Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-01-2011, n. 105 Abilitazione all’insegnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con il ricorso di primo grado, proposto nel 1991 e deciso dal Tribunale amministrativo regionale per i Veneto nel 2004 con la qui impugnata sentenza, l’odierna appellante impugnò il decreto 4371/C10 del 18 settembre 1991 con cui veniva esclusa dalla sessione riservata degli esami di abilitazione all’insegnamento nelle scuole e istituti di istruzione secondaria di secondo grado, per la classe XXXV – educazione fisica.

Tale sessione riservata era stata indetta in virtù del d.l. 10 luglio 1989, n. 249, decaduto per mancata conversione in legge e reiterato con il d.l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito dalla l. 27 dicembre 1989, n. 417, entrata in vigore il 17 gennaio 1990.

1.1. La ricorrente veniva ammessa agli esami e li superava, tuttavia con il provvedimento oggetto di ricorso veniva esclusa dalla sessione riservata degli esami di abilitazione per mancanza del requisito di ammissione dei 360 giorni di servizio, prescritto dall’art. 11, comma 1, d.l. n. 357 del 1989, convertito dalla l. n. 417 del 1989, e da maturarsi negli anni scolastici dal 1982/1983 al 1988/1989.

1.2. Con il ricorso al Tribunale amministrativo la ricorrente sosteneva che:

– andavano computati nei 360 giorni di servizio i periodi di insegnamento presso scuole private legalmente riconosciute;

– andavano computati nei 360 giorni di servizio i giorni festivi dei periodi di supplenza;

– andavano computati nei 360 giorni di servizio anche i periodi di insegnamento successivi al 31 agosto 1989 (data ultima dell’anno scolastico 1988/1989), e fino alla data, 17 gennaio 1990, di entrata in vigore della l. n. 417 del 1989 di conversione del d.l. n. 357 del 1989.

1.4. Nel corso del giudizio di primo grado veniva emessa ordinanza cautelare, in virtù della quale la ricorrente veniva ammessa con riserva alla sessione di esami di abilitazione e al concorso per titoli.

1.5. Nel corso del giudizio di primo grado la ricorrente eccepiva che era cessata la materia del contendere in quanto nel frattempo era stata assunta dall’Amministrazione scolastica a tempo indeterminato e senza riserva dell’esito del giudizio pendente.

1.6. Il Tribunale amministrativo per il Veneto con la sentenza in epigrafe:

– escludeva che vi fosse una causa di improcedibilità del ricorso, che avrebbe lasciato in piedi l’originario provvedimento di esclusione;

– riteneva che in astratto fossero fondate le censure in ordine al computo nei 360 giorni di servizio dei giorni festivi e del periodo di insegnamento presso scuole private parificate;

– riteneva che con detto computo la ricorrente raggiungeva 354 giorni di servizio;

– riteneva non computabile il servizio prestato dopo la fine dell’anno scolastico 1988/1989 e fino al 17 gennaio 1990;

– rilevava che solo computando il servizio suddetto, prestato tra il 1° settembre 1989 e il 17 gennaio 1990, si raggiungessero i 360 giorni di servizio;

– per l’effetto, respingeva il ricorso.

2. Ha proposto appello l’originaria ricorrente lamentando che:

– il Tribunale amministrativo avrebbe statuito con forza di giudicato che entro la fine dell’a.s. 1988/1989 la ricorrente ha maturato 354 giorni di servizio;

– nel caso di specie in virtù del quadro normativo, e pena l’incostituzionalità dello stesso, andrebbe computato il periodo di servizio prestato fino al 17 gennaio 1990, con il quale si raggiungono i 360 giorni di servizio;

– il Tribunale amministrativo avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere perché la stipula del contratto di lavoro a tempo indeterminato senza riserve equivale ad acquiescenza dell’Amministrazione e tacita revoca del precedente provvedimento di esclusione dalla sessione riservata di esami.

4. L’Amministrazione scolastica, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito che in sede di stipulazione del contratto a tempo indeterminato la ricorrente avrebbe taciuto la circostanza della pendenza del giudizio, il che avrebbe impedito all’Amministrazione di apporre la riserva. Pertanto non vi sarebbe alcuna acquiescenza.

