Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-01-2011, n. 1498 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 15.4.1996 G.G. esponeva che, con preliminare del 16.12.1985, I.C. gli aveva promesso in vendita, per il prezzo di L. 80.000.000 interamente pagato, l’appartamento in corso di rifinitura della palazzina 16 del realizzando complesso turistico denominato (OMISSIS), sito al secondo piano fuori terra e con altra successiva scrittura del (OMISSIS), altro appartamento al piano seminterrato per il prezzo interamente pagato di L. 70.000.000:

aggiungeva che l’ I. si era impegnato alla consegna degli appartamenti liberi da pesi, rifiniti come in progetto, mentre le fabbriche non erano state realizzate compiutamente ed erano difformi dal progetto. Gli immobili erano gravati da pignoramento immobiliare e sequestro conservativo.

Chiedeva la risoluzione per inadempimento con condanna alla restituzione delle somme versate ed ai danni.

L’ I. contestava la domanda.

Espletata ctu, il Giudice unico del Tribunale di Catania, con sentenza 28.6.2000. dichiarava la risoluzione con condanna al pagamento di L. 150.000.000 oltre interessi e spese, decisione confermata dalla Corte di appello di Catania, con sentenza 118/2005, che escludeva la proposizione di nuove domande e di nuove eccezioni in appello nel c.d. nuovo rito e ribadiva la risoluzione per inadempimento e la liquidazione degli interessi.

Ricorre I. con tre motivi, resistono N.S., G.D., A., M.L., rispettivamente coniuge, figli ed unici eredi di G.G., deceduto il (OMISSIS), che hanno anche presentato memoria.

Motivi della decisione

Col primo motivo si denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè il mutamento improponibile della domanda si determina solo quando la diversa causa petendi dedotta in appello, essendo improntata su presupposti di fatto e situazioni non prospettate in primo grado, comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere e già in primo grado l’ I. aveva dedotto che non poteva parlarsi di suo inadempimento per vicende giudiziarie della IMCO (fallimento).

Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 1218 c.c., perchè l’inadempimento deve essere ritenuto incolpevole se ricorrono circostanze obiettivamente apprezzabili, tali da escludere la colpa.

Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1282 c.c., perchè la Corte di appello non poteva condannare alla corresponsione degli interessi, dato che l’utilizzo della somma si compensava con la disponibilità degli appartamenti, le censure non meritano accoglimento.

In ordine alla prima la Corte di appello, esaminando il primo motivo di impugnazione, ha rilevato che l’appellante, anche a voler convenire sul punto che non ricorresse una ipotesi di formale cessione ex art. 1406 c.c. (pronuncia sul punto passata in giudicato), aveva sostenuto che il suo adempimento dipendeva da quello dell’appaltatore, tesi denunziata come nuova dall’appellato, perchè in primo grado si era sostenuta la cessione del contratto, rigettata sotto il profilo della mancata adesione dell’appaltatore.

La stessa impostazione del ricorso nella sua premessa in fatto, pagina due, non esclude, anzi conferma, tale prospettazione (riferendosi che "lo I. resisteva alla domanda sostenendo che con i cennati preliminari egli aveva trasferito al G., in relazione ai due cespiti in oggetto, i diritti, le modalità, le condizioni ed i termini contrattualmente pattuiti con la impresa costruttrice soc. IMCO…" che, il G….si era sostituito integralmente a lui, con conseguente suo esonero da ogni responsabilità che non fosse quella relativa alla stipulazione del rogito notarile nel termine convenuto, cioè dopo il rilascio del certificato di abitabilità").

Donde l’infondatezza della censura, peraltro non autosufficiente non riportando compiutamente l’atto di appello, oltre che contestualmente rivolta ad invocare i vizi di cui all’art. 360, nn. 3 e 5, in violazione della necessaria specificità dell’impugnazione (Cass. 25.11.2008 n. 28066).

Comunque, la Corte di appello, alle pagine nove e dieci, ha dedotto che l’art. 345 c.p.c., nella nuova formulazione vieta la proposizione non solo di nuove domande, già prevista dalla normativa precedente, ma anche l’introduzione di nuove eccezioni, e tale è certamente quella sollevata dalla parte interessata a giustificare il proprio inadempimento nell’addurre l’esistenza di un termine, non ancora scaduto o di una condizione, non verificatasi per fatto addebitabile a terzi, che immette nel giudizio di appello un nuovo ambito di valutazione, ben diverso da quello esaminato dal giudice di primo grado, di cessione del contratto.

Il secondo motivo, a prescindere dalla genericità dell’esposizione che fa carico alla Corte di appello di non aver esaminato tutte le circostanze dedotte, nemmeno indicale, resta assorbito dal rigetto del precedente.

Va rigettato anche il terzo motivo perchè la Corte di appello ha escluso l’utilizzabilità degli immobili, privi del certificato di abitabilità, del sistema di depurazione delle acque e dell’allaccio alla rete elettrica (pagina undici della sentenza).

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4000,00, di cui Euro 3800,00 per onorari, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *