Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-11-2010) 12-01-2011, n. 554 Nullità e inesistenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Firenze ricorre contro il provvedimento indicato in epigrafe (indicato come sentenza), lamentandone la nullità, perchè assolutamente privo di motivazione.

Il provvedimento in questione è, in realtà, il documento rappresentativo del dispositivo letto in udienza, con il quale il giudice unico del Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Empoli, ha condannato J.L., imputato del reato previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, commesso il 15 giugno 2003), alla pena di tre mesi di arresto.

Successivamente alla pronunzia di tale dispositivo, il giudice non abbia provveduto alla redazione della sentenza e il magistrato responsabile della Sezione distaccata di Empoli, in esecuzione della delibera del C.S.M. del 6 ottobre 2005, d’intesa con il Presidente del Tribunale di Firenze, informato dalla cancelleria dell’omesso deposito della motivazione a distanza di circa nove mesi dalla lettura del dispositivo in udienza, ha ritenuto di dare veste grafica di sentenza al documento-dispositivo, con formazione e allegazione di un’epigrafe, e ha provveduto al relativo deposito, onde consentirne l’impugnazione al pubblico ministero.

Motivi della decisione

Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Firenze è fondato.

1. La sentenza impugnata è del tutto priva di motivazione.

Essa consta dell’intestazione, comprensiva del capo d’imputazione e delle conclusioni delle parti, e del dispositivo.

Il magistrato che ha definito il giudizio dando lettura del dispositivo in udienza, ai sensi dell’art. 545 c.p.p., non ha mai provveduto alla redazione della motivazione. Ne consegue che la sentenza impugnata può farsi risalire ad un cosciente atto di volizione riferibile al magistrato che l’ha pronunciata soltanto con riferimento al dispositivo.

La totale assenza della motivazione non determina, peraltro, l’inesistenza della sentenza, perchè il dispositivo letto in udienza è un provvedimento decisorio con effetti propri, idoneo a passare in giudicato se non impugnato (Sez. 3^, 21 febbraio 1994, n. 4562).

Il provvedimento impugnato è, piuttosto, affetto da nullità assoluta per la completa mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 548 c.p.p., lett. e) (Sez. 6^, 8 febbraio 2005, n. 10074; Sez. 6^, 26 marzo 2008, n. 21459, Pedrazzini; Sez. 1^, 24 settembre 2008, b.

39294).

2. Trattandosi di sentenza emessa da un giudice monocratico, la motivazione non può essere redatta, in sostituzione del magistrato che ha pronunciato il provvedimento, da parte del Presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 559 c.p.p., comma 4, atteso che, come sostenuto da un’autorevole e condivisibile dottrina nella vigenza dell’abrogato art. 567, la sottoscrizione da parte del Presidente del Tribunale in luogo del magistrato impedito, presuppone che il magistrato che ha pronunciato la sentenza abbia redatto almeno la minuta, non potendo un diverso magistrato che non ha partecipato alla deliberazione sostituirsi al decidente nella redazione della motivazione.

Esiste, infatti, un’intrinseca connessione tra dispositivo/decisione e motivazione/documento formale, momento conclusivo di un iter procedimentale complesso e inscindibile riferibile necessariamente ad un unico soggetto.

3. In merito alle conseguenze discendenti dalla totale mancanza della motivazione di una sentenza depositata e corredata, come nel caso in esame, del solo dispositivo, il Collegio osserva che, in base ai poteri conferitigli dall’art. 604 c.p.p., comma 5, il giudice d’appello – anche a fronte del deposito del mero dispositivo della sentenza pronunciata dal Tribunale in composizione monocratica – può, comunque, decidere nel merito e, nel rispetto dei limiti del devoluto e del divieto di reformatio in peius, procedere anche alla redazione integrale di una motivazione mancante, utilizzando le prove già legittimamente acquisite nel contraddittorio delle parti nel precedente grado di giudizio, non coinvolto da una nullità che attiene al solo momento motivazionale (Sez. Un. 27 novembre 2008, n. 3287).

4. Occorre, da ultimo, evidenziare che erroneamente il giudice monocratico ha disposto la condanna dell’imputato a tre mesi di arresto, nonostante la natura di delitto del reato contestato.

Fermo restando il divieto di reformatio in peius in assenza di impugnazione sul punto da parte del Procuratore generale presso la Corte d’appello, tale precisazione rileva ai fini del decorso dei termini prescrizionali, non ancora maturati, tenuto conto dell’epoca del commesso reato (15 giugno 2003), delle cause interruttive, della data in cui è stata adottata la decisione (1^ febbraio 2005), dei termini stabiliti nella previgente formulazione dell’art. 157 c.p., applicabili nel caso in esame alla luce di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 383 del 2006. 5. Per tutte queste ragioni s’impone l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio per il giudizio alla Corte d’appello di Firenze.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte d’appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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