Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-12-2010) 04-01-2011, n. 90 Competenza per territorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5 agosto 2010, il Tribunale di Milano ha respinto l’istanza di riesame, proposta da E.J.S., F. H. e F.Y. avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 3 giugno 2010, con il quale era stata disposta nei loro confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome indagati per i reati di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, per essersi associati fra di loro e con altri soggetti rimasti non identificati al fine di commettere più delitti finalizzati allo spaccio di stupefacenti, oltre ad aver commesso più reati di cessione di sostanze stupefacenti.

2. Tra mite le intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte era stata rilevato il collegamento esistente fra alcuni cittadini marocchini dimoranti in Trento e zone limitrofe ed altri extracomunitari della medesima nazionalità residenti a (OMISSIS);

entrambi i gruppi di extracomunitari erano dediti al traffico sistematico di sostanze stupefacenti tipo cocaina, eroina ed hascisc, da essi reperite in (OMISSIS) e poi trasportate e smerciate nelle provincie di (OMISSIS). Il Tribunale aveva condiviso l’orientamento del G.I.P. di Milano, secondo il quale l’associazione criminosa ipotizzata avesse la sua sede in (OMISSIS), atteso che in tale ultima città era radicata la struttura organizzativa a livello più elevato, che si occupava di rifornire di stupefacenti gli odierni ricorrenti, incaricati di trasportarla e di distribuirla al minuto fra (OMISSIS). Poichè gli acquisti di stupefacenti avvenivano in (OMISSIS), era da ritenere che in tale ultima città l’organizzazione criminale ipotizzata avesse svolto la principale attività, logicamente antecedente ed assorbente rispetto a quella susseguente di vendita al minuto dello stesso stupefacente, che avveniva in (OMISSIS).

Nell’ambito di tale gruppo criminoso alcuni dei sodali si occupavano prevalentemente di reperire e spedire i quantitativi di eroina e cocaina, i quali, una volta arrivati a (OMISSIS), venivano smerciate dagli odierni tre indagati. Di essi, E.J. Salti si occupava prevalentemente di smerciare i quantitativi di hascisc in (OMISSIS);

egli era riuscito a sfuggire all’arresto in data 7 agosto 2009, allorchè la polizia giudiziaria si era appostata in Trento nei pressi di un cortile, dove erano stati rinvenuti panetti di hascisc dal peso complessivo di kg. 4,568; in quell’occasione l’indagato aveva perso il suo cellulare, partendo dal quale gli inquirenti avevano potuto identificarlo, attraverso i soggetti che erano entrati in contatto col medesimo.

F.H. era stato ritenuto pienamente partecipe dell’associazione criminosa ipotizzata tramite le numerose conversazioni telefoniche ed ambientali effettuate, dalle quali era emerso il suo ruolo di persona addetta al prelievo dello stupefacente a (OMISSIS), nonchè al suo trasporto in Trento per il successivo smercio al minuto; così, a titolo esemplificativo, il Tribunale aveva fatto riferimento all’intercettazione ambientale del (OMISSIS), nel corso della quale l’indagato anzidetto aveva riferito ad un altro soggetto le accortezze che bisognava usare nello smercio dello stupefacente ed il tipo di conteggi da effettuare; in quella stessa intercettazione c’era la chiara traccia di una vendita di stupefacente effettuata in diretta dall’indagato ad alcuni ragazzi, ad uno dei quali il medesimo aveva chiesto come trovassero la droga da lui fornita. F.Y. era stato ritenuto partecipe della sodalizio criminoso innanzi delineato per aver fornito la sua auto per un trasporto di stupefacente in data (OMISSIS); il medesimo poi risultava aver accompagnato un altro dei partecipanti all’associazione in un altro trasporto di merci; il Tribunale ha poi fatto riferimento ad una conversazione captata il (OMISSIS), dalla quale poteva evincersi come l’indagato anzidetto, parlando con l’altro indagato F.H., avesse fatto riferimento all’attività di smercio dello stupefacente da lui posta in essere, avendo parlato della necessità di dividere per bene la droga, del prezzo della stessa sulla piazza di (OMISSIS), di diversi viaggi da organizzare, nonchè della somma di Euro 1.000,00 che doveva avere da un cliente.

3. In punto di esigenze cautelari, il Tribunale di Milano ha ritenuto la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione di condotte analoghe, tenuto conto della gravità dei fatti addebitati, dalla sistematicità e dell’entità dei traffici realizzati, indicativi di una professionalità specifica, confortata anche da precedenti penali riscontrati a carico degli indagati, si che la custodia in carcere era l’unica misura in grado di rescindere i legami con i molteplici referenti, a monte ed a valle, nella catena del narcotraffico.

4. Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Milano E.J.S., F.Y. e F.H. hanno proposto personalmente ricorso per Cassazione, ciascuno di essi deducendo due analoghi motivi di ricorso. Col primo motivo lamentano violazione di legge, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che l’associazione a delinquere finalizzato al traffico di stupefacente si fosse radicata in (OMISSIS).

