Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 05-01-2011, n. 2 Distanze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I signori La. sono proprietari di un terreno ubicato nel Comune di Acicastello, identificato in catasto al foglio n. 7, part. 230, sul quale i loro danti causa hanno realizzato lo scheletro di un edificio, in virtù del nulla osta rilasciato dal predetto Comune in data 29/9/1965.

A seguito del parere contrario reso dalla Soprintendenza, il Comune ha revocato il predetto nulla osta. I signori La. – divenuti medio tempore proprietari del terreno – hanno presentato un progetto di completamento della struttura, per il quale la C.E.C. ha espresso parere favorevole condizionato alla riduzione del fabbricato ed il Comune ha subordinato il rilascio della concessione edilizia al pagamento degli oneri di urbanizzazione (nota del 27/6/1984). A seguito di una vicenda contenziosa il Comune riesaminava il progetto e negava il rilascio della concessione edilizia, rilevando la violazione della fascia di rispetto del vincolo cimiteriale (nota n. 1649 del 12/6/1991).

Con istanza del 25/7/2002, i ricorrenti presentavano un nuovo progetto di ristrutturazione che, per la medesima ragione (insistenza dell’area interessata dai lavori sulla fascia di rispetto cimiteriale), veniva nuovamente respinto (nota n. 25905 del 11/12/2002).

Chiedevano, quindi, il riesame dell’istanza, rilevando di aver già conseguito parere favorevole da parte dell’Azienda USL n. 3 di Catania e che l’art. 28, comma 1° lett. b), della legge n. 166/2002 consente la riduzione delle fasce di rispetto cimiteriale a fini edificatori.

Con nota n. 21907 del 7/12/2005, il Comune respingeva la predetta istanza rilevando che "… il progetto, in considerazione del fatto che ricade all’interno del vincolo cimiteriale, a tutt’oggi, non può essere assentito in quanto trattasi di intervento che determina variazione significativa all’assetto urbanistico della zona e, quindi, in contrasto sia con le leggi sanitarie vigenti (T.U. norme sanitarie e L. n. 166/2000) sia con le previsioni di cui alle n. T.A. del P.R.G. vigente. In particolare l’istanza non risulta accoglibile né nell’ipotesi di intervento ex novo (aumento di carico urbanistico in vincolo cimiteriale), né nell’ipotesi di completamento della struttura, in quanto la preesistenza edilizia non risulta supportata, sin dall’origine, da alcun valido titolo giuridico, né del resto ricorrono le condizioni di sanabilità ex art. 36 T.U. edilizia che comportano la verifica di conformità, sia al momento della realizzazione dell’abuso, sia al momento della presentazione dell’istanza, condizioni che risultano ambedue non verificate…".

Con ricorso al T.A.R. Catania, i signori La. impugnavano il predetto provvedimento deducendo le censure di:

1) violazione di legge (art. 338 del R.D. n. 1565/1934) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e comportamento discriminatorio. La realizzazione dell’edificio rientrerebbe negli interventi urbanistici per i quali il Consiglio comunale, previo parere della competente azienda sanitaria, può consentire la riduzione della fascia di rispetto da 200 a 50 metri, considerato, altresì, che secondo il P.R.G. del Comune di Acicastello, il terreno dei ricorrenti è ubicato in zona B1 di completamento e che l’art. 38 delle n. T.A. prevede la procedura di riduzione del vincolo cimiteriale. Del resto, il Comune di Acicastello avrebbe rilasciato diverse concessioni edilizie per la realizzazione di edifici posti a distanza inferiore a 200 metri dal cimitero;

2) violazione dell’art. 10 bis per omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di riesame.

Hanno, quindi, chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria di spese ed il risarcimento del danno derivante dall’illegittimo operato del Comune intimato.

Il Comune di Acicastello si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, opponendo l’infondatezza del gravame, del quale, pertanto, chiedeva la reiezione.

Il T.A.R. adito, con sentenza n. 1571/09, respingeva il ricorso.

Avverso la suddetta sentenza, gli odierni ricorrenti hanno proposto l’appello in epigrafe, con il quale, sostanzialmente deducendo le medesime censure proposte dinanzi al T.A.R. Catania, hanno chiesto che, in riforma della sentenza appellata, vengano annullati i provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado, con la condanna del Comune resistente al risarcimento dei danni in favore degli odierni ricorrenti.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.

Con il primo motivo di ricorso gli odierni appellanti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, nel testo modificato dall’art. 28 della L. n. 166/2002, che consentirebbe la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale da 200 a 50 metri, anche ai fini dell’attuazione di un "intervento urbanistico", del tipo di quello relativo al progetto dagli stessi presentato.

