Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-11-2010) 04-01-2011, n. 72 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 agosto 2010 il Tribunale di Bologna, costituito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa confronti di B.S. dal Gip del tribunale di Piacenza, in data 26.7.2010, in relazione al reato di cui all’art. 56 c.p., art. 61 c.p., n. 5, art. 575 c.p., art. 577 c.p., n. 4, per avere posto in essere, per futili motivi, atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte dello zio B. L., colpendolo ripetutamente con un tubo metallico (lungo 76 cm e del peso di 1,5 kg.) anche alla testa, provocandogli una frattura cranica in sede parietale con sottostante ematoma epidurale ed una frattura di una costola, il (OMISSIS).

Fatta una dettagliata premessa nella quale viene ricostruito il contesto di elevato conflitto – legato ad una vertenza ereditaria – esistente da alcuni anni tra i nuclei familiari dell’indagato e della vittima nel quale si inserisce l’episodio in oggetto, il tribunale evidenzia come il compendio indiziario a carico del B. si fondi: a) sulle circostanze riferite dalla persona offesa; b) sul racconto dei familiari del predetto; c) sugli accertamenti effettuati nel luogo dove si era verificato il fatto.

In particolare, quindi, nell’ordinanza viene valutata la insussistenza della scriminante della legittima difesa, prospettata dalla difesa dell’indagato in quanto la vittima si sarebbe recata presso l’abitazione dell’indagato armato di una roncola che era stata trovata sul posto.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, B.S..

Con i primi tre motivi del ricorso si denuncia: violazione di legge in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 2 ed omessa e contraddittoria motivazione avuto riguardo alla esclusione della causa di giustificazione della legittima difesa. Si afferma la sussistenza di plurimi elementi dai quali va desunto l’elevato grado di probabilità che la condotta sia stata posta in essere dall’indagato per legittima difesa, evidenziando la irrilevanza di alcune delle argomentazioni poste a fondamento della decisione del tribunale sul punto.

Con un quarto motivo, si censura l’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

L’ultimo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla configurabilità del reato di tentato omicidio – con specifico riferimento all’elemento psicologico, alla luce anche dell’ipotizzato eccesso colposo – ed alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari e della necessità in rapporto alle stesse di applicare la misura più afflittiva a norma degli artt. 274 e 275 c.p.p..

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Va ricordato che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al giudice di legittimità resta, invece, preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa).

2. Tanto premesso, sulla questione relativa alla valutazione in sede cautelare della sussistenza della scriminante questa Corte ha già avuto occasione di affermare che l’operatività del divieto di applicazione delle misure cautelari personali previsto dall’art. 273 c.p.p., comma 2 – che stabilisce che nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione – non richiede che la ricorrenza dell’esimente sia stata positivamente comprovata in termini di certezza, essendo sufficiente, a tal fine, la sussistenza di un elevato o rilevante grado di probabilità che il fatto sia compiuto in presenza di essa (Sez. fer. 20 agosto 2003, n. 46190, Steri, rv.

227306; Sez. 1, 28 gennaio 2010, n. 6660, Diodato, rv. 246576).

Deve rilevarsi che la motivazione della pronuncia impugnata sullo specifico punto, valutata nella sua unità e complessità, si sottrae alle censure che le sono state mosse. Il provvedimento impugnato – richiamando il contenuto dell’ordinanza con la quale è stata applicata la misura cautelare – ha rappresentato, con motivazione esente da evidenti incongruenze e da interne contraddizioni, le ragioni che, in questa fase, hanno indotto il tribunale a ritenere attendibile la versione dei fatti riferita dalla vittima che ha escluso di essersi recato armato della roncola presso l’abitazione del nipote. La motivazione del tribunale sul punto è fondata peraltro su una pluralità di argomentazioni: il fatto che la roncola potesse verosimilmente trovarsi nel luogo in cui si sono svolti i fatti, trattandosi di luogo di campagna; le dichiarazioni dei familiari della vittima; l’assenza di segni o tracce dai quali desumere che l’indagato fosse stato aggredito e che la sua condotta fosse stata finalizzata esclusivamente a difendersi.

Nè, invero, il ricorrente ha indicato elementi diversi che possano ritenersi in contraddizione logica e fattuale con quelli valutati nell’ordinanza impugnata ed in quella genetica. In sostanza, quindi, ha prospettato soltanto una ricostruzione alternativa dei fatti rispetto a quella adottata dai giudici del merito.

Anche il rilievo difensivo secondo il quale il tribunale sarebbe caduto in contraddizione con la precedente argomentazione ipotizzando l’eccesso di legittima difesa è, all’evidenza, privo di pregio.

L’argomento, infatti, è stato introdotto solo ad abundantiam richiamando una valutazione contenuta nell’ordinanza del Gip. 3. E’ evidentemente infondato il dedotto vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato. A differenza di quanto si afferma nel ricorso, la valutazione del compendio indiziario non si riferisce soltanto alla versione dei fatti riferiti dalla persona offesa – che pure sono determinanti – e dai familiari dello stesso. Il tribunale, infatti, richiama – anche al fine di confortare la coerenza e logicità delle circostanze riferite dalla vittima – gli elementi tratti dagli accertamenti sul posto e gli esiti delle lesioni patite dalla persona offesa.

Come è stato detto, infatti, il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

4. Infondata è altresì la censura sulla motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari – in particolare in ordine al pericolo di recidiva – ed alla valutazione dell’esclusiva idoneità della misura più grave, sostenuta da adeguata argomentazione, esente da vizi logici e fondata sulla valutazione degli elementi di fatto acquisiti: gravità della condotta, personalità violenta dell’indagato tratta specificamente dai pregressi comportamenti dell’indagato anche con riferimento ai conflitti familiari descritti puntualmente nella parte iniziale dell’ordinanza.

Il ricorso, quindi, deve essere rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’alt 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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