Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 04-01-2011, n. 103

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.S. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 18.11.2008, della Corte d’Appello di Catania di conferma della sentenza di condanna, emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Modica il 6.03.2007, in ordine a delitti (capi a e b) di concorso in furto aggravato.

Con un primo motivo si denuncia carenza e, comunque, illogicità e contraddittorietà di motivazione per omesso esame dei primi due motivi di appello.

Si espone che la sentenza del giudice di primo grado era basata su di un’errata interpretazione delle risultanze istruttorie laddove si era ritenuto che il ricorrente ed il complice C.G. (non ricorrente) erano le uniche persone presenti nel negozio ove era stato consumato il primo dei due furti contestati, e, pertanto, gli unici possibili autori del reato. Si precisa che in detto esercizio commerciale, oltre al S. ed al C., vi si erano recati con lo stesso scopo, vale a dire per la consegna dei nuovi elenchi telefonici, anche altri due giovani che si erano, poi, allontanati lasciando i primi in attesa del ritiro dei vecchi elenchi telefonici.

Su tale circostanza con l’atto di appello si erano indicate le testimonianze che avevano fatto riferimento alla presenza in negozio di altre persone. A fronte di tali articolate e specifiche censure mosse alla sentenza di primo grado, da cui risulta chiaramente l’omessa considerazione di elementi di giudizio favorevoli all’imputato, la Corte d’Appello motiva la conferma della sentenza di primo grado in termini apodittici e solo apparentemente, limitandosi a ribadire un dato da nessuno posto in dubbio, ovvero che il giorno del furto gli imputati si erano recati nel negozio per la consegna dei nuovi elenchi telefonici e per il ritiro dei vecchi. Quanto alla contraddittorietà e illogicità della motivazione si rileva che i giudici del merito hanno ritenuto che il S. ed il presunto complice si erano presentati "artificiosamente" come impiegati della SEAT pagine gialle, l’assunto non trova alcun riscontro anzi i testimoni hanno concordemente affermato che effettivamente i giovani sostituirono i vecchi elenchi telefonici con quelli nuovi. In merito al secondo furto (capo B) si premette in fatto che al ricorrente è stato contestato di aver sottratto un telefono cellulare dalla borsa di una sua amica, R.S., che l’aveva dimenticata e successivamente recuperata nell’autovettura di esso Si. ove, poco prima, si erano trovati in compagnia anche di Cr.

S. e A.D.. Sulla base delle stesse dichiarazioni della parte offesa emergeva che a sottrarre il cellulare era stato l’ A.. Con specifico motivo di appello si era portato all’attenzione della Corte tali elementi assolutamente certi, ma essi sono stati del tutto ignorati e i giudici del gravame, con motivazione solo apparente, hanno asserito che il furto risulta provato sulla base delle dichiarazioni di R.S., la quale, avendo dimenticato all’interno dell’autovettura del S. la propria borsa, ne reclamava la restituzione del contenuto, ricevendo il rifiuto dei due coimputati con toni recisi, in particolare, con riferimento al telefono cellulare. La Corte non è assolutamente entrata nel merito del motivo d’appello omettendo di prendere in considerazione gli elementi a discarico, numerosi e convergenti. Con un terzo motivo si denuncia carenza di motivazione in ordine alla richiesta del beneficio della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, e la concessione dell’indulto anzichè della sospensione condizionale della pena.

Motivi della decisione

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto solo con riferimento al furto di cui al capo A) della rubrica.

Innanzitutto, va osservato che la sentenza di secondo grado si riporta all’impianto motivazionale di quella del Tribunale evidenziando, in maniera laconica, le fonti di prova su cui si basa la condanna, per cui è necessario far anche riferimento, per la valutazione dei motivi dell’odierno ricorso, alla sentenza di primo grado.

Sostanzialmente il ricorrente denuncia il travisamento del fatto per essere stata valutata solo parzialmente una prova (quella testimoniale), di modo che la parte non considerata si contrappone alla ricostruzione del fatto, operata dal giudice di primo grado solo sulla base di altri elementi probatori, di per sè insufficienti all’affermazione della responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestato. Sul punto, si osserva che, per quanto attiene al limite del suo sindacato, il giudice di legittimità deve accertare il contenuto del ricorso, la decisività del materiale probatorio richiamato tale da disarticolare l’intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione, l’esistenza di una radicale incompatibilità con l’iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto. Deve, inoltre, verificare la sussistenza di una prova omessa o inventata, e del c.d. "travisamento del fatto", solo qualora la difformità della realtà storica sia evidente, manifesta, apprezzabile "ictu oculi" ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dai giudice di merito, il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddicono (cfr. in parte Cass. sez. 2 9 giugno 2006 n. 19848 rv.

