Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-12-2010) 04-01-2011, n. 41 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con decreto del 25.2.2010, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dispose il sequestro preventivo (siccome finalizzato alla confisca ex art. 416 bis cod. pen. e L. n. 356 del 1992 art. 12 sexies) di immobili, quote societarie, partecipazioni ed aziende di proprietà della Nuova Edilizia S.r.l.

(appartenente per il 50% alla Mar.Ab.Co. S.r.l., per il 40% ad I.R. e per il 10% a I.A.); della Mar.Ab.Co. S.r.l. (appartenente per il 50% ad ab.

a. e per il 50% a M.F.); della Ab.I.Co.

S.r.l. (appartenente per il 34% ad Ab.Gi., per il 33% ad A.A. e per il 33% ad A.C.); di tre fondi rustici siti in (OMISSIS) (di proprietà di A.G.); di due proprietà urbane site in (OMISSIS) ed intestate ad A.A. ed a B.M.;

nonchè di due proprietà urbane site in (OMISSIS) ed intestate ad A.C..

Avverso tale provvedimento gli interessati proposero riesame ma il Tribunale di Napoli, con ordinanza 22.4.2010, confermò il provvedimento impugnato.

Ricorre per cassazione il difensore degli interessati deducendo: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’insussistenza del fumus commissi delicti in conseguenza dell’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di A.G. per insufficienza di gravi indizi di colpevolezza; mancando i gravi indizi a carico di A. G. in relazione al reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies. mancherebbe il presupposto che fa scattare a carico dei titolari dei beni la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla insussistenza di esigenze cautelari, coincidenti con la confiscabilità dei beni; la sproporzione fra redditi ed acquisizione patrimoniale sarebbe relazionale e sussisterebbe un onere probatorio a carico del P.M.; il Tribunale non avrebbe effettuato alcuna valutazione della sproporzione, con particolare riguardo agli elementi prodotti dalla difesa; il Tribunale avrebbe posto a carico degli interessati l’onere probatorio; vengono trascritte nel ricorso le doglianze dedotte in sede di riesame, sulle quali il Tribunale non avrebbe motivato. Il ricorso è manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti.

Va anzitutto rammentato che "In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge" per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 cod. proc. pen., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e)". (Cass. Sez. Un. sent. n. 5876 del 28.1.2004 dep. 13.2.2004 rv 226710).

I motivi di ricorso contestano invece da un lato la sussistenza di indizi del reato e dall’altro il difetto di motivazione, rispetto agli argomenti dedotti. Quanto al primo profilo tali argomenti, potranno essere dedotti nel corso del giudizio di cognizione e non in sede cautelare.

Infatti la misura cautelare reale, per il momento in cui viene adottata (di regola in una fase iniziale delle indagini preliminari) e per le sue finalità (impedire la dispersione o l’occultamento dei beni prima della decisione del giudice della cognizione, ovvero il loro utilizzo illecito), non può richiedere una valutazione completa quale è quella del giudizio.

In considerazione di ciò in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al "fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata. Ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purchè però lo stesso emerga "ictu oculi". (V. Cass. Sez. 4 sent. 23944 del 21.5.2008 dep. 12.6.2008 rv 240521).

Deve essere ricordato anche che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi. (Cass. Sez. Un. sent. n. 7 del 23.2.2000 dep. 4.5.2000 rv 215840).

Peraltro l’intervenuto annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare è fatto successivo all’emissione del provvedimento di sequestro e potrà essere dedotto con richiesta di restituzione dei beni sequestrati.

Quanto al secondo profilo, vale a dire la mancata risposta alle argomentazioni difensive e la mancata valutazione degli elementi di fatto in esse dedotte, va ricordato è solo la mancanza assoluta di motivazione e non la sua incompletezza che può integrare una violazione della legge processuale sanzionata a pena di nullità dell’art. 125 cod. proc. pen., comma 3.

Questa Corte ha infatti affermato che la specificità della disposizione di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e), dettata in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che la norma possa essere dilatata per effetto di regole processuali concernenti la motivazione stessa, utilizzando invece la diversa ipotesi di cui all’art. 606, lett. c). L’espediente non è consentito, sia per i ristretti limiti nei quali la disposizione ora citata prevede la deducibilità per cassazione delle violazioni di norme processuali, (considerate solo se stabilite "a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza"), sia perchè la puntuale indicazione contenuta nella lett. e), riferita al "testo del provvedimento impugnato", collega in via esclusiva e specifica al limite predetto qualsiasi vizio motivazionale. Nè il mancato riferimento a dati probatori acquisiti può costituire motivo di ricorso sotto il profilo della omessa motivazione. Se è vero che tale vizio è ravvisabile non solo quando manca completamente la parte motiva della sentenza, ma anche qualora non sia stato considerato un argomento fondamentale per la decisione espressamente sottoposto all’analisi del giudice, il concetto di mancanza di motivazione non può essere tanto esteso da includere ogni omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori. Invero, un elemento probatorio estrapolato dal contesto In cui esso si inserisce, non posto a raffronto con il complesso probatorio, può acquisire un significato molto superiore a quello che gli è attribuibile in una valutazione completa del quadro delle prove acquisite. Ritenere il vizio di motivazione per la omessa menzione di un tale elemento nella sentenza comporterebbe il rischio di annullamento di decisioni logiche, e ben correlate alla sostanza degli elementi istruttori disponibili. Per ovviare ad un tale rischio, la Corte di legittimità dovrebbe valutare la portata dell’elemento additato dalla difesa nel contesto probatorio acquisito, con una sovrapposizione argomentativa che sconfinerebbe nei compiti riservati al giudice di merito. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13528 in data 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv 212053).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuna al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *