T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 05-01-2011, n. 14 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16/02/06 e depositato il 06/03/06 la Società I.P.F. a r.l. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 2289 del 24/11/05 con cui il Comune di Roma – Municipio XII le ha ordinato di demolire e rimuovere le opere ivi indicate.

Il Comune di Roma, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 05/04/06, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 2112/2006 del 7 aprile 2006 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente.

All’udienza pubblica del 4 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La società I.P.F. a r.l. impugna la determinazione dirigenziale n. 2289 del 24/11/05 con cui il Comune di Roma – Municipio XII le ha ordinato di demolire e rimuovere le opere ivi indicate e consistenti nella realizzazione, in epoca successiva al periodo consentito dall’autorizzazione temporanea, di lavori di sbancamento e livellamento del terreno al fine di costruire un parcheggio a raso a servizio di una zona espositiva.

Con la prima censura la ricorrente deduce il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto, a differenza di quanto riportato nel provvedimento impugnato, non sarebbe più proprietaria dell’area ove insistono le opere contestate avendo venduto la stessa alla società "Immobilmei s.r.l.".

Il motivo è infondato in quanto dall’esame dell’atto di compravendita del 6 aprile 2005, rogato dal notaio Parmegiani di Roma e prodotto in allegato al ricorso, emerge che la ricorrente ha venduto alla società "Immobilmei s.r.l." solo una parte dei terreni su cui sono state realizzate le opere abusive e, precisamente, 32.107 metri quadrati censiti in catasto alle particelle n. 127 e n. 559 del foglio 1186.

La società I.P.F. a r.l., però, è rimasta proprietaria di oltre 40 mila metri quadrati censiti alla particella n. 369 (ex 130) e su cui insistono parte delle opere abusive contestate dal Comune di Roma (si vedano la nota prot. VN 12493/ED/PG del 23/03/06 redatta dalla polizia municipale nonché la documentazione e le stesse deduzioni contenute nell’atto introduttivo).

La circostanza in esame induce a ritenere inaccoglibile la censura dal momento che la ricorrente risulta ancora proprietaria di gran parte del terreno su cui sono state realizzate le opere contestate e come tale è passivamente legittimata ad eseguire, almeno per la parte di sua competenza, il gravato ordine di demolizione e rimozione delle stesse.

Infondato, poi, è il secondo motivo avente ad oggetto una pretesa ineseguibilità della demolizione in ragione del sequestro penale esistente sull’area.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (per cui, tra le altre, Cons. Stato sez. IV n. 299/10; TAR Campania – Napoli n. 17066/10; TAR Lazio – Roma n. 1785/10) l’esistenza di un sequestro del giudice penale non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione emessa dall’autorità amministrativa né sull’eseguibilità della stessa potendo l’interessato chiedere il dissequestro al fine di eseguire la prescrizione ripristinatoria.

La ricorrente, da parte sua, non ha nemmeno dedotto di avere chiesto all’autorità penale il dissequestro dell’opera al fine di eseguire la demolizione imposta dal Comune di Roma e, pertanto, non può invocare il vincolo esistente sul bene a riprova della dedotta ineseguibilità del provvedimento gravato.

Con una terza (invero articolata) censura la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato perché le opere sarebbero state realizzate sulla base di un titolo edilizio, quale l’autorizzazione n. 16/a dell’08/11/02, da ritenersi valido ed efficace in quanto i prevedimenti sanzionatori e repressivi emessi dal Comune di Roma sarebbero stati impugnati davanti al TAR che ne avrebbe, a vario titolo, inibito l’efficacia; in ogni caso l’ordine di demolizione sarebbe, in fatto, ineseguibile in quanto avente ad oggetto uno sbancamento.

Il motivo è infondato.

Le opere contestate nel provvedimento impugnato ("lavori di livellamento e sbancamento del terreno al fine della realizzazione di un parcheggio a raso") non possono ritenersi assentite dall’autorizzazione n. 16/a dell’08/11/02.

Secondo quanto risulta dagli atti il titolo in esame aveva durata temporanea (con validità 11/11/02 – 11/02/03) e riguardava la realizzazione di parcheggi a raso a servizio di una zona espositiva che prevedeva il montaggio di un tendone.

La mancata realizzazione della zona espositiva (circostanza mai contestata dalla ricorrente) costituisce elemento che, di per sé solo, induce a ritenere il parcheggio, come in concreto realizzato, non coperto dagli effetti abilitativi dell’autorizzazione dell’08/11/02.

L’opera realizzata, infatti, non è caratterizzata da quel vincolo di necessaria strumentalità con la zona espositiva che ha giustificato il rilascio del titolo e l’efficacia temporanea dello stesso ma costituisce una tipologia d’intervento diversa in cui il parcheggio ha una diversa funzione se non altro per la sua stabilità e destinazione alla cessione in favore di terzi (indicativo è il cartello riportato nella documentazione fotografica prodotta dal Comune).

Per altro, al momento in cui è stato emanato l’atto gravato l’autorizzazione dell’08/11/02 era stata annullata dal Comune di Roma con la determinazione dirigenziale n. 179 del 02/02/05 impugnata davanti al TAR nell’ambito del ricorso n. 11176/04 ed oggetto di istanza cautelare respinta dal Tribunale con l’ordinanza n. 2621/2005 del 12 maggio 2005.

Pertanto, alla luce delle citate vicende processuali, alla data in cui è stata emessa la gravata ordinanza di demolizione l’autorizzazione dell’08/11/02 non poteva ritenersi efficace con conseguente legittimità della prescrizione sanzionatoria impartita con la determinazione dirigenziale n. 2289 del 24/11/05.

La sentenza n. 32402/2010 del 15 luglio 2010, con cui il Tribunale ha annullato, tra gli altri, la menzionata determina dirigenziale n. 179 del 02/02/05, costituisce circostanza sopravvenuta all’adozione dell’atto in questo giudizio impugnato e, come tale, inidonea ad influire sul quadro giuridico (necessariamente riferibile alla data di emanazione) sulla base del quale deve essere valutata la legittimità dello stesso potendo, al più, essere valutata quale presupposto per l’eventuale attivazione di un procedimento di autotutela.

Insussistente, poi, è la pretesa ineseguibilità della demolizione, prospettata dalla ricorrente in riferimento alle opere di livellamento, dovendo la prescrizione sanzionatoria contenuta nel provvedimento impugnato essere interpretata in relazione alla natura ed entità delle opere ivi descritte e, quindi, come obbligo di ripristino dello stato dei luoghi previa eliminazione delle opere realizzate.

Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda oggetto di causa, desumibile anche dall’interrelazione del presente giudizio con gli altri procedimenti menzionati nell’atto introduttivo, giustifica la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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