5. Osserva la Sezione che non vi è ragione di discostarsi dall’orientamento già espresso in analoghi casi, secondo cui il requisito di trecentosessanta giorni di servizio necessari per aver titolo all’ammissione alla sessione riservata di abilitazione di cui all’art. 11, comma 1, d.l. 6 novembre 1989, n. 357, finalizzata alla successiva ammissione al concorso per soli titoli contemplato dall’art. 11, comma 3, deve essere maturato nel periodo intercorrente tra gli anni scolastici dal 19821983 al 19881989, senza che la legge di conversione 27 dicembre 1989, n. 417 abbia fatto slittare il momento di maturazione del requisito al 17 gennaio 1990, data di entrata in vigore della medesima l. n. 417 del 1989 (Cons. St., VI, 9 gennaio 2004, n. 9).

Pertanto non è contestabile, in fatto, che l’appellante non fosse in possesso del requisito necessario per l’ammissione alla sessione riservata degli esami di abilitazione.

Non rilevano le norme invocate con l’appello, relative ad altre fattispecie concorsuali e non estensibili al caso di specie, che ha una puntuale e razionale disciplina normativa, immune da censure di incostituzionalità.

6. Si tratta di verificare, peraltro, in considerazione del tempo trascorso, pari a quasi vent’anni, e della condotta dell’Amministrazione, se si possa ravvisare una acquiescenza e una cessazione della materia del contendere.

6.1. La ricorrente ha infatti nel frattempo superato un altro concorso per soli titoli ed è stata assunta con contratto a tempo indeterminato con decorrenza giuridica 1 settembre 2001.

Tale contratto non fa cenno alcuno alla "riserva" derivante dalla pendenza di ricorso giurisdizionale relativo al presupposto fondamentale per la partecipazione ai concorsi per titoli, ossia la legittima partecipazione alla sessione di esami di abilitazione.

6.2. Si deve escludere, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione appellata, che in sede di stipulazione del contratto a tempo indeterminato l’Amministrazione non fosse a conoscenza del giudizio pendente.

Infatti dalla documentazione in atti risulta che la ricorrente ha sempre dichiarato che la sua ammissione alla sessione degli esami di abilitazione e relativo superamento erano "con riserva" in virtù di ordinanza cautelare (v. dichiarazione 3 ottobre 2001, fatta proprio al fine dell’assunzione a tempo indeterminato, documento 4 della produzione di appello della ricorrente, depositata l’11 ottobre 2010).

E anche dopo tale dichiarazione dell’interessata, l’Amministrazione scolastica, nel 2004, ha confermato l’immissione in ruolo con provvedimento del 28 maggio 2004.

6.3. Si deve perciò ritenere che con l’assunzione a tempo indeterminato e l’immissione in ruolo, fatte senza riserva pur essendo noto, all’Amministrazione scolastica, che il presupposto per l’immissione in ruolo fosse sub iudice, l’Amministrazione abbia inteso, tacitamente, revocare il proprio provvedimento di esclusione dalla sessione riservata di esami.

6.4. Tanto trova conferma anche nella condotta omissiva dell’Amministrazione successiva alla sentenza di primo grado e alla notifica dell’atto di appello.

Infatti nonostante tale sentenza di primo grado, pubblicata il 26 novembre 2004, abbia respinto il ricorso e, per l’effetto, travolto l’ordinanza cautelare adottata nel giudizio di primo grado, e restituito piena efficacia al provvedimento di esclusione dalla sessione riservata di esami, dalla data di pubblicazione della sentenza ad oggi sono trascorsi ben oltre sei anni, e l’Amministrazione scolastica non ha dato esecuzione al proprio decreto del 1991, in quanto non ha proceduto al ritiro del provvedimento di immissione in ruolo e del contratto a tempo indeterminato.

La concludente condotta complessiva dell’Amministrazione – ben richiamata a provvedere dalla sua stessa resistenza al ricorso – denota inequivocamente, nel caso concreto, il chiaro, per quanto tacito, intento di non fare seguire reali effetti a quanto sopra e dunque, in sostanza, di ritirare il decreto 4371/C10 del 18 settembre 1991, oggetto del giudizio.

6.5. Tale decreto, a seguito di siffatta eloquente condotta, deve perciò essere ormai considerato tamquam non esset e per l’effetto va dichiarata cessata la materia del contendere, con annullamento, senza rinvio, della sentenza di primo grado.

7. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto dichiara cessata la materia del contendere, annullando senza rinvio la sentenza appellata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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