Cons. Stato Sez. IV, Sent., 05-01-2011, n. 24 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- Con ricorso al TAR Lombardia n. 3000 del 2004, le società M. e C.T., proprietarie di terreni posti nel Comune di Olgiate Comasco, esponevano quanto segue.

I predetti terreni furono inizialmente oggetto di un piano di recupero (approvato con delibera commissariale n. 6 del 10.1.1992), in cui si prevedeva la realizzazione di fabbricati destinati alle attività connesse ad azienda agricola.

Successivamente, con le deliberazioni nn. 103 del 19.12.2000 e 14 del 27.3.2001, veniva disposta una variante al PRG finalizzata alla realizzazione, sulla predetta proprietà, di un insediamento produttivo, con correlato mutamento della destinazione dell’area da agricola in industriale.

Tuttavia, successivamente, il Consiglio comunale modificava il proprio orientamento e con un ulteriore atto (delib. n. 46/2001) procedeva a revocare le delibere di variante; il provvedimento veniva annullato in sede giurisdizionale (sent. TAR n. 3684/2003), per violazione dell’art 7 della legge n. 241/90, sull’avviso di procedimento.

Infine, il Comune riattivava il procedimento, pervenendo (delibera consiliare n. 10 del 22.3.2004) alla revoca delle precedenti deliberazioni (nn. 103/2000 e 14/2001) di variante al PRG finalizzata alla realizzazione di un insediamento produttivo, ripristinando così la destinazione agricola delle aree; a sostegno del provvedimento venivano illustrate ragioni di carattere paesaggistico ed ambientale.

Avverso la revoca le società esponenti, proponevano il ricorso al TAR (n. 3000/2004), formulando le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 97 Cost.; difetto di imparzialità; violazione dell’art 3 L. 241/90; difetto di motivazione – eccesso di potere per incoerenza e sviamento sotto altri profili: le ragioni poste a fondamento della scelta sono apodittiche e prive di oggettivi riscontri, oltre che contraddittorie. Sull’area non grava alcun vincolo e quindi il riferimento alla prevalenza della tutela dell’ecosistema rispetto all’interesse sociale ed economico è illogico;

2) eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione, per erronea valutazione dei presupposti e contraddittorietà;

3) violazione dell’art 10 L. 241/90 – difetto di istruttoria, motivazione e sviamento; nel provvedimento manca l’indicazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione ad una differente scelta urbanistica.

Il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso con la sentenza n. 6162/2008.

2.- Nelle more del giudizio di cui sopra, la Società C. (in data 14.3.2007) presentava allo Sportello unico (SUAP) per le imprese del Comune di Olgiate Comasco una domanda, ex art. 5 DPR 445/98, per la realizzazione, sulle aree in questione, di due capannoni per l’esercizio della propria attività (uno ad uso industriale e l’altro ad uso magazzino), interventi entrambi comportanti la contestuale variazione dello strumento urbanistico.

Il Comune, non essendovi la conformità urbanistica, convocava la Conferenza di servizi prevista dalla legge, i cui lavori si svolgevano nelle sedute del 26.7.2007 e 27.9.2007; gli enti partecipanti esprimevano parere positivi, ad esclusione del Comune di Lurate Caccivio e della Provincia di Como.

In particolare il primo rilevava la ricadenza di una via interessata dal progetto all’interno del PLIS (Parco locale di interesse sovra comunale), mentre la Provincia constatava il contrasto degli interventi con il PTCP, in quanto comportanti la trasformazione permanente di aree aventi carattere faunistico e paesaggistico.

La Conferenza respingeva quindi l’istanza progettuale ai sensi dell’art. 97 della legge regionale n. 12/05, per incompatibilità con il P.T.C.P..

2.1 – Avverso il provvedimento di reiezione, parte ricorrente proponeva un ulteriore impugnativa, costituta da un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, articolando le seguenti censure:

– violazione dell’art. 97 Cost.; difetto di motivazione e sviamento; incompetenza: la Conferenza non avrebbe svolto una valutazione autonoma sui contrapposti interessi, limitandosi a recepire acriticamente il parere del rappresentante della Provincia;

– violazione dell’art. 97 Cost. sotto altro profilo: le ragioni del dissenso espresse dalla Provincia non interesserebbero alcuna delle previsioni prescrittive del PTCP;

– violazione dell’art, 14 quater L. 241/90 in relazione all’art. 7 L.R. 1/05; in quanto il dissenso della Provincia avrebbe dovuto portare alla prosecuzione del procedimento ai sensi dell’art. 14 quater, demandando la decisione al Presidente della Regione;

– violazione dell’art. 14 quater L. 241/90 e art, 7 L.R. 1/05: avendo il Comune di Lurate Caccivo espresso un parere negativo su un aspetto che non costituiva oggetto della conferenza;

violazione dell’art. 10 ter L. 241/90, in quanto non è stato rispettato il termine per eventuali controdeduzioni.

2.2. – Il Comune di Olgiate Comasco chiedeva la trasposizione al TAR Lombardia del ricorso straordinario; il Tribunale, assorbite le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle Amministrazioni resistenti, respingeva nel merito anche questo secondo ricorso n. 875/2008, con la sentenza n. 6161/2008.

3.- Le società C. e La M. hanno impugnato entrambe le epigrafate sentenza con distinti atti d’appello, affidati ai motivi rispettivamente trattati nel prosieguo dalla presente decisione.

4.- Si è costituito in entrambi i giudizi il Comune di Olgiate Comasco; nell’appello avverso la sentenza n. 6161/2008 si è costituito anche il Comune di Lurate Caccivio.

Entrambe le amministrazioni hanno resistito ai gravami, esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.

5.- Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2010 i ricorsi sono stati discussi e trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

1.- Evidenti elementi di connessione permettono al Collegio di riunire gli appelli in trattazione, al fine di rendere sui medesimi un’unica pronunzia.

2. Il primo appello (n. 7105/2009), che domanda la riforma della sentenza n.6162/2008, controverte di un provvedimento di revoca di precedente variante al PRG, la quale aveva conferito all’area di proprietà delle appellanti la destinazione ad uso industriale; per effetto della revoca, ai terreni interessati è stata nuovamente impressa l’originaria destinazione agricola.

2.1 – Il primo mezzo d’appello deduce l’erroneità della sentenza impugnata sotto diversi aspetti.

2.1.1 – La pronunzia è criticata anzitutto ove ha ritenuto sufficiente e ragionevole la motivazione posta a sostegno della revoca della variante; ad avviso delle appellanti il provvedimento difetterebbe di una motivazione specifica, necessaria in quanto la variante non avrebbe carattere generale ma si riferirebbe ad uno specifico terreno.

In tal caso, come emerge dalla giurisprudenza, si configurerebbe un onere di maggiore specificità della motivazioni, dovendo essere indicate le ragioni di pubblico interesse che giustificano la revoca e dovendo altresì sussistere i presupposti richiesti dall’art. 21quinquies della legge n. 241/1990; nel caso in esame, invece, il Comune si sarebbe limitato ad addurre generiche ragioni di interesse pubblico relative alla tutela del paesaggio ed all’opportunità di conservare la destinazione a verde. Le censure testè riassunte non possono essere accolte.

La sentenza contestata ha ritenuto la delibera di revoca sufficientemente motivata in quanto:

– " l’area interessata fa parte di un "più vasto sistema ambientale connotato dalla presenza di un’incisione valliva paesisticamente rilevante e da un intorno agricolo e boschivo ecologicamente significativo"";

– " l’Amministrazione ha compiuto "nuove valutazioni di carattere paesistico", anche in occasione di uno studio per la realizzazione di una discarica di inerti in un’area adiacente, ritenendo le aree in questione meritevoli di salvaguardia per il loro pregio ambientale, stante la collocazione all’interno di un corridoio verde ";

– il predetto interesse "è da considerarsi prevalente rispetto a quello di ricollocare l’industria esistente, poiché alla ragione di tutela paesistica si affianca anche la necessità di tutelare il verde agricolo e la non opportunità di attivare un nuovo comparto per insediamenti industriali in detta zona".

– l’onere motivazionale è stato quindi compiutamente assolto, avendo l’Amministrazione indicato le ragioni della diversa scelta compiuta.

Sul piano dei principi, il TAR ha poi ricordato che in materia di motivazione delle scelte urbanistiche è pacificamente affermato che:

– " "l’amministrazione, nell’esercitare il potere pianificatorio ad essa attribuito, non è tenuta ad esternare in modo puntuale le ragioni delle proprie scelte, essendo sufficiente una ragionevole e coerente giustificazione delle linee portanti della pianificazione; né sussiste l’obbligo per l’amministrazione di motivazione specifica ed analitica per le singole zone innovate, salva la necessità di una congrua indicazione delle diverse esigenze che si sono dovute conciliare e la coerenza delle soluzioni proposte con i criteri tecnico- urbanistici stabiliti per la formazione del piano regolatore" (ex plurimis Consiglio Stato, sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4712);

– "la necessità di una puntuale motivazione viene richiesta negli specifici casi in cui siano sorte qualificate aspettative sulla base di preesistenti accordi di lottizzazione, di giudicati di annullamento, di dinieghi di concessioni edilizie e di situazioni di analoga qualificazione", situazioni che nella fattispecie non sussistono.

Le censure dell’appellante, rivolte avverso tali statuizioni, sono infondate.

Al riguardo la Sezione rileva che quanto ritenuto dal TAR corrisponde ai principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza in tema di pianificazione urbanistica e di effetti conformativi del diritto di proprietà.

In particolare è stato ritenuto satisfattivo sotto il profilo del pubblico interesse quel provvedimento pianificatorio che indica a motivazione ed obiettivo una tutela del paesaggio e dell’ambiente attraverso la conservazione del verde agricolo, presentando quest’ultimo caratteristiche in piena sintonia col paesaggio, in quanto componente oggettiva del medesimo (per il principio Cons. di Stato, sez. IV, n. 4667/2009).

Correttamente pertanto il primo giudice ha individuato nella stessa destinazione agricola "una valenza conservativa dei vincoli naturalistici, assumendo la funzione di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano", richiamandosi inoltre all’indiscusso valore costituzionale fondamentale della tutela del paesaggio (art. 9 Cost.).

Se si considera poi che le motivazioni poste a sostegno della revoca del precedente atto pianificatorio hanno condotto al ripristino di destinazione agricola che già preesisteva, osserva la Sezione che (a differenza di quanto sostenuto dalle appellanti) la fattispecie provvedimentale in esame viene a collocarsi pienamente nell’ambito dell’art. 21quinques della legge n. 241/1990, integrando evidentemente l’ipotesi di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, rinnovata alla luce di esigenze di tutela ambientale che, in tutta evidenza, non erano state precedentemente considerate,

In questo quadro, poi, non assume rilievo il fatto che la revoca abbia ad oggetto solo le aree in questione e non si inserisca in una nuova è più ampia pianificazione territoriale; ed invero, come la variante di PRG finalizzata a mutare la destinazione urbanistica può riguardare aree delimitate (come accade per i piani di recupero), o anche singole aree individuate per interventi tesi a favorire iniziative imprenditoriali, altrettanto appare logico possa accadere per la sua revoca, la quale non deve perciò essere necessariamente accompagnata da una pianificazione che riguardi ambiti territoriali ben più vasti rispetto alla singola area che risulti interessata.

2.1.2 – Estranea a questi aspetti è poi l’altra questione, richiamata dalle censure in esame, sulla sussistenza (negata dalla difesa comunale) di una situazione giuridica qualificata in titolarità delle appellanti e ritenuta preclusa dalla mancata approvazione regionale delle delibere di variante poi revocate.

Confermato sul punto che anche gli atti di adozione degli strumenti urbanistici possono risultare lesivi e quindi impugnabili (v. ex multis, Cons di Stato, sez. VI, n. 6016/2002), va ricordato che la sentenza gravata non ha respinto il ricorso sulla base dell’insussistenza delle posizioni azionate dalle ricorrenti a fronte del procedimento pianificatorio, ma vagliando la legittima incisione delle stesse sotto il profilo sostanziale della necessaria motivazione che deve assistere la scelta di pianificazione che venga a sacrificare le aspettative del privato.

2.1.3 – Senza fondamento, infine, sono anche le censure formulate con riferimento agli strumenti urbanistici intervenuti a livello regionale (PTPR) ed a livello provinciale (PTCP), i quali, secondo le appellanti, non recherebbero alcuna particolare tutela dell’area in argomento ed idonea a giustificare la contestata revoca della sua destinazione industriale.

Ed invero nessuno dei due atti poteva costituire parametro di valutazione della revoca: non il primo (PTPR), poiché remittente ogni determinazione al Piano provinciale; non il secondo (PTCP), poiché emanato (delib. c.p. 2.8.2006) successivamente alla revoca di cui si controverte.

2.2.- Va ora esaminata la seconda doglianza d’appello, che deduce l’erroneità della sentenza ove ha ritenuto insussistente la violazione dell’art. 10 L. 241/90, concernente il dovere di esaminare le osservazioni presentate dai soggetti interessati dalla pianificazione.

Le appellanti avevano lamentato, in particolare, il mancato esame dell’osservazione che aveva evidenziato come la previsione di piano ripristinata per effetto della revoca (uso agricolo mediante insediamento di stalle e capannoni per allevamento bestiame) fosse più inquinante rispetto a quella di un moderno stabilimento tessile, ed evidenziando altresì come il rigetto dell’osservazione non fosse stato supportato da idonea motivazione.

Il TAR ha sul punto sinteticamente rilevato che le osservazioni pervenute da parte ricorrente sono state esaminate nei lavori preparatori e in tutto il procedimento.

Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

Il Comune ha trattato espressamente l’osservazione in parola (v. p.7, punto "a", delle premesse della delibera di revoca), esprimendo su di essa un giudizio di segno opposto, vale a dire valutando in via generale l’attività industriale più inquinante di quella agricola; l’omesso esame delle osservazioni, quindi, non sussiste.

2.2.1 – Ma anche l’altro motivo sollevato, ed inerente il rigetto dell’osservazione con motivazione ritenuta inidonea, non ha fondamento; ed invero, mentre l’osservazione sottoposta dalla società C. recava una valutazione quantitativa tra due attività ritenute entrambe inquinanti (industria ed allevamento bestiame), il Comune ha invece correttamente posto a confronto le potenzialità inquinanti dell’attività industriale (consentita dalla destinazione urbanistica poi revocata ed oggetto della proposta edilizia) rispetto alla destinazione agricola dell’area, la quale concettualmente esclude qualsiasi attività esercitata in forma inquinante, nella quale non può certo collocarsi l’allevamento del bestiame non praticato a livelli industriali.

E del resto l’obiettivo dell’Amministrazione era chiaramente quello di ripristinare la destinazione agricola e di conseguenza permettere solo quegli utilizzi dell’area con essa del tutto compatibili. L’osservazione, in sostanza, è stata respinta a termini dello stesso art. 10 della legge citata, risultando non pertinente ai termini da prendere in effettiva considerazione nell’esaminare il progetto di intervento.

2.3.- Conclusivamente l’appello n.7105/2009 deve essere respinto.

3.- L’appello n.7106/2009 è stato proposto avverso la sentenza TAR n. 6161/2008, la quale ha respinto il ricorso proposto in primo grado contro i seguenti provvedimenti:

– la determina prot. 28017 del 8.11.2007, con la quale il Responsabile dello Sportello Unico Imprese presso il Comune di Olgiate Comasco ha deciso di concludere con esito negativo il procedimento comportante la variazione degli strumenti urbanistici ai sensi dell’art. 5 DPR 447/1998, non autorizzando il progetto presentato dalla Società C. in data 14.3.2007 n. 7200;

– il verbale della seduta della Conferenza in data 22.9.2007, comunicato alla società il 9.11.2007, e il parere negativo ivi espresso dal rappresentante della Provincia di Como con riguardo alla compatibilità del progetto rispetto alle prescrizioni del vigente PTCP della provincia di Como, nonché della nota del SUAP dell’8.11.2007 di riscontro negativo alle osservazioni del ricorrente.

Si controverte in particolare della legittimità del provvedimento con il quale lo Sportello Unico del Comune appellato, nel porre termine al relativo procedimento, ha respinto l’istanza in questione, finalizzata a permettere (con le relative opere edilizie) l’insediamento, mediante contestuale variante al PRG, di nuovi stabilimenti industriali su un’area a destinazione agricola (E3), edificabile solo a fini agricoli.

3.1.- Il primo ordine di censure avversa la decisione impugnata ove, dirimendo il punto centrale della controversia, ha respinto il secondo motivo di ricorso; quest’ultimo argomentava l’illegittimità (per violazione dell’art. 97 della l. reg. n.12/2005) del deliberato dalla conferenza dei servizi sulla base della efficacia prescrittiva, individuata dal parere della Provincia in senso prevalente sullo strumento generale comunale (PGT), delle previsioni di tutela ambientale recate dallo strumento di livello provinciale (PTCP); in particolare la tesi del primo giudice sarebbe errata perché:

– le prescrizioni vincolanti in materia ambientale da parte del PTCP, che prevalgono su quelle generali, sono solo quelle attuative del Piano paesistico regionale (art. 18 l.reg. n.12/2005), il quale tuttavia non pone nessun vincolo o prescrizione sull’area;

– l’area non subirebbe vincoli ad opera del PTCP, in quanto, come ammesso dallo stesso TAR, è solo contigua alla zona oggetto di protezione ("rete ecologica") e quindi esterna ad essa e comunque non è oggetto di alcuna altra prescrizione tra quelle indicate dall’art. 18 della citata legge regionale;

– l’area si colloca tra quelle esistenti e previste ove, ai sensi dell’art. 58,c.2, del PTCP, continuano ad aver efficacia le disposizioni di PRG;

– il parere reso dalla Provincia di Como, comunque, non conterrebbe alcun giudizio di incompatibilità dell’intervento proposto, ma si limiterebbe a denunziare carenze istruttorie del procedimento compiuto sul punto.

Al riguardo, e muovendo da quest’ultimo aspetto, si osserva che la Provincia di Como, in sede di conferenza dei servizi, ha espresso "valutazione negativa di compatibilità dell’intervento col PTCP" ed ha conseguentemente fatto applicazione dell’art 97, della citata legge regionale, per il quale non sono approvati i progetti che rechino elementi di incompatibilità con le prescrizioni del richiamato Piano provinciale.

Ma il parere in questione, che risulta sostenuto da argomentazioni molto dettagliate, permette di rilevare che le indicate carenze istruttorie non sono riferite affatto alle verifiche di competenza della Provincia, ma essenzialmente alla posizione del Comune che, in sede di conferenza di servizi non avrebbe apportato sulla questione elementi utili, peraltro già emersi nella sede di elaborazione dello strumento di pianificazione generale; in realtà, sotto il profilo ora rilevante, il parere di competenza della Provincia risulta estremamente preciso sulle ragioni di incompatibilità paesaggisticoambientale dell’intervento, pervenendo alla conclusione che "la significativa portata del progetto in esame, 40.000 mq -140.000 mc e la destinazione funzionale produttiva compromettono irreversibilmente i luoghi dal punto di vista paesisticoambientale".

E’ quindi infondata sia la censura sulla carenza del parere provinciale, sia, conseguentemente, quella di illegittimità derivata del diniego espresso dal SUAP che su di esso si è fondato.

Il Collegio ritiene altresì infondate le doglianze tese a dimostrare come le disposizioni del PTC non precludessero la realizzazione dell’intervento negato dal provvedimento SUAP.

E’ vero che la natura prescrittiva prevalente sugli altri strumenti, come argomentano sia la sentenza che l’appello, è stata attribuita dalle norme del PTCP con il sistema della sottolineatura e che a questa risulta in effetti estranea dal punto di vista cartografico l’area in questione; ma a ben vedere il parere della Provincia, dopo aver affermato la utilità ambientale della destinazione agricola anche delle aree contigue, ha paventato la irreversibile compromissione dei luoghi dal punto di vista paesisticoambientale senza far riferimento a specifici vincoli imposti sull’area dal PTCP e tanto meno dal PPR.

Valutando l’intervento proposto, la Provincia di Como ha invece fatto sostanziale applicazione dell’art. 11 del PTCP, il quale, nell’indicare le componenti essenziali della rete ecologica, menziona anche zone che pur non essendo cartograficamente comprese nella rete, presentano elementi di continuità a strumentali con le altre che della rete fanno invece parte.

Questa "estensione" dell’ambito di tutela, operata dall’art. 11 NTA del PTCP, assume perciò una valenza ostativa per tutti quegli interventi edilizi volti ad un uso del suolo ad essa non conforme. Il contestato provvedimento del SUAP, nel recepire il parere negativo, conferma il diniego di intervento edilizio, e di correlata variante al PRG, motivato con la lesione che, per natura e dimensioni, l’intervento proposto arreca agli interessi paesaggisticoambientali, interessi tutelati quindi non dalla mera destinazione agricola (e ad edificazione solo ad uso agricolo) conferita all’area dallo strumento generale ma da speciali strumenti urbanistici intervenuti a specificazione della funzione paesaggisticoambientale dell’area stessa.

Del resto gli effetti testé evidenziati dell’art. 11 della NTA del PTCP sono conformi al dettato dell’art. 18, lett. B, della legge regionale n.12/2005, ove si prevede l’individuazione di ambiti agricoli definiti strategici, situazione nella quale la stessa disposizione prevede espressamente la prevalenza del PTCP sullo strumento generale.

In sintesi, i rilievi sin qui svolti permettono di respingere tutte le censure sostanziali formulate, poiché la tutela paesaggisticoambientale, in quanto finalizzata alla protezione di una bellezza di insieme, non esclude, anzi spesso comporta, che essa abbia oggetto anche aree che, pur non essendo gravate da specifici vincoli apposti con espliciti provvedimenti amministrative o derivanti ex lege, contribuiscono cionondimeno alla tutela complessiva dell’interesse protetto, specialmente da uno strumento specifico quale il PTCP.

Il parere reso dalla Provincia di Como, e per derivazione il provvedimento SUAP che lo ha recepito, sono pertanto esenti dai vizi denunciati in primo grado e sin qui esaminati.

3.2.- Avverso la sentenza ed il provvedimento SUAP l’appello svolge però anche censure di natura procedimentale (terzo mezzo di ricorso).

3.2.1 – Si sostiene "in primis" l’ erroneità della reiezione del primo motivo, che argomentava la violazione dell’art. 97 della legge n. 12/05 per essersi la conferenza dei servizi limitata a recepire, dandogli valore ostativo, il parere negativo della Provincia di Como, senza precedere ad una contestuale valutazione degli interessi pubblici coinvolti, come previsto dall’art 14, comma 1, della legge n. 241/1990.

Al riguardo i primi giudici hanno respinto la censura evidenziando invece che la Conferenza di servizi è un modulo volto all’accelerazione dei tempi procedurali di acquisizione dell’avviso di tutte le amministrazioni interessate, ma non si identifica con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti, sicché l’avere il provvedimento finale recepito il parere negativo della Provincia della Conferenza ed addotto come ragione ostativa all’accoglimento della domanda non contrasta con la disciplina procedimentale della Conferenza recata dall’art 14ter della legge n. 241/1990.

