Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-11-2010) 04-01-2011, n. 112 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1) M.B. ha proposto ricorso avverso la sentenza 26 gennaio 2010 del Giudice di pace di Savona che l’ha condannato alla pena di euro 1.400,00 di multa per il reato di lesioni colpose in danno di B.M. cagionate a seguito di un incidente stradale verificatosi in (OMISSIS).

Il ricorrente non contesta l’affermazione della sua responsabilità nel verificarsi dell’incidente ma si duole che il giudice non abbia dichiarato estinto il reato, per condotta riparatoria ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 malgrado il danno fosse stato risarcito dalla sua compagnia di assicurazione.

2) Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato.

La causa di estinzione ricollegata alle condotte riparatorie è prevista, per i reati di competenza del giudice di pace, dal già ricordato D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 che, al comma 1, prevede questa forma di definizione del processo "quando l’imputato dimostra di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato".

Prosegue il medesimo art. 35, comma 2 con la precisazione che la sentenza di estinzione è consentita solo se il giudice di pace "ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione". 3) Va premesso che l’applicazione della causa di estinzione del reato non risulta espressamente proposta nel caso in esame perchè, dalle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza, risulta che il difensore dell’imputato abbia concluso in principalità "chiedendo la pronuncia di avvenuta cessazione della materia del contendere".

Ma anche ammettendo che con questa formulazione impropria si intendesse far riferimento alla causa di estinzione cui si è fatto in precedenza riferimento il motivo di censura sotto questo profilo è comunque da ritenere infondato.

A questa conclusione si perviene non in base all’orientamento che afferma la necessità che il risarcimento del danno sia riconducibile direttamente e personalmente all’imputato con particolare riguardo alle ipotesi nelle quali il risarcimento sia avvenuto ad opera della compagnia di assicurazione.

A questo proposito la tesi che il risarcimento debba provenire personalmente dall’imputato è a dir poco singolare. Non ignora la Corte che questo orientamento risulta affermato in occasione della concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 6 (v.

Cass., sez. 6, 9 novembre 2005 n. 46329, Caputo, rv. 232837; ma per la soluzione opposta si è pronunziata sez. 4 4 ottobre 2004 n. 46557, Albrizzi, rv. 230195) ma ritiene che questo orientamento non sia condivisibile in tema di attività riparatorie previste dalla normativa sul giudice di pace.

Ricollegare alla formulazione letterale dell’art. 35, comma 1 una tal soluzione significa rifarsi ad un criterio di interpretazione del tutto formalistico e avulso dalla realtà dei rapporti sociali.

L’assicurazione per i danni cagionati dalla circolazione stradale ha infatti carattere di obbligatorietà e appare insensato pretendere che una persona proceda ad un risarcimento personale in presenza di un contratto di assicurazione sulla cui base, in concreto, sia avvenuto un risarcimento integrale dei danni cagionati.

Che cosa dovrebbe fare il responsabile del sinistro per godere della causa di estinzione? operare perchè la compagnia non provveda al risarcimento e provvedere personalmente ovvero procedere ad un risarcimento personale anche se la compagnia vi ha già provveduto?.

L’assurdità delle conseguenze cui conduce la tesi proposta dal ricorrente non sembra meritare ulteriori commenti. Si aggiunga la conseguenza, più generale, che una siffatta interpretazione condurrebbe ad una totale disincentivazione delle cause deflattive che il D.Lgs. n. 274, artt. 34 e 35 sono dirette invece ad incrementare.

4) Diverse sono invece le ragioni per le quali, nel caso in esame, non può operare la causa di estinzione del reato.

Risulta infatti dalla motivazione della sentenza impugnata che il risarcimento corrisposto dalla compagna di assicurazione del ricorrente, pur di importo ingente, non è valso a soddisfare le gravissime conseguenze dell’incidente tanto che è ancora in corso una controversia civile tra le parti.

Deve quindi escludersi che il risarcimento del danno abbia avuto il richiesto carattere di integralità e che possano ritenersi eliminate le conseguenze dannose del reato e quindi siano state soddisfatte le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione. La necessità che anche queste esigenze vengano soddisfatte è richiesta dall’art. 35, comma 2 in esame ed è confermata dalla uniforme giurisprudenza di legittimità sul punto (v. Cass., sez. 5, 18 gennaio 2007 n. 5581, Napoli, rv. 236519; 22 settembre 2005 n. 40818, Mirabelli, rv. 232802; 24 marzo 2005 n. 14070, Del Testa, rv. 231111;

sez. 4, 9 dicembre 2003 n. 11522, Milesi, rv. 228030).

5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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