Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-10-2010) 04-01-2011, n. 25; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza in data 21 aprile 2010 il Tribunale di Milano confermava in sede di appello l’ordinanza in data 4 marzo 2010 dalla Corte di appello di Milano con la quale era stata rigettata l’istanza dell’imputato P.C. di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, presso la comunità terapeutica "Il Gabbiano" di (OMISSIS). Il P. all’esito del giudizio abbreviato, con sentenza del Tribunale di Milano in data 28 gennaio 2009, confermata in appello con sentenza del 20 ottobre 2009, era stato dichiarato colpevole del delitto di concorso in rapina aggravata, commesso ai danni di un istituto di credito il (OMISSIS), ed era stato condannato alla pena di anni cinque, mesi sei, giorni venti di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.

Avverso la predetta ordinanza il P. ha proposto personalmente ricorso per cassazione deducendo l’inosservanza o erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 e la mancanza o illogicità della motivazione per avere il Tribunale di Milano omesso di dar conto dell’esistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza quale elemento impeditivo dell’applicazione della norma invocata, non essendo sufficiente il richiamo contenuto nell’ordinanza impugnata ai precedenti penali e alla revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale nel lontano 2004, senza prendere in considerazione degli accertamenti sulle condizioni per l’accesso alla comunità terapeutica compiuti dal personale sanitario penitenziario.

Il ricorso è inammissibile.

La possibilità di applicare il regime di favore previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 è, infatti, subordinata all’assenza di "esigenze cautelari di eccezionale rilevanza". Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di provvedimenti restrittivi nei confronti dell’imputato tossicodipendente (Cass. sez. 4^ 30 gennaio 2004 n. 13302, Fadda; sez. 4^ 16 giugno 2005 n. 34218, Monetti; sez. 6^ 23 gennaio 2008 n. 10329, Reale), dette esigenze non coincidono con una normale situazione di pericolo, ma si identificano in una esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività di consistenza tale da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità, della cui sussistenza il giudice deve dare congrua e logica motivazione Nell’ordinanza impugnata si è ritenuta sussistente – con articolate e razionali argomentazioni – l’eccezionalità del pericolo di reiterazione della condotta criminosa da parte dell’imputato avendo il giudice di merito posto in adeguato rilievo sia le modalità del fatto (rapina commessa puntando contro i dipendenti e i clienti della banca un taglierino, con la minaccia di usarlo per tagliare loro la gola nel caso in cui non fosse stato consegnato il denaro) che l’elevata pericolosità del P. il quale, come si desumeva dalla motivazione della sentenza di primo grado, era un soggetto gravato da plurimi reati specifici, già ammesso a benefici penitenziari "miseramente falliti", che aveva commesso la rapina nemmeno due mesi dopo aver terminato di espiare la pena per altri reati. Il giudice di merito ha aggiunto che il P. era stato condannato con sentenza confermata in appello anche per altri reati commessi in stretta contiguità temporale con la rapina del (OMISSIS) (due rapine realizzate il (OMISSIS) e una tentata rapina del (OMISSIS) successivo e i connessi reati di porto ingiustificato di taglierino e di ricettazione di autovettura) e che dal suo certificato penale risultavano numerose condanne per violazioni (rissa nel (OMISSIS); quattro rapine e due sequestri di persona nel (OMISSIS); ricettazione, falso e tentato furto continuati nel (OMISSIS);

furto, violazione delle norme sull’uso delle carte di credito e lesione personale nel (OMISSIS)) "che, per gravità, numero e progressiva intensificazione, sono immediatamente illustrative dell’inaffidabilità e della sostanziale incapacità di auto contenimento" dell’appellante, il quale aveva perseverato anche in epoca recente nella condotta antigiuridica nonostante le precedenti esperienze giudiziarie e i benefici concessigli per favorire il suo recupero sociale (era stato ammesso in prova al servizio sociale nel 2003, ma il beneficio revocato nell’anno successivo, e, ancora una volta, nel 2005). Nè il Tribunale ha mancato di sottolineare che l’ammissione di responsabilità non poteva essere considerata indicativa di resipiscenza, essendo la confessione intervenuta poco prima che si procedesse, nelle forme dell’incidente probatorio, a ricognizione di persona e quando l’imputato era a conoscenza della solidità degli elementi di accusa emersi a suo carico. In tale contesto caratterizzato, al di là dell’esigenza di procurarsi denaro per acquistare sostanze stupefacenti, anche da manifestazioni non remote di "un proposito criminoso di per sè già radicato e intenso", il Tribunale ha ritenuto – con motivazione logicamente coerente – che il pur apprezzabile percorso carcerario e la predisposizione del programma di recupero dallo stato di tossicodipendenza, programma che peraltro prevedeva varie occasioni di socialità e di relazione con l’esterno, non fossero sufficienti ad attenuare l’eccezionale rilevanza del pericolo di ricaduta nella condotta criminosa.

Le conclusioni del Tribunale circa l’infondatezza dell’appello proposto dal P. sono particolarmente approfondite e immuni da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere l’ordinanza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Le doglianze del ricorrente, fondate essenzialmente sulla pretesa lontananza nel tempo degli elementi posti a sostegno del giudizio negativo sulla sua personalità, sono del resto manifestamente infondate, poichè il Tribunale ha preso in considerazione manifestazioni concrete di condotta delinquenziale dell’imputato anche recenti, e comunque tendono, in maniera del tutto generica, a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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