Al contrario era emerso che l’asserita struttura criminosa si era manifestata per la prima volta a (OMISSIS) ed alla (OMISSIS) e tutte le indagini erano state svolte dalla polizia giudiziaria in (OMISSIS) ed in (OMISSIS); pertanto la competenza territoriale non poteva che appartenere a (OMISSIS), non essendo condivisibile la motivazione adottata dal Tribunale del riesame di Milano per riaffermare la competenza territoriale di tale ultimo Tribunale; tale competenza non poteva essere desunta sulla base del domicilio di alcuni fra gli indagati, essendo esso un criterio pur sempre sussidiario rispetto a quello di cui all’art. 8 c.p.p., comma 3, secondo cui la competenza territoriale apparteneva al giudice del luogo in cui aveva avuto inizio la consumazione del reato permanente. Era poi illogica la motivazione secondo cui la competenza territoriale era da ritenere radicata in Milano poichè in tale ultima città aveva avuto luogo l’attività di acquisto dello stupefacente, atteso che tale criterio poteva solo valere per i reati fine ma non aveva alcuna rilevanza con riferimento al reato associativo, al quale solo doveva farsi riferimento; poteva invero sostenersi che, siccome i compratori- rivenditori trentini telefonavano ai fornitori milanesi per accordarsi sulla quantità e sul prezzo della merce da acquistare, era a (OMISSIS) e non a (OMISSIS) che aveva operato la pretesa associazione, anche perchè a (OMISSIS) si erano perfezionati i singoli reati fine di acquisto dello stupefacente. Col secondo motivo lamentano carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ipotizzato a loro carico.

Hanno rilevato come l’autorità giudiziaria di Trento aveva escluso nei loro confronti l’ipotesi associativa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 per mancanza di ripartizione dei ruoli e di condivisione degli utili fra gli indagati e per non aver ravvisato un rapporto stabile, duraturo ed esclusivo nell’approvvigionamento della droga; non era pertanto comprensibile come la stessa identica condotta, qualificata dall’autorità giudiziaria trentina come attività di spaccio continuato, era stata invece ritenuta dall’autorità giudiziaria milanese come elemento sintomatico della loro appartenenza ad un’associazione criminosa ben strutturata e dedita al traffico di droga; in particolare la sentenza emessa nei loro confronti dal G.U.P. di Trento in data 6.7.10 aveva accertato solo la commissione, da parte loro, di singoli episodi di spaccio di stupefacenti, individuando anche i fornitori della merce, tutti ritenuti al loro medesimo livello. La motivazione addotta dal Tribunale del riesame di Milano per sostenere l’esistenza di tale associazione era pertanto apodittica ed apparente, atteso che le telefonate intercettate dimostravano solo la commissione dei reati fine da parte dei singoli indagati; nessun grave indizio era emerso in ordine al reato associativo; inoltre non era stato delineato con certezza il loro ruolo, non essendo stato chiarito se essi fossero corrieri, venditori al dettaglio ovvero semplici depositari dello stupefacente, da essi asseritamente venduto al minuto.

Motivi della decisione

1. E’ infondato il primo motivo di ricorso, comune a tutti tre i ricorrenti, concernente l’erronea identificazione del Tribunale di Milano quale giudice territorialmente competente a trattare i reati, per i quali essi erano indagati. Va invero rilevato che la competenza territoriale a conoscere un reato associativo è da ritenere radicata nel luogo in cui la struttura criminosa destinata ad agire nel tempo diventa concretamente operante, a nulla rilevando il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del "pactum sceleris", si che occorre verificare in quale luogo è stato perfezionato l’accordo criminoso ed è in tal modo divenuta concretamente operativa la compagine delinquenziale medesima; rilievo del tutto secondario è pertanto da attribuire al luogo, ovvero ai luoghi, nei quali sono stati realizzati i singoli reati fine, commessi in attuazione del programma criminoso (cfr. Cass. 6, 2.3.06 n. 22236, rv. 234722; Cass. 4^, 13.3.08 n. 19526, rv. 240160).

Il criterio determinativo della competenza territoriale sopra delineato è quello fissato dall’art. 8 c.p.p., comma 3, in caso di reato permanente, qual’è da qualificare l’associazione criminosa ipotizzata carico degli odierni ricorrenti. Da tali premesse consegue la piena condivisibilità dell’orientamento espresso dal Tribunale del riesame di Milano, che ha ritenuto la propria competenza territoriale a trattare il reato in esame, avendo correttamente ritenuto che l’operatività dell’associazione criminosa ipotizzata aveva iniziato a manifestarsi nella città di (OMISSIS), atteso che in essa era avvenuto, a monte, l’approvvigionamento e l’acquisto della sostanza stupefacente, poi destinata ad essere smerciata in altre località, nella specie nelle province di (OMISSIS), dove infatti il G.I.P. di Trento aveva soltanto potuto evidenziare la commissione di più reati fini, consistiti nella cessione illegale dei singoli quantitativi della sostanza stupefacente, della quale gli odierni ricorrenti erano da ritenere al contempo corrieri, venditori ed esattori al dettaglio, avendo essi fatto la spola fra (OMISSIS), città nella quale lo stupefacente era stato reso ad essi disponibile e (OMISSIS), città nelle quali lo stupefacente veniva in concreto distribuito ai singoli destinatari; pertanto nessun rilievo assume nella specie il criterio della residenza, dimora o domicilio degli odierni ricorrenti, previsto dall’art. 9 c.p.p., comma 2, costituendo esso un criterio determinativo della competenza territoriale solo residuale, da usare cioè solo se non è dato determinare la competenza territoriale ai sensi dell’art. 8 c.p.p., comma 3, come invece, nella specie, è possibile fare.

