Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-11-2010) 04-01-2011, n. 80 Interesse ad impugnare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6 agosto 2010, il Tribunale del riesame di Perugia ha accolto l’appello proposto da C.C. avverso l’ordinanza del 2 luglio 2010, con la quale il G.I.P. di quel medesimo Tribunale aveva respinto la sua istanza, intesa ad ottenere la revoca della misura della custodia cautelare in carcere, applicata nei suoi confronti siccome ritenuto gravemente indiziato dei reati di partecipazione ad associazione criminosa (art. 416 c.p.) e di cessione illegale di sostanza stupefacente tipo cocaina (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73).

2. Il Tribunale ha ritenuto che sussistessero nei confronti dell’appellante rilevanti indizi, idonei a ritenere che egli facesse parte di un’associazione criminosa facente capo a tale M. S. e composta da vari altri soggetti, quali R.M., C.S. e C.M., dedita alla commissione di varie attività criminose in ambiti diversificati, quali il commercio illecito di rame, la vendita di traffico telefonico, nonchè la vendita all’estero dei quadri forse l’autore.

Ha altresì ritenuto che sussistesse l’ipotesi di illegale cessione di cocaina, pur avendo rilevato che trattavasi di episodio del tutto modesto. Ha tuttavia ritenuto che non sussistessero esigenze cautelari così gravi da giustificare l’emissione nei confronti dell’appellante della custodia cautelare in carcere, avendo ravvisato la sussistenza di un parziale bis in idem tra i fatti in esame ed altri fatti analoghi perseguiti dal G.I.P. di Firenze; avendo ritenuto che l’esistenza del sodalizio criminoso fosse venuta meno a partire dal marzo 2008, epoca in cui M.S., da ritenere il collante ed il principale organizzatore dell’attività criminosa in esame era stato tratto in arresto; avendo inoltre rilevato che altri due componenti del sodalizio criminoso e cioè il C. ed il R. erano ormai deceduti e che, infine, gli altri soggetti non avevano ragioni per mantenere In piedi l’associazione criminosa.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale di Perugia propone personalmente ricorso per cassazione C.C., deducendo motivazione incompleta illogica e contraddittoria.

Ha sostenuto che anche nella presente sede egli era legittimato a riproporre la doglianza già proposta innanzi al Tribunale e concernente l’inefficacia della misura cautelare emessa nei suoi confronti per decorso del termine di fase e per violazione del principio del ne bis in idem, tenuto conto della concatenazione oggettiva e soggettiva delle ordinanze cautelari emesse dai Tribunali di Perugia e di Firenze nei suoi confronti.

L’ordinanza impugnata era poi da censurare in quanto aveva ritenuto la sussistenza di indizi di colpevolezza nei suoi confronti per il delitto di associazione criminosa senza nulla riferire in ordine ai presupposti investigativi sui quali si era fondato l’accertamento, atteso che della fattispecie associativa non era stato individuato il numero minimo di persone necessarie per la sua esistenza, avendo egli conosciuto soltanto il M.; inoltre non era stata provata la sussistenza di un’affectio societatis, nè la commissione di alcun tipo di reato fine.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da C.C. è inammissibile siccome proposto da soggetto privo di interesse a ricorrere.

2. Va invero rilevato che, nella specie, il Tribunale del riesame di Perugia ha accolto l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza del G.I.P. di Perugia, che aveva negato la revoca della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti, siccome gravemente indiziato dei reati di partecipazione ad associazione criminosa e di cessione illegale di cocaina, avendo ritenuto che non sussistessero nei confronti dell’odierno ricorrente esigenze cautelari tali da giustificare la sua permanenza cautelare in carcere ed avendone disposto l’immediata scarcerazione se non detenuto per altro.

3. Fatte tali premesse, non può ritenersi che, nella specie, il ricorrente abbia un residuo interesse a ricorrere nella presente sede di legittimità avverso il provvedimento innanzi descritto, al fine di dolersi dell’eventuale violazione nei suoi confronti del principio del ne bis in idem, nonchè al fine di dolersi degli apprezzamenti fatti dal Tribunale del riesame in ordine agli indizi di colpevolezza emersi nei suoi confronti, non essendo la presente sede cautelare quella istituzionalmente preposta ad esaminare la validità degli indizi di colpevolezza in sè, essendo le valutazioni operate in sede cautelare strettamente funzionali all’emissione di eventuali misure cautelari si che, una volta revocata la misura cautelare in concreto impugnata nella presente sede, è da ritenere attività processualmente irrilevante quella riferita all’apprezzamento degli indizi di colpevolezza, atteso che il potere di qualificazione giuridica del fatto riconosciuto al G.I.P. ed al Tribunale del riesame non produce effetti oltre il procedimento incidentale in corso e dovendo a questo punto tali indizi di colpevolezza trovare la propria adeguata e corretta valutatone nella sede più propria e cioè nell’ambito del giudizio di merito (cfr., in termini, Cass. 5^, 9.11.05 n. 45940, rv. 233219).

4. Da quanto sopra consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da C.C. con sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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