Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-11-2010) 04-01-2011, n. 66

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Nell’ambito di procedimento a carico di D.V., indiziato del reato di usura, con provvedimento in data 26.11.2009 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari aveva disposto, fra l’altro, il sequestro preventivo di una vettura (Smart) formalmente acquistata da D.M., figlia di V., in data (OMISSIS) al prezzo rateizzato di 14.000 Euro.

1.1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Bari respingeva l’appello proposto nell’interesse di D.M., quale terza interessata, avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che il 27.1.2010 aveva respinto la sua richiesta di revoca del sequestro preventivo della Smart. Premetteva – per quanto interessa in questa sede – che la difesa aveva sostenuto che l’acquisto della Smart, realizzato ricorrendo ad un finanziamento da restituire in 36 rate dell’importo di 199,50 Euro era perfettamente compatibile con l’attività lavorativa della D. quale segretaria della società Edilizia Pugliese e con gli aiuti economici offertile da L.G., con il quale s’era sposata a (OMISSIS) e che dal (OMISSIS) lavorava per la società Vigilanza Palumbo.

Osservava quindi (ricordati vari arresti giurisprudenziali) che dagli accertamenti patrimoniali era risultato che D.M. era risultata titolare di una ditta individuale di commercio di mobili dal 1.3.1998 al 31.1.1999 e dal 2.10.2001 al 5.3.2005, periodo durante il quale era stato effettuato a suo nome l’acquisto di alcuni immobili sequestrati, e in relazione ai quali la D. non aveva avanzato alcuna pretesa. La Smart era stata acquistata invece nel (OMISSIS), più di un anno dopo la commissione dell’usura da parte del padre (il fatto in contestazione era del marzo 2007). Detto acquisto non poteva essere considerato perciò isolatamente, apparendo invece come l’ultimo di una serie di acquisti, ben più importanti, che la D. aveva sostanzialmente riconosciuto riferibili ai padre.

In tale contesto, gli elementi addotti dalla difesa non erano "sufficienti a dimostrare la legittimità delle disponibilità finanziarie impiegate dalla D. per l’acquisto della Smart e ad isolarla dal resto degli altri acquisti, sempre oggetto di sequestro" in merito ai quali non era stata proposta impugnazione. Nè "a fronte di guadagni comunque contenuti da parte della D. del di lei marito" poteva ritenersi "raggiunta la prova della riconducibilità dell’acquisto de quo ad entrate lecite"; ferma restando la possibilità di un approfondimento investigativo.

2. Ha proposto ricorso D.M. a mezzo dell’avvocato Nicola Scognamillo, difensore e procuratore speciale, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Premesse le nozioni di violazione di legge e di motivazione apparente e/o sostanzialmente mancante, il ricorrente afferma che la giustificazione data dal Tribunale alla sua decisione era talmente apodittica da doversi considerare inesistente.

La circostanza che la D. non avesse contestato la riferibilità al padre degli immobili pure sequestrati non poteva condurre, con inaccettabile automatismo, a respingere la richiesta di revoca riferita all’unico bene che la figlia dell’imputato aveva reclamato come di sua effettiva proprietà e realmente acquistato con il provento dei guadagni suoi e del suo compagno, attuale marito, dimostrando di avere fatto ricorso ad un finanziamento bancario assolutamente compatibile con i redditi leciti del suo nucleo famigliare. Assolutamente diversi erano, peraltro, tempi e modalità dell’acquisto degli immobili. E proprio la circostanza che la D. non avesse contestato che gli immobili andassero riferiti al padre non consentiva di valutare l’adeguatezza dei redditi suoi e del suo nuovo nucleo familiare in riferimento alla massa degli acquisti, anzichè in relazione al solo bene che la donna assumeva da lei effettivamente acquistato.

Il Tribunale aveva quindi di fatto omesso di considerare le allegazioni difensive che si riferivano: al finanziamento bancario, con restituzione del prezzo in 36 rate di 199,50 Euro mensili e garanzia del nonno materno B.L.; alla somma dei redditi della ricorrente – regolarmente impiegata quale segretaria presso la s.r.l. Edilizia Pugliese – e del marito – prima coadiutore del padre in una toto-ricevitoria, quindi ispettore commerciale di zona della s.r.l. "vigilanza Palumbo" – e alla loro capacità di giustificare l’acquisto rateale; alla circostanza che D.M. non apparteneva più al nucleo familiare di D.V., che dal (OMISSIS) si era stabilmente trasferito altrove, convivendo con donna diversa dalla madre della ricorrente e con il figlio avuto da questa.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

A ragione della sua decisione il Tribunale ha posto il rilievo che il complesso dei beni intestati alla D. non era compatibile con le sue entrate lecite e che non era possibile, in codesta situazione, isolare l’acquisto della Smart dagli acquisti dal resto dei beni.

Forte di tale premessa, il Tribunale ha sostanzialmente omesso di rispondere alle deduzioni difensive con le quali, non contestandosi l’intestazione fittizia a nome della ricorrente degli immobili acquisiti in realtà dal padre, si sosteneva che, però e invece, la vettura era effettivamente della D. che l’aveva acquistata con mezzi leciti, dei quali offriva prova.

La premessa riferita è però in netto contrasto con i principi affermati, tra molte, da S.U., sentenza n. 920 del 17/12/2003, Montella, secondo cui, per la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nel D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, commi 1 e 2, è necessario che i termini di raffronto dello squilibrio tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare siano oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco e, soprattutto, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti.

E’ appena il caso di aggiungere, perciò, che il Tribunale non soltanto ha anche, come anticipato, totalmente omesso di esaminare le allegazioni difensive, del tutto pertinenti e appropriate al thema decidendum, ma ha anche completamente eluso la verifica, pure centrale ai fini della legittimità della confisca ai sensi dell’art. 12-sexies citato, della effettiva disponibilità della vettura in capo al condannato.

2. S’impone di conseguenza l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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