Cons. Stato Sez. IV, Sent., 05-01-2011, n. 16 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. – Con il ricorso in epigrafe L.M. s.a s. ha chiesto la revocazione, ex art. 395, n. 4, c.p.c., della decisione di questo Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5811 del 25 novembre 2008, con la quale, in riforma parziale della sentenza del TAR per il Veneto, Sezione II, n. 3187 del 2007, ha accolto il ricorso di primo grado n. 3400 del 2004 del condominio C.S.A., quanto al solo petitum di annullamento della delibera consiliare del Comune di San Michele al Tagliamento n. 92 del 28 settembre 2004, mentre ha confermato la stessa sentenza, quanto al ricorso di primo grado n. 863 del 2005,..

I motivi articolati in relazione alla presente domanda di revocazione sono così rubricati:

– violazione dell’art. 395, n. 4, c.p.c. per l’errore commesso dal giudicante nell’individuazione del soggetto legittimato all’appello;

– violazione dell’art. 395, n. 4, del c.p.c. per la svista caduta sulla delibera consiliare n. 92 del 2004.

Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di San Michele al Tagliamento, sia il Condominio C.S.A.); ed è intervenuto ad opponendum l’H.P. s.r.l.; con apposite memorie hanno eccepito dette parti l’inammissibilità della proposta revocazione, controdeducendo, comunque, anche nel merito.

Con due memorie parte ricorrente ha, a sua volta, resistito alle avverse deduzioni, ribadendo, conclusivamente, le ragioni per le quali sarebbe ammissibile e fondato il proprio ricorso in revocazione.

Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2010 il ricorso in epigrafe è stato rimesso in decisione.

2. – La controinteressata C.S.A.) ha eccepito che il ricorso in epigrafe sarebbe inammissibile per carenza di legittimazione attiva e per difetto di interesse della ditta L.M. a promuovere il ricorso in revocazione in esame.

Dall’esame di detta eccezione ritiene il Collegio, però, di poter prescindere, essendo ben vero inammissibile la revocazione in esame, ma per altre considerazioni che di seguito vengono precisate.

3. – In linea generale, osserva il Collegio che costituisce avviso pacifico della giurisprudenza di questo Consiglio, da tempo ormai risalente, che, ex art. 395, n. 4, del codice di procedura civile, l’errore di fatto che può dar luogo a revocazione è soltanto quello che deriva da un’errata od omessa percezione del contenuto materiale degli atti di giudizio e cioè dal c.d. "abbaglio dei sensi", consistente nella supposizione di un fatto la cui verità sia incontrastabilmente esclusa, o nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia, invece, positivamente stabilita: in breve, un fatto che abbia indotto l’organo giurisdizionale a decidere sulla base di un falso presupposto (cfr. tra le più recenti, C.d.S., sez. VI, 4 ottobre 2005, n. 5298 e sez. IV, 25 luglio 2003, n. 4246).

Osserva, altresì, che costituisce avviso pacifico anche della Corte di Cassazione che l’errore rilevante ex art. 395, n° 4, presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti l’uno dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, che non è configurabile nell’ipotesi di erronea individuazione, nella sentenza, della norma applicabile al caso concreto, integrandosi, in tal caso, un errore di diritto (cfr. ad es. SS.UU. civili n. 9882 del 20 luglio 2001) e che l’errore stesso non può mai cadere, per definizione, sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, sia perché le argomentazioni giuridiche non possono costituire "fatti", sia perché un tale errore non può mai essere qualificato come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa del Giudice (cfr. ad es. Cass. n. 6198 del 22 marzo 2005).

Orbene, alla stregua di tale giurisprudenza, che il Collegio condivide, non possono non dichiararsi inammissibili entrambi i motivi di revocazione proposti dalla ricorrente Società per le seguenti specifiche ragioni.

3.1 – Con il primo motivo parte ricorrente imputa, in effetti, al giudicante di aver malamente inteso e valutato quale fosse l’effettiva posizione legittimante all’appello laddove, pur avendo evidenziato correttamente nella motivazione come la delibera consiliare impugnata (n. 92 del 2004) avesse incidenza sulle posizioni soggettive di ciascun proprietario delle aree comprese nel comparto individuato nel 1993, non avrebbe poi tratto l’unica conseguenza giuridicamente possibile di inammissibilità dell’appello, siccome proposto dal solo Amministratore del Condominio, pur non essendo investito dal citato provvedimento impugnato alcun bene comune del Condominio.

A parere del Collegio, invece, deve escludersi l’errore di fatto revocatorio, potendosi, semmai, individuare nella specie null’altro che un mero error in judicando, non emergendo dagli atti alcun fatto che, essendo oggettivamente tale e rilevante nel caso deciso, possa costituire presupposto certo del c.d. "abbaglio dei sensi" in cui sarebbe incorso il Giudicante.

