Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-11-2010) 04-01-2011, n. 96

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale della libertà di Catanzaro, con ordinanza del 22 luglio 2010, ha confermato l’ordinanza del 10 giugno 2010 della Corte di Appello di Catanzaro con la quale era stato rigettata l’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare della custodia in carcere di M.A. indagato per il delitto di lesioni aggravate.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando:

a) la violazione degli artt. 299 e 649 c.p.p. e difetto di motivazione in punto di sussistenza di un precedente giudicato cautelare;

b) la violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 3 e difetto di motivazione ex art. 125 c.p.p., ai sensi dell’art. 606, lett. b), c) ed e) in ordine all’adeguatezza della misura più afflittiva;

c) la motivazione mancante, illogica e contraddittoria, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine alla persistente, esclusiva adeguatezza cautelare della custodia in carcere nonostante la condotta ritenuta, nella stessa ordinanza gravata, oggettivamente meno grave;

d) la motivazione mancante, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine ai rilievi indicati nell’atto di appello, sull’adeguatezza e proporzionalità della custodia cautelare in carcere, alla luce dell’intervento del Sostituto Procuratore Generale, non soltanto adesivo rispetto alla richiesta di revoca o modifica della misura avanzata dalla difesa, ma propositivo sulla opportunità di modifica della stessa con altra meno afflittiva.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

2. L’impugnata decisione, invero, non può dirsi ispirata al mutato quadro, di fatto e di diritto, della imputazione, che avrebbe dovuto imporre una più approfondita riconsiderazione delle esigenze cautelari che sottendono, ai sensi dell’art. 275 c.p.p., all’emanazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale, ai fini della scelta della misura più appropriata.

In primo luogo e in diritto, sul punto dell’immutabilità assoluta del cd. giudicato cautelare in difetto di novum si osserva come, a partire dalle Sezioni Unite 19 dicembre 2006 n. 1435 e da ultimo fino a Sez. 6 22 aprile 2010 n. 17269 si affermi, dalla pacifica giurisprudenza di legittimità, come tale preclusione di natura endoprocessuale allo stato degli atti e per il cd. dedotto, avente pertanto minore efficacia rispetto al giudicato di merito, possa sicuramente essere superata dall’evidenziazione di nuove circostanze, rientranti nella nozione delle questioni non soltanto dedotte bensì meramente deducibili nella sede cautelare, idonee a provocare una riconsiderazione della precedente decisione.

Secondariamente, questa volta in punto di fatto, non può condividersi la motivazione dell’impugnata decisione nella parte in cui, pur dando atto dell’avvenuta derubricazione dell’originaria imputazione dal delitto di tentato omicidio a quello di lesioni aggravate dall’uso delle armi, d’altra parte, ne consideri immutata la gravità per i fini cautelari, pur in relazione ad una condotta ritenuta oggettivamente meno grave.

Equiparare completamente, quanto alle modalità della condotta e ai fini della evidenziazione del quadro cautelare, il delitto originariamente contestato a quello in concreto accertato significa porre in essere un ragionamento logico non corretto posto che non è solo la condotta a qualificare il reato e a ispirare l’opzione del Giudice circa la misura da adottare.

Nel caso di specie, è pur vero che le modalità della condotta, attuate mediante l’uso dell’arma per l’offesa alla persona, siano rimaste pur sempre alquanto gravi ma sarebbe stato necessario, da parte del Giudicante, da un lato approfondire il perchè sarebbe rimasto il "quadro cautelare sostanzialmente invariato", in presenza dell’avvenuta modifica della contestazione e, d’altra parte, affrontare il problema della inadeguatezza delle altre misure cautelari tale da imporre, di converso, il permanere della misura personale della custodia in carcere.

3. Alla luce di quanto fin qui espresso s’impone, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame delle esigenze cautelari alla luce delle mutate condizioni di fatto e di diritto.

4. Deve farsi luogo alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale della libertà di Catanzaro per nuovo esame. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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