Ai fini del decidere, pare opportuno richiamare le norme dell’art. 338, commi quarto, quinto, sesto e settimo, del citato R.D. n. 1265/1934, come modificate dalla legge n. 166/2002, recante modifiche al regime giuridico delle zone di rispetto cimiteriale. Dette norme stabiliscono che:

– "il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni: a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile prevedere altrimenti; b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari";

– "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali e di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre. All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457".

Il quadro normativo di riferimento, sopra riportato, afferma la sussistenza di una fascia di rispetto di 200 metri dal perimetro del cimitero, entro la quale sussiste un vicolo assoluto di svolgere qualsiasi attività di tipo edilizio.

Le disposizioni introdotte con la legge n. 166/2002 consentono all’ente locale di ridurre detta fascia di rispetto – che, comunque, non può essere inferiore a 50 metri dal perimetro cimiteriale – per la costruzione di nuovi cimiteri ovvero l’ampliamento di quelli esistenti.

Il Comune può, altresì, consentire la costruzione di nuovi edifici o l’ampliamento di quelli esistenti, con l’osservanza delle condizioni prescritte.

Orbene, nel caso di specie, vige il vincolo della fascia di rispetto di 200 metri dal perimetro cimiteriale ed il Comune ha manifestato l’interesse a rispettare detto limite.

Va osservato che, al riguardo, si è affermato un orientamento della giurisprudenza amministrativa, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, in base al quale l’area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 comporta un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare, e che la deroga all’estensione del limite è consentita ai soli fini della realizzazione di "opere pubbliche e di interesse pubblico" (Cons. St., V, 29.3.2006, n. 1593).

Detto vincolo, secondo consolidata giurisprudenza, comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo.

D’altra parte, come si evince dal testo delle norme di cui alla legge n. 166/2002, sopra richiamata, la natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione con la possibilità che nella medesima area insistano degli edifici preesistenti e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l’esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege, incompatibile con le prioritarie esigenze pubblicistiche sottese alla imposizione del vincolo.

Neppure può essere condiviso l’ulteriore motivo di censura dedotto da parte appellante circa l’asserita "disparità di trattamento" compiuta ai danni della stessa a causa dell’avvenuto rilascio, in anni passati, in favore di altri privati richiedenti di concessioni edilizie che hanno consentito di edificare nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale.

In merito, va rilevato, alla stregua di quanto ha condivisibilmente osservato il Giudice di prime cure, che "un comportamento illegittimo eventualmente tenuto dalla P.A. nei confronti di altri soggetti non può in alcun modo costituire utile paradigma ai fini della configurabilità della figura sintomatica dell’eccesso di potere per disparità di trattamento".

Va respinta, infine, la censura con la quale gli odierni ricorrenti hanno ribadito l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di trasparenza, buon andamento, imparzialità ed efficienza, nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti, d’istruttoria e di motivazione.

Invero, il Comune, già con nota n. 1649 del 12/6/1991, aveva negato il rilascio della concessione edilizia, rilevando la violazione della fascia di rispetto del vincolo cimiteriale. Successivamente, con nota n. 25905 dell’11/12/2002, il Comune respingeva con la medesima motivazione, ossia "insistenza dell’area interessata dai lavori sulla fascia di rispetto cimiteriale", l’ulteriore istanza in data 25/7/2002, con cui i ricorrenti avevano presentato un nuovo progetto di ristrutturazione.

Infine, con nota n. 21907 del 7/12/2005, il Comune respingeva la richiesta di riesame della superiore istanza del 25/7/2002, nuovamente rilevando che "(…) il progetto, in considerazione del fatto che ricade all’interno del vincolo cimiteriale, a tutt’oggi, non può essere assentito (…)".

Tanto considerato, non pare che, nella vicenda de qua, gli odierni ricorrenti possano legittimamente dedurre la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, atteso che già in occasione del precedente provvedimento di diniego, i ricorrenti avevano avuto occasione di formulare le proprie osservazioni avverso le ragioni ostative e chiedere il riesame del provvedimento di rigetto.

Un’ulteriore comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10 bis citato non avrebbe comportato, pertanto, alcuna utilità per i ricorrenti e, d’altra parte, l’eventuale preavviso di rigetto non avrebbe potuto indurre l’Amministrazione ad una diversa decisione, attesa la legittimità del provvedimento impugnato, per le ragioni esposte.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito, possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

In conclusione, il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Appare equo al Collegio, data la natura della controversia, disporre la compensazione tra le parti del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 9 giugno 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.

Depositata in Segreteria il 5 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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