234162, le decisioni della sesta sezione citate cui adde Cass. sez. 6 5 ottobre 2006 n. 33435 rv. 234364 e Cass. sez. 6 26 ottobre 2006 n. 35964 rv. 234622).

Ebbene, per il caso di specie, la valutazione delle risultanze probatorie operata dal giudice di primo grado, confermata dalla Corte d’Appello, non considera, o, rectius, pretermette un dato acquisito a mezzo della prova testimoniale (quelle rese dalla stessa parte offesa M.A.J., dal titolare del negozio, Sp.Di., e dalla moglie di costui Ci.Ca.) che ribalta la deduzione secondo cui si è escluso che altri soggetti siano entrati nel negozio ed abbiano potuto intrattenersi nei pressi dell’attaccapanni ove era riposta la borsetta oggetto del furto. Corretto è il rilievo del ricorrente: se, invero, altre persone, contestualmente all’imputato ed al C., sono entrate nel negozio, manca la ragionevole certezza che costoro siano stati gli autori del furto.

Inoltre, altro dato non considerato dai giudici di merito, è che il S. ed il suo amico si sono intrattenuti nel negozio in attesa di ricevere gli elenchi telefonici da sostituire, dopo che gli altri due già erano andati via. E’ ragionevole opinare che, se fossero stati gli autori del furto, avrebbero avuto tutta la premura di andare via.

Il ricorrente pone ancora all’attenzione della Corte altro elemento fattuale non considerato dai giudici del merito: dai tabulati telefonici, acquisiti, relativi al telefono cellulare sottratto dalla borsetta della M., emerge che nella immediatezza della sottrazione la scheda telefonica è stata utilizzata da soggetti che nessun collegamento hanno con gli imputati. Apodittica è poi l’affermazione della Corte territoriale laddove si evidenzia che il S. ed il suo presunto complice si erano presentati "artificiosamente" come impiegati della SEAT pagine gialle. A parte il fatto che i testi escussi hanno affermato che effettivamente l’imputato, unitamente al C., si era presentato in negozio per distribuire i nuovi elenchi telefonici e ritirare i vecchi, l’affermazione della Corte è in aperta contraddizione con la ritenuta aggravante prevista dall’art. 61 c.p., n. 11 (abuso di prestazione d’opera).

Va altresì ricordato che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici. (Cass. sez. 3 11 gennaio 1999 n. 215, Forlani, rv. 212091, Cass. sez. un. 16 dicembre 1999 n. 24, Spina rv. 214794, Cass. sez. un. 23 giugno 2000 n. 12, Janaki rv. 216260 e Cass. sez. un. 10 dicembre 2003 n. 47289, Petrella rv. 226074).

Ed anche alla luce di tali principi la sentenza impugnata appare nel suo impianto motivazionale incongrua e contraddittoria, e, dunque, tutti gli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale richiedono una nuova valutazione che va rimessa ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania, previo annullamento della sentenza in parte qua.

Quanto al secondo furto, i motivi posti a base del ricorso sono infondati. Invero, sebbene altrettanto laconica sia la motivazione di primo che di secondo grado, sono stati evidenziati, in maniera logica, elementi di responsabilità che escludono la diversa ricostruzione del fatto prospettata dal S..

Un dato assorbente è che la parte offesa, R.S., accortasi di aver dimenticato la sua borsa nell’autovettura del S. è a costui che telefona per recuperarla, ed proprio quest’ultimo, insieme ai coimputati A. e C., che la restituisce, mancante però del cellulare, della somma di Euro 8000 e di un paio di occhiali. Ed è ancora al S. che la R. fa le sue rimostranze per telefono per ottenere la restituzione degli oggetti, e percepisce che altre persone presenti alla telefonata interloquivano con il ricorrente sul da farsi, circostanza questa che chiaramente evidenzia la sua conoscenza del furto. Ed ancora, a conferma della consapevolezza da parte del S. della sottrazione delle cose indicate, la parte offesa riferisce che il giorno successivo, incontrati il ricorrente ed i suoi amici coimputati, nel chiedere ad essi la restituzione del telefono cellulare costoro si rivolgevano ad essa arrabbiati rispondendo di non volerlo restituire.

Quanto al terzo motivo sarà la Corte d’Appello di Catania, nuovamente investita del processo, seppure parzialmente, a valutare la possibilità della concessione dell’indulto anzichè del beneficio della sospensione condizionale della pena, con esclusione della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria non sussistendone le condizioni di legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo A) con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania, rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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