Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-11-2010) 12-01-2011, n. 627

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale di Torino avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni in data 12 ottobre 2009 con la quale è stata affermata la responsabilità di G. D. in ordine ai reati di lesioni personali volontarie che avevano cagionato un pericolo per la vita della persona offesa P.M. e porto ingiustificato di coltello (fatti del (OMISSIS)).

Deduce il ricorrente la violazione di legge.

Dalla sentenza si evince che l’imputato ha inferto una pluralità di coltellate che hanno attinto la persona offesa alla regione spinale, alla regione lombare, all’emicostato sulla linea ascellare, mettendo in pericolo la sua vita.

Dal referto medico, pure citato in sentenza, si evinceva che i medici intervenuti avevano rilevato ferite profonde, con affondamento a tutto spessore dei piani muscolari.

L’imputato dal canto suo aveva dichiarato che "…quando aveva tirato le coltellate non si era interrogato sulle conseguenze… non voleva mirare a un punto preciso, dove lo prendeva, lo prendeva".

Tutti gli elementi descritti avrebbero dovuto indurre alla diversa qualificazione del fatto come tentativo di omicidio.

Il ricorso è infondato, conformemente a quanto rilevato dal PG di udienza. Deve premettersi che , come anche in passato sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, la non corrispondenza tra fattispecie concreta ritenuta e previsione normativa contestata, affinchè si risolva in violazione di legge rilevante ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, occorre che sia manifesta e rilevabile ictu oculi: che attenga quindi alla erronea qualificazione giuridica del fatto e non ad una erronea valutazione di esso.

Altrimenti non si avrebbe violazione di legge, ma semplice vizio di merito (vedi Rv. 145725).

Nella specie il PG lamenta una erronea qualificazione giuridica del fatto che egli intenderebbe qualificabile come tentato omicidio essendo stato quindi erroneamente inquadrato nella fattispecie di lesioni gravi.

E’ peraltro da rilevare che l’errore che si assume commesso non può dirsi frutto di un evidente travisamento del materiale probatorio o, peggio, di una palese violazione di legge, a causa del fatto che la persona offesa è stata esposta, dalla azione dolosa dell’imputato, a pericolo di vita: deve infatti tenersi conto che l’imputato è stato chiamato a rispondere ed è stato condannato per il reato di lesioni gravi proprio per avere cagionato, come recita l’art. 583 c.p., una malattia che ha messo in pericolo la vita della persona offesa.

D’altra parte la direzione ed univocità della condotta del G. non può dirsi palesemente sfuggita all’esatto inquadramento da parte del giudice del merito il quale ha compiuto una completa ricostruzione delle diverse testimonianze e dell’ulteriore materiale probatorio con una motivazione che non è nemmeno sottoposta a censura nella sua razionalità ed esaustività da parte dell’impugnante. Il ricorso del PG di Trieste, pertanto, essendo prossimo alla progettazione di una ricostruzione dei fatti alternativa a quella accreditata dal giudice del merito, non può essere apprezzato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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