2. E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso, comune a tutti tre i ricorrenti, con il quale i medesimi lamentano l’insussistenza a loro carico di gravi indizi di colpevolezza circa la loro partecipazione ad un’associazione criminosa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, tali da giustificare la misura cautelare inframuraria adottata nei loro confronti.

E’ noto che l’appartenenza di un soggetto ad un sodalizio criminoso inteso al commercio di sostanze stupefacenti presuppone l’accertamento del ruolo dal medesimo svolto e delle modalità delle azioni da lui poste in essere, che devono essere tali da evidenziare la sussistenza di un vincolo e di un ruolo stabile e non del tutto occasionale, svolto per un apprezzabile spazio di tempo (cfr., in termini, Cass. 9.12.02 n. 2838; Cass. 3A 16.10.08 n. 43822).

La sentenza impugnata ha adeguatamente motivato circa lo stabile inserimento di tutti e tre i ricorrenti in un’associazione criminosa dedita allo spaccio di sostanza stupefacente tipo cocaina, eroina e hascisc tanto avendo desunto dalle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte, la cui validità e consistenza non è stata peraltro contestata dagli odierni ricorrenti e dalle quali era emerso che tutti e tre i ricorrenti agivano quali componenti di un’associazione criminosa, certamente più articolata e complessa, che aveva il cervello pensante in (OMISSIS), città nella quale risiedevano i capi e promotori della stessa, i quali provvedevano ad approvvigionarsi di notevoli quantità di stupefacente tipo cocaina, eroina ed hascisc, che gli odierni tre ricorrenti, con il ruolo di corrieri, distributori ed esattori al minuto, avevano poi il compito di commercializzare e di distribuire nelle città di (OMISSIS). E’ pertanto evidente che i tre ricorrenti svolgevano, nell’ambito dell’associazione criminosa come sopra delineata, mansioni secondarie ed esecutive, ma non per questo meno importanti, dalle quali emergeva la loro consapevolezza di contribuire, con la loro attività, al perseguimento delle finalità dell’organizzazione criminosa della quale essi facevano parte, tenuto conto della ripetitività sistematica delle operazioni di approvvigionamento e distribuzione di stupefacente da essi svolta, si che dal loro comportamento poteva desumersi che essi non agivano per caso, ma in esecuzione di un piano distributivo predisposto a monte.

Il Tribunale di Milano ha pertanto rilevato, con valutazioni di merito insindacabili nella presente sede di legittimità, siccome sorrette da motivazione incensurabile sul piano della logica e della non contraddizione, come la partecipazione di tutti tre i ricorrenti al sodalizio criminoso delineato non potesse ritenersi circoscritto a singoli episodi, ma fosse da ritenere stabile e sistematica e tale da farli ritenere partecipi dell’associazione criminosa ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ipotizzata a loro carico.

Le argomentazioni svolte dai ricorrenti per escludere la loro partecipazione all’associazione criminosa anzidetta sono del tutto infondate.

In particolare non sussiste l’ipotizzata contraddizione fra le convinzioni espresse dal G.I.P. di Trento e quelle espresse dal G.I.P. di Milano, atteso che correttamente la prima autorità giudiziaria aveva escluso che in (OMISSIS) fosse ubicata l’organizzazione che, a monte, provvedeva a rifornire di stupefacenti gli odierni ricorrente ed avendo il G.I.P. di Milano rilevato come l’organizzazione criminosa avesse sede in (OMISSIS), dove la stessa provvedeva a rifornirsi di stupefacenti.

Neppure poteva escludersi che gli odierni ricorrenti, oltre a rifornirsi ed a distribuire al minuto la sostanza stupefacente, che l’ipotizzata associazione metteva a loro disposizione a (OMISSIS), si rifornissero nel contempo anche di droga presso altri fornitori locali.

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale del riesame ha infine correttamente individuato i ruoli svolti da ciascuno dei tre ricorrenti nell’ambito dell’associazione criminosa ipotizzata, avendo rilevato come essi fossero stati i corrieri, i distributori e gli esattori al minuto della sostanza stupefacente, dalla quale si rifornivano nella città di Milano.

3. I ricorsi proposti da E.J.S., F.Y. e F. H. vanno pertanto respinti, con loro condanna, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

4. Si provveda all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Respinge i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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