Il Collegio ritiene la doglianza infondata poiché, oltre a contrastare con il modello evidenziato dal TAR con riferimento alla legge statale n. 241/1990 (ed applicabile nelle sue disposizioni generali anche alla Conferenza disciplinata a livello regionale), collide con l’ art. 97 della citata legge regionale lombarda per il governo del territorio, sotto un più specifico aspetto; la norma, infatti, oltre a disporre la obbligatoria partecipazione alla Conferenza della Provincia ai fini della valutazione della compatibilità del progetto con il proprio piano territoriale di coordinamento, prevede direttamente la non approvazione dei progetti per i quali la Conferenza di servizi rilevi elementi di incompatibilità con previsioni prevalenti del PTCP o del PTR, confermando quindi, seppur implicitamente, che la Conferenza può recepire detto parere negativo.

3.2.2 – Con l’ulteriore motivo, le appellanti assumono la violazione dell’art. 7, comma 18, della legge regionale n 1/2005, poiché le negative valutazioni sotto il profilo paesaggistico ambientale, espresse dalla Provincia di Como in sede di Conferenza dei servizi, non potevano legittimamente condurre ad una determinazione negativa del SUAP (come dal verbale 27.9.2007), dovendosi promuovere l’intervento decisivo del Presidente della Regione a norma della disposizione invocata. Inoltre la doglianza evidenzia che un precedente orientamento di questo Consiglio (sez. VI n. 4568/2003) ha affermato, in tema di art. 14ter, l’obbligo di rimessione all’autorità politica (in quel caso, trattandosi di livello statale, al Presidente del Consiglio dei Ministri).

Il TAR ha invece ritenuto che l’art. 7 della legge regionale n.1/2005 debba essere coordinato con l’art. 97 della L.R. 12/05, che pone la disciplina dello Sportello unico per le attività produttive e prevede il rigetto dei progetti per i quali si rileva la incompatibilità con previsioni prevalenti del PTCP; il giudice di primo grado ha in particolare affermato che detta disposizione ha natura speciale rispetto alla disciplina generale sia della legge statale n. 241/1990 che della legge regionale n.1/05, ed esclude perciò che sia demandata ad un organo diverso dalla Provincia la valutazione sulla compatibilità con il PTCP.

Il mezzo che lamenta la mancata rimessione degli atti della conferenza al Presidente della Regione, è fondato.

Dispone l’art. 7, c.18, della legge regionale n. 1/2005: "Nel caso di dissenso espresso da amministrazioni non statali preposte alla tutela ambientale, paesaggisticoterritoriale, del patrimonio storicoartistico o alla tutela della salute, il responsabile del procedimento rimette gli atti della conferenza al Presidente della Regione, che decide con decreto entro i successivi trenta giorni". Alla tesi della specialità dell’art. 97 rispetto all’art. 7, svolta dal TAR per negare la necessità dell’intervento del Presidente della Regione, osta semplicemente il fatto che il secondo prevede esplicitamente, in caso di dissenso da parte dell’amministrazione preposta, la remissione al Presidente della Regione, mentre l’art. 97 non prevede alcuna norma procedimentale di questo tipo, limitandosi a disporre che " Non sono approvati i progetti per i quali la conferenza di servizi rilevi elementi di incompatibilità con previsioni prevalenti del PTCP o del PTR".

Ciò permette di affermare esattamente il contrario di quanto ritenuto dal TAR, cioè di ritenere che è l’art. 7, comma 18, ad assumere carattere di specialità rispetto all’art. 97, anche tenuto conto del fatto che il primo reca una disciplina di dettaglio del funzionamento della conferenza dei servizi. Della pronunzia è certamente apprezzabile il ragionamento che individua nella legge n.12/2005 (regolante la gestione del territorio), un principio di codecisione tra enti equiordinati che esclude un rapporto di rigida gerarchia tra gli stessi, per cui la Regione non può sostituirsi alla Provincia nell’esercizio di una attività propria di questa; ma nella fattispecie normativa che viene in rilievo il Collegio osserva che l’intervento del Regione, per mezzo del suo Presidente:

