Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-11-2010) 04-01-2011, n. 162

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di l’Aquila, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 2.04.2009 rigettava l’istanza di riparazione presentata da S.M. per ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere (per giorni 44) e quindi agli arresti domiciliari (per giorni 343) perchè sospettato dei reati di associazione per delinquere e concorso in rapina aggravata in danno dell’Agenzia della Banca Toscana di Celano. In relazione a tali ipotesi criminose il S. è stato assolto con sentenza del Tribunale di Avezzano in data 12.03.2008 con la formula "per non aver commesso il fatto".

Avverso l’ordinanza della Corte di appello di l’Aquila S. M. proponeva ricorso per cassazione e concludeva chiedendo di volerla annullare con rinvio ad altra sezione della stessa corte di merito.

Motivi della decisione

Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova, avendo il giudice fondato il proprio convincimento su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale.

Osservava il ricorrente che la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione da lui subita in quanto aveva ritenuto che egli avesse dato causa con la sua condotta all’adozione del provvedimento cautelare, perchè avrebbe intrattenuto rapporti con gli altri autori del reato e sarebbe stato con loro nella località e in occasione della rapina. Peraltro, come era stato rilevato dal Tribunale nella sentenza di assoluzione, gli stretti rapporti con B.T., capo di una organizzazione criminale finalizzata alla commissione di rapine in tutto il territorio nazionale, gli spostamenti nella località in cui fu commessa la rapina, il pernottamento insieme all’altro correo U.A., non avrebbero avuto alcuna attinenza con la persona del ricorrente, bensì con una utenza cellulare che si assumeva infondatamente essere in uso allo stesso.

La Corte di appello di L’Aquila avrebbe quindi travisato la prova e avrebbe fondato il proprio convincimento su emergenze processuali non reali, laddove affermava come provati i rapporti con B. T. e gli spostamenti del S. nella località in cui venne commesso il fatto. Tanto premesso si osserva che il diritto a equa riparazione per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314 e ss. cod. proc. pen., trova fondamento nella condizione soggettiva della persona sottoposta a detenzione immeritata e in tal senso ingiusta.

Il quadro sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile ma non è quello dell’art. 2043 cod. civ. che appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto quello della riparazione legata ad eventi che producono il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto lecito (la distinzione tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben fermo, in materia, l’assetto delle regole generalissime che disciplinano l’onere della prova civile ex art. 2697 cod. civ. posto che il procedimento relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò′ il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, è tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l’istante ha l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione (Corte Cass. Sez. 4 sent. n. 23630 02/04/2004 – 20/05/2004/2V227094 della quale è talora ritenuta irrilevante la formula (Cass. Sez. 4^ 2/4/2000 n. 2365) e talora rilevante nel senso che indefettibile presupposto del sorgere del diritto sarebbe solo il proscioglimento con una delle formule di cui all’art. 314 cod. proc. pen., comma 1.

Peraltro il sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di una condotta del richiedente che al tempo del processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare causa a quella ingiusta detenzione.

L’operazione intesa a cogliere tali condizioni deve accettare origliar e solo l’eventuale efficienza causale delle condotte dell’imputato che possano aver indotto, anche nel concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione ragionevole e non congetturale il giudice a stabilire la misura della detenzione (Cass. SSUU 13/12/95 n. 43, Sez. 4^ 10/3/2000 n. 1705).

Il giudice deve quindi fondare la deliberazione su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta del richiedente sia prima e sia dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che ha ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurazione come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (cfr. sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 34559 del 2002).

Nella fattispecie di cui è processo è emerso invece che al S. venne attribuita dai Carabinieri una utenza cellulare alla stregua di elementi che poi si sono rivelati non affidabili, di guisa da non consentire l’attribuzione dell’utenza in questione all’odierno ricorrente per "l’equivocità degli elementi posti a base dell’assunto", come correttamente rilevato nella sentenza di assoluzione dal Tribunale di Avezzano. Pertanto la motivazione dell’impugnata ordinanza si fonda su una lettura dei fatti e delle condotte sostanzialmente smentita dagli atti e, comunque, su circostanze ed elementi che non appaiono tali da delineare in modo chiaro, univoco e lineare il contributo colposo dell’imputato con riferimento all’oggetto specifico del procedimento.

L’impugnata ordinanza deve dunque essere annullata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti relative al presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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