A ben vedere, infatti, la questione affrontata e risolta con la sentenza impugnata è di puro diritto, risolvendosi nell’accertamento dell’ambito dei soggetti legittimati all’appello in ragione della riconosciuta autonoma capacità lesiva della delibera consiliare del Comune di San Michele al Tagliamento n. 62 del 2004 degli interessi del Condomio C.S.A.), capacità invero ritenuta dalla stessa sentenza ulteriore e diversa da quella propria della determinazione n. 274 del 1993, non impugnata. Come ben osserva, infatti, la difesa del citato Condominio è proprio sul presupposto dell’avvenuta lesione degli interessi della collettività condominiale, legittimamente rappresentata, che il contestato Giudicante si è determinato per l’ammissibilità del ricorso, con la conseguenza che non è attribuibile allo stesso Giudicante alcun "abbaglio" o "svista" in quanto è chiaro che con le locuzioni utilizzate "…proprietari delle aree…" di comparto, ovvero "…i fondi del ricorrente…", la sentenza impugnata ha inteso riferirsi ai due contendenti iniziali ed attuali, e cioè al Condominio ricorrente di primo grado ed all’attuale appellante società L.M..

Può, dunque, ribadirsi che, sotto il profilo esaminato, il ricorso è inammissibile, non rinvenendosi nel caso in esame i presupposti necessari ex art. 295, n. 4, c.p.c., in disparte l’ulteriore rilievo formulato dal controinteressato Condominio che il denunziato errore di fatto, consistendo in null’altro che la mera reiterazione sostanziale di specifica eccezione formulata in primo grado dall’attuale appellante, disattesa dal Giudice territoriale nella propria sentenza n. 3187 del 2007 e non riproposta nel giudizio di appello conclusosi con la decisione oggetto di revocazione, renderebbe palese, per come proposto, inammissibile il mezzo processuale sperimentato anche per tale aspetto.

3.2 – Con il secondo motivo di revocazione, la ricorrente Società denunzia, sostanzialmente, che il Giudicante sarebbe incorso in errore nell’individuare la norma applicabile al caso esaminato, laddove non avrebbe colto "…la discendenza della deliberazione consiliare n. 92 del 2004 anche da una specifica disciplina speciale dettata nelle stesse N.T.A. del P.P. (art. 4, capo III), proprio per consimili provvedimenti…" e gli sarebbe sfuggita, dunque, "…una circostanza la quale avrebbe certamente potuto spostare l’esito della decisione…", tenuto conto che il vizio revocatorio atterrebbe "…ad un punto non controverso sul quale la decisione non ha pronunziato…".

Anche tale motivo deve essere disatteso, sempre alla stregua della citata e condivisa linea giurisprudenziale, essendo ancor più evidente come non si sia in presenza di alcun errore sul fatto, essendo stata proposta, sostanzialmente, con il motivo in esame una critica all’interpretazione privilegiata dal Giudice di appello delle norme urbanistiche regolanti la fattispecie.

Infatti, l’asserita "..svista…" in cui sarebbe incorso il Giudicante, laddove avrebbe "…obliati i riferimenti testuali all’art. 4, capo III, delle NTA al P.P…", così decidendo "…sulla supposizione, manifestamente erronea, che il Comune avesse fatto discendere la propria azione esclusivamente dalla norma di cui all’art. 18 della L.R. n. 61 del 1985 e che non esistesse una disciplina speciale all’interno delle stesse NTA, per procedere alla ridelimitazione del comparto operata con la delibera n. 92 del 2004…", è del tutto insussistente, trovando smentita nella puntuale ed articolata motivazione resa dal Giudice di appello (cfr. capo 6.1, in particolare pagg. 15 e 16) proprio in sede di interpretazione delle norme urbanistiche regolanti la fattispecie, ed in particolare proprio di quei riferimenti specifici delle NTA che il ricorrente ritiene "obliati".

Dunque, il motivo contiene soltanto una critica alla sentenza di appello, peraltro infondata, ma non anche l’allegazione di un vero e proprio fatto revocatorio sussumibile nell’ipotesi disciplinata dall’art. 395, n. 4, del c.p.c.

4 – In conclusione, il ricorso in revocazione in epigrafe deve essere dichiarato inammissibile, con attribuzione dell’onere delle spese del presente giudizio alla soccombente Società, nella misura indicata in dispositivo, in favore del Condominio C.S.A.), mentre le spese stesse vanno, invece, compensate con riferimento alle restanti parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la soccombente L.M. s.a.s., in persona del legale rappresentante in carica, al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 4.000,00 (euro quattromila e centesimi zero) in favore del Condominio C.S.A.).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *