Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-11-2010) 12-01-2011, n. 574 Affidamento in prova; Riabilitazione e cura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 21/1/2010 il Tribunale di Sorveglianza di Ancona ha respinto le istanze di affidamento in prova e di detenzione domiciliare avanzate da L.T.F.M. in relazione alla pena residua di un anno, mesi quattro e giorni ventotto della maggior pena di anni quattro di reclusione infintagli dal Tribunale di Pesaro il 21/7/1994 per violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Il Tribunale ha ritenuto che la recente ricaduta del L. nella medesima condotta criminosa (e per la quale allo stato trovavasi in regime di arresti domiciliari), la carenza di una seria e concreta occupazione lavorativa utile al reinserimento sociale del soggetto nonchè il preoccupante curriculum penale dell’istante non consentissero di ritenere adeguata alla rieducazione del reo alcuna delle misure alternative richieste.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato con atto dell’8/2/2010 deducendo violazione di legge.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che nessuna delle proposte censure meriti condivisione. Il ricorrente ha in primo luogo lamentato che non si fosse tenuto conto nè del lungo intervallo di tempo trascorso tra le due analoghe condotte criminose, nè del giudizio positivo espresso da altra Autorità giudiziaria che/in relazione al reato da ultimo commesso aveva ritenuto applicabile la misura degli arresti domiciliari; ebbene, quanto al primo profilo, il Tribunale, contrariamente alla opinione del deducente, ha ben valutato il consistente lasso temporale tra fatto per il quale vi è condanna in espiazione e fatto accertato con la sentenza del GUP del 14/7/2009 ed ha infatti parlato di ricaduta nella medesima condotta criminosa, inferendone elementi seri di perplessità sulla consistenza della soglia di rieducazione raggiunta dal condannato; quanto al secondo profilo, il Tribunale, lungi dall’avere ignorato il dato sintomatico della recente concessione degli arresti domiciliari, lo ha considerato ma ad esso ha, logicamente, affiancato la valutazione negativa ritraibile dalla elevata pena patteggiata ed irrogata (anni quattro di reclusione).

Il ricorrente si è poi lamentato, sotto un secondo profilo e nel quadro della scarsa significatività dei precedenti, dell’anomalia della valutazione di una ulteriore pendenza per il reato di appropriazione indebita, posto che detto reato era estinto per remissione di querela; la censura non ha pregio posto che il Tribunale di Sorveglianza ha fatto richiamo ad un quadro complessivo di precedenti condanne, alle quali ha accostato come elemento valutabile anche la pendenza del procedimento per appropriazione indebita, quadro idoneo ad impedire un giudizio prognostico favorevole all’accoglimento dell’istanza: la genericità della contestazione sui richiamati precedenti e la irrilevanza in tale ottica dell’esito del procedimento (la remissione di querela) rendono infatti la valutazione complessiva immune da sospetti di illogicità.

Il ricorrente infine si è lamentato, sotto un terzo profilo, della obliterazione delle altre emergenze acquisite in atti in ordine all’attività lavorativa prospettata come possibile nonchè alla situazione familiare ed abitativa. La censura è inconsistente atteso che tutte le esposte circostanze sono state esaminate e che dalla complessiva situazione è scaturita la logica conclusione di una condizione sociale, abitativa e lavorativa di evidente precarietà, anch’essa costituente controindicazione alla concessione della misura invocata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente L.T. F.M. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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