T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 12-01-2011, n. 59

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ditta aveva chiesto la sanatoria ex articolo 27 della legge 112 del 2004 in relazione a due impianti, ma mentre per uno otteneva l’assenso ministeriale, per quello oggetto del presente giudizio perveniva un diniego.

Dopo aver affermato la competenza territoriale del TAR Abruzzo Sezione staccata di Pescara, trattandosi di un impianto la cui efficacia è limitata alla provincia di Chieti, illustra i seguenti motivi di ricorso:

1. Violazione degli articoli 2, 7, 8, 19 e 20 della legge 241 del 1990 e intervenuta formazione del silenzio assenso sulla denuncia presentata il 4 novembre 2004. All’amministrazione non residuava alcun potere discrezionale, ma solo l’accertamento delle condizioni di fatto richieste dall’articolo 27 della legge 112 del 2004. Essendosi formato il silenzio assenso, l’intervento ministeriale va considerato alla stregua di un atto di annullamento d’ufficio, adottato in autotutela. Ne consegue la violazione delle norme sul procedimento e sulla motivazione dell’atto amministrativo.

2. Difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, violazione degli articoli 1 e 4 comma 3 bis del DL 323 del 1993, convertito nella legge 422 del 1993, violazione dell’articolo 27 della legge 112 del 2004, violazione degli articoli 10 e 21 della legge 241 del 1990.

La norma prevede che l’impianto sia operante da almeno 10 anni alla data di entrata in vigore della legge cioè dal 6 maggio 1994. Su tale punto è mancata un’adeguata istruttoria, in quanto la rilevazione ad esito negativo del 12 maggio 2005 non appare sufficiente, dato che l’impianto funzionava saltuariamente. Vi sarebbe poi una palese contraddittorietà con quanto deciso per l’altro impianto analogo.

Si costituisce in giudizio il Ministero il quale contesta i motivi di ricorso concludendo in conformità.

Infine nel corso della pubblica udienza del 2 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Oggetto della presente controversia è il provvedimento del 22 giugno 2006 con cui il Ministero delle comunicazioni ha rigettato la domanda di sanatoria relativa ad un impianto di radiodiffusione presentata ai sensi dell’articolo 27 della legge 112 del 2004 in relazione agli impianti esistenti in località Torricella Peligna.

Innanzi tutto si rileva come la competenza a decidere di questo TAR, non contestata in ricorso, emerge ai sensi dell’art. 13 del Codice del processo amministrativo – Decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, trattandosi di un provvedimento la cui efficacia ha effetti diretti limitati all’ambito territoriale di spettanza di questa sezione staccata.

La prima doglianza si incentra sul mancato rispetto della legge 241 del 1990, relativamente all’avviso di avvio del procedimento.

Va innanzi tutto rilevato come il procedimento sia iniziato su impulso di parte, trattandosi di un’istanza di sanatoria, per cui nessun avviso risultava necessario.

Ove la censura si riferisse invece ai sopralluoghi, essi per loro natura vanno effettuati a sorpresa, pena la loro stessa efficacia, anche se le loro risultanze vanno comunicate agli interessati, come del resto avvenuto nel caso in esame.

Se è indubbiamente vero che i presupposti di fatto a sostegno di un provvedimento amministrativo devono essere verificati in contraddittorio con gli interessati (anche eventualmente nella forma del contraddittorio posticipato, ove soccorrano ragioni di garanzia della genuinità dell’accertamento – cfr. TAR Abruzzo – Pescara, n.263 del 2009) nel caso di specie il Collegio deve rilevare che un contraddittorio, sia pure ritardato, è stato effettivamente instaurato tra la ricorrente e l’Amministrazione in relazione ai profili contestati in ricorso.

Giova altresì ricordare che l’art. 27 della legge 3 maggio 2004, n.122 (cd. "Legge Gasparri") testualmente prevede che "possono continuare ad operare tutti gli impianti, attivi alla data di entrata in vigore della presente legge da almeno dieci anni, ancorché relativi a frequenze non censite ai sensi dell’art. 32 della legge 6 agosto 1990, n. 223. ovvero consentite in ritardo, in quanto destinate a migliorare la potenzialità del bacino di utenza connesso all’impianto principale regolarmente censito e munito di concessione, ancorché oggetto di provvedimento di spegnimento o analogo, purché: a) detti impianti appartengano a soggetti muniti di concessione ai sensi della citata legge n.223 del 1990 e non siano in contrasto con le norme urbanistiche vigenti in loco; b) gli stessi impianti vengano denunciati, corredati di descrizione tecnica che ne comprovi la finalità sopra indicata, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge; c) detti impianti non interferiscano con altri impianti legittimamente operanti; d) detti impianti non servano capoluoghi di provincia e comunque città con popolazione superiore a 100.000 abitanti; e) si tratti di microimpianti con una potenza massima di 10W; f) di tratti di microimpianti attivati in zone disagiate di montagna ad una quota superiore a 750 metri sul livello del mare".

Ciò premesso, va esaminata la seconda censura, con cui parte ricorrente afferma che sulla domanda di condono proposta ai sensi dell’art. 27 della legge 112 del 2004 si era formato il silenzio assenso, non residuando all’amministrazione alcun potere discrezionale.

L’assunto non può essere condiviso; infatti, nella materia degli impianti di radiodiffusione l’amministrazione deve verificare non solo il requisito di cui al citato articolo 27, cioè l’operatività dell’impianto per i dieci anni indicati, ma altresì la sua compatibilità con gli altri impianti. Si tratta di accertamenti tecnici e discrezionali che impediscono la stessa formazione del silenzio assenso.

Venendo alla questione di fatto dell’operatività dell’impianto, l’amministrazione ha effettuato, anche su sollecitazione della ditta ricorrente, vari accertamenti tecnici, da cui è emerso che l’impianto in questione non aveva operato con continuità per il periodo richiesto dalla norma; invero, fermo restando l’impossibilità per questo giudice di sindacare giudizi tecnici discrezionali, va rilevato da un lato come essi nel caso appaiono immuni dai vizi di illogicità e incongruenza che soli consentirebbero una loro sindacabilità in questa sede, e d’altro lato come la ditta istante non riesce a dimostrare in modo convincente l’operatività continuativa dell’impianto de quo.

Infine, quanto alla disparità di trattamento rispetto alla decisione positiva relativa ad altro impianto, basti rilevare come la stessa diversa ubicazione dei due impianti comporta l’impossibilità di paragonare e ancor più di considerare identiche le due situazioni oggettive.

Ne discende che le circostanze rappresentate dall’Amministrazione, sia in sede procedimentale che nella presente sede giudiziaria, non sono state affatto confutate dalla ricorrente, che, neppure allo stato, ha dimostrato l’esistenza del ripetitore in loco e la sua operatività, sulla frequenza indicata e per l’intero periodo temporale richiesto dalla legge, presupposti per la concessione della richiesta sanatoria.

Per tutte le ragioni suindicate il ricorso risulta infondato e va rigettato.

Le spese, come di regola (articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile, richiamati dall’art. 26 del Codice del processo amministrativo – Decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104), seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente ditta al pagamento a favore del Ministero delle spese ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tre mila), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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