n. 1257 Indennità o rendita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 10 del 2003, del 27 gennaio 2003, il Tribunale di Pisa, quale Giudice del lavoro, all’esito di consulenza medico-legale e della prova testimoniale, condannava l’INAIL a corrispondere in favore di P.V. la rendita per sordità da rumori nella misura del 27 per cento, oltre interessi legali e spese di lite.

Avverso la suddetta sentenza proponeva gravame l’INAIL. 2. Con pronuncia n. 191 del 2006, la Corte d’Appello di Firenze accoglieva in parte l’impugnazione ed in parziale riforma della sentenza impugnata condannava l’INAIL a corrispondere al P. la rendita nella minor misura del 13 per cento, oltre interessi legali dal 121 giorno successivo alla domanda amministrativa.

In particolare, la Corte di Appello, in primo luogo, affermava che il documento prodotto dal P. a sostegno del riconoscimento in via amministrativa dell’aggravamento dell’ipoacusia nella misura del 30 per cento in quanto relativo ad un verbale di precontenzioso ed a collegiale medica era privo di efficacia probatoria ex art. 147 disp. att. c.c..

Il Giudice d’appello ha, quindi, ha ritenuto che dalla relazione del perito officiato da esso medesimo, era emersa la conferma dell’esposizione a rischio otolesivo del P. nell’utilizzo per circa 30 anni di macchine agricole di vario genere, e che rispetto al criterio seguito dal ctu in primo grado, recepito nella sentenza del Tribunale, il ctu aveva correttamente utilizzato la tabella di cui all’accordo INAIL/Sindacati, giungendo ad una valutazione del 13 per cento, con decorrenza dalla domanda amministrativa del dicembre 1996. 3. Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza P. V. formulando tre motivi di ricorso.

4. Resiste con controricorso l’Inps.

5. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 147 disp. att. c.p.c.. Ad avviso del ricorrente il verbale precontenzioso del 24 novembre 2004, sottoscritto dal direttore della sede INAIL di Pisa, non disconosciuto da controparte, non è riconducibile ai documenti di cui all’art. 147 c.p.c., e lo stesso, quindi, costituisce sostanziale acquiescenza alla sentenza di primo grado e sostanziale rinuncia all’appello già proposto.

Il motivo non è fondato. La Corte d’Appello ha ricondotto il documento in questione, che aveva ad oggetto l’aggravamento dell’ipoacusia del P., a collegiale medica. Correttamente, quindi, ha ritenuto che, a norma dell’art. 147 disp. att. c.p.c., comma 1, nelle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, le collegiali mediche, quale ne sia la natura giuridica, sono prive di qualsiasi efficacia vincolante, di natura sostanziale e processuale (Cass., Sezione Lavoro, sentenza n. 7548 del 2006).

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo ella controversia costituito dalla riduzione della percentuale di inabilità dal 27,9 per cento al 13 per cento.

Ad avviso del ricorrente non sarebbe adeguatamente motivata la scelta della tabella di riferimento e ci sarebbe un recepimento acritico delle risultanze della ctu.

Il motivo non è fondato. Difetta indubbiamente di motivazione la sentenza che, non cogliendo il contrasto tra due consulenze tecniche disposte d’ufficio, aderisca all’una od all’altra senza evidenziarne le ragioni.

Tale principio, peraltro, presenta un’eccezione correlata al metodo tecnico adoperato successivamente dal consulente a fini di indagine, ove sollecitato dalle più aggiornate teorie scientifiche e che possano indurre a differenti valutazioni pur in presenza del medesimo substrato patologico. Ciò, purchè il giudice, recependo il parere in sentenza e facendolo proprio a fini decisori, esponga adeguatamente le ragioni che lo hanno indotto ad aderirvi, in quanto in linea con i criteri di legge e corretto sul piano medico-legale, malgrado la contestata (ex adverso) validità scientifica del metodo di valutazione adottato, a fronte della pretesa superiore validità di altro metodo nella medesima materia, in concreto invece disatteso.

Con il corollario che la definitiva valutazione del giudice costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato della Corte di Cassazione, sollecitato con specifico ricorso, deve limitarsi alla verifica della sufficienza e della correttezza logico-giuridica della motivazione di supporto (Cass., Sezione Lavoro, sentenza n. 105 del 2000).

Nella specie la Corte d’Appello ha applicato correttamente detti principi, in quanto, ricorrendo la ipotesi di adozione in secondo grado di un nuovo metodo di valutazione, peraltro recepito anche nell’accordo INAIL – Patronati del 1994, ha ritenuto che tale criterio, utilizzato dal perito per calcolare la percentuale della perdita uditiva del P., consentisse al ctu la corretta valutazione del grado di invalidità, in tal modo rifacendosi alle spiegazioni tecniche fornite dall’ausiliare. Le esposte considerazioni, dunque, consentono di ritenere che la sentenza impugnata non appare inficiata dai vizi di motivazione prospettati in gravame, sicchè la stessa supera il controllo di legittimità sollecitato sul punto.

3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 149 disp. att. c.p.c.. Il Giudice d’appello avrebbe dovuto applicare la disposizione da ultimo richiamata provvedendo a valutare gli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante verificatosi nel corso del giudizio.

Il motivo non è fondato. La Corte d’Appello non viola il principio di diritto secondo il quale l’art. 149 disp. att. cod. proc. civ., che impone di valutare anche gli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante verificatisi nel corso del procedimento amministrativo e giudiziario, essendo volto a superare le preclusioni che possano derivare dal generale principio, in materia previdenziale, della previa domanda amministrativa, e, nell’ordinamento processuale, dalla pronuncia nei limiti della domanda e quindi dallo stesso principio devolutivo che regola, in via generale, il giudizio di appello, trova applicazione – quale espressione di un principio generale di economia processuale, nonchè in base al canone interpretativo desunto dal precetto costituzionale di razionalità e di uguaglianza – anche nel corso del giudizio di appello (cass., Sezione Lavoro, sentenza n. 4834 del 2002).

Il Giudice di secondo grado, infatti ritiene, interpretando correttamente l’art. 149 disp. att. c.p.c., non applicabile la disposizione in questione in quanto, ravvisava l’esigenza dell’accertamento non del mero dato sanitario, ma attraverso un nuovo giudizio, del nesso causale tra esposizione al rischio e aggravamento dell’invalidità, poichè la fattispecie prospettata era pertinente all’attività ripresa dal P. a tempo determinato presso la ditta Nuti dopo il ricorso giudiziario ed il pensionamento.

4. Pertanto il ricorso deve essere rigettato.

5. Nulla per le spese ai sensi dell’art. 152 delle disp. att. c.p.c., nel testo precedente all’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 42, comma 11, in quanto la norma innovativa trova applicazione ai procedimenti iniziati con ricorso introduttivo del giudizio depositato dal 1 ottobre 2003 (Cass., S.U. 24 febbraio 2005 n. 3814).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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