– si inserisce "iussu legis", come emerge dal tenore della disposizione che recita "rimette" e non è quindi superabile mediante una diversa interpretazione della norma;

– non ha natura sostitutiva del parere della Provincia ma della determinazione definitiva del SUAP, stabilendo che detto organismo, e non la Provincia, deve rimettere gli atti della Conferenza dei servizi al Presidente, nel caso sopra richiamato;

– ha la funzione di valutare le diversità di giudizio emerse in sede Conferenza, risultando peraltro coerente con il principio generale dell’ordinamento regionale che in effetti delinea e legittima la funzione di coordinamento (e non di sovraordinazione gerarchica) che l’ente Regione esplica nei confronti dei vari livelli in cui si articola la pianificazione urbanistica subregionale.

Ed invero, ricordato che il procedimento di cui si controverte (art. 5 DPR n.447/1998) conduce ad una variante dello strumento urbanistico, non può sottacersi che la stessa legge regionale lombarda n. 12/2005 affida alla Regione:

– la definizione di indirizzi di pianificazione (art. 1);

– l’emanazione del il Piano di governo del territorio regionale (art.7), comprendente la definizione delle modalità per la pianificazione comunale;

– la valutazione ambientale dei piani (art. 4).

Il fatto poi, pure richiamato dal TAR per negare la remissione degli atti al Presidente della Regione, che nel procedimento in parola la concessione in deroga e la variante dello strumento urbanistico non sono atti dovuti, ma costituiscono piuttosto oggetto di esercizio di poteri discrezionali (di comparazione con molteplici altri interessi, quali quello urbanistico, edilizio, paesistico, ambientale), collima con la scelta normativa di rimettere ad un organo della Regione nell’ipotizzato le determinazioni finali sulla proposta di edificazione e variante dello strumento generale in rapporto agli interessi ambientali.

3.3- Non è invece utile a confermare la necessità di rimessione il precedente ed invocato orientamento di questo Consiglio (sez. VI n. 4568/2003), che l’ha infatti affermata in una diversa fattispecie, poiché riferita ad autorità non regionale ma statale (il Presidente del Consiglio dei Ministri), e soprattutto con riguardo ad un caso in cui gli interessi ambientali rappresentati nella Conferenza dei servizi erano risultati in minoranza; nel caso in esame, al contrario, essi hanno visto il pieno recepimento del parere negativo da parte del verbale finale reso dalla Conferenza dei servizi, poi recepito dal SUAP.

3.4- In conclusione, ferma restando la legittimità sostanziale del parere espresso dalla Provincia e del verbale della Conferenza in data 22.9.2007 che lo ha assunto (atti in ordine ai quali l’appello va respinto), il contestato provvedimento finale reso dal SUAP è da ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 7, c.18, della legge regionale lombardia n. 1/2005, che imponeva la remissione degli atti, da parte del SUAP, al Presidente della Regione Lombardia.

Il gravame n.7105/2009 deve pertanto essere accolto.

3.5 – Ne consegue la riforma sul punto della sentenza, con conseguente annullamento della determinazione SUAP e necessità di rinnovare il procedimento, sottoponendo il deliberato finale della conferenza dei servizi (22.9.2007) al Presidente della Regione, per le valutazioni definitive, ai sensi dell’art. 7 della legge regionale della Lombardia n. 1/2005.

4.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese dei due giudizi d’appello, attesa la reciproca soccombenza delle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito ai ricorsi in epigrafe, e previa riunione dei medesimi:

1- respinge l’appello n.7105/2009;

2- accoglie in parte l’appello n.7106/2009 e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata ed accoglimento del ricorso di primo grado, annulla il provvedimento SUAP n.28017/2007 del Comune di Olgiate comasco, fatto salvo il poteredovere dell’Amministrazione comunale di rinnovare il procedimento nei termini di cui in motivazione;

3.- dichiara, per entrambi i ricorsi in appello, interamente compensate tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *