T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 12-01-2011, n. 31 Deliberazioni; Piano di lottizzazione convenzionato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 2.5.1995 e depositato in data 1.6.1995, i ricorrenti premettevano che, con Deliberazione di C.C. n. 49 del 22.10.1983 del Comune di Scalea, divenuta esecutiva a seguito dell’atto di controllo del CO.RE.CO n. 7452 del 19.12.1983, era stato approvato il progetto di lottizzazione presentato con riferimento ai propri terreni, siti in località "La Bruca", in catast. part. 11/118/84/90/119/120A/10/94°/14/32B/31°/94B/120B/132/12/49/108/17/109, Fg. n. 18, normati, secondo l’allora vigente PRG, come "zona CT5 -espansione turistica con indice di edificabilità di mc/mq 0,80", con contestuale approvazione dello schema di convenzione e conferimento di mandato al Sindaco, per i successivi adempimenti di competenza.

Precisavano che, a seguito della diffida del 24.11.1993 e dell’atto stragiudiziale di diffida del 25.10.1994, il Comune, con la nota prot. n. 15678 del 4.11.1994, nonostante la positiva relazione dell’UTC del giorno 8.4.1994, rifiutava la stipula della convenzione per atto pubblico, rimettendo la questione al Consiglio Comunale, il quale, infine, si determinava con l’epigrafata delibera.

A sostegno del proprio ricorso, svolgevano svariate censure, sostenendo, in sostanza, che il rifiuto di stipulare la convenzione denoterebbe perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa. Evidenziavano, inoltre, che vi sarebbe difetto di competenza del Consiglio Comunale, dal momento che sarebbe stato nominato un "commissario ad acta" per la redazione del piano regolatore.

Concludevano per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 4.8.1995, si costituiva il Comune intimato ed insisteva per la legittimità del proprio comportamento, rilevando che la semplice approvazione di uno schema di convenzione, peraltro con prescrizioni e condizioni, non potrebbe essere considerata preclusiva della possibilità, per la P.A., di non dar corso alla stipulazione della convenzione, a causa di sopravvenienze normative e fattuali incompatibili o, comunque, tali da alterare il rapporto nella sua iniziale consistenza.

Con memoria depositata in data 14.6.2010, parte ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Con memoria depositata in data 8.11.2010, il Comune insisteva per il rigetto del ricorso, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Alla pubblica udienza del giorno 19 novembre 2010, il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

1. Con il presente gravame, si censura il comportamento del Comune di Scalea, che, dopo aver approvato il piano di lottizzazione e relativo schema di convenzione con Delibera di C.C. n. 49 del 1983, con riferimento ai terreni di parte ricorrente, siti in località "La Bruca", in catast. part. 11/118/84/90/119/120A/10/94°/14/32B/31°/94B/120B/132/12/49/108/17/109, Fg. n. 18, normati, secondo l’allora vigente PRG, come "zona CT5 -espansione turistica con indice di fabbricabilità territoriale mc/mq 0,80", si è determinato negativamente, ai fini della stipula dell’atto convenzionale, con l’epigrafata Deliberazione di C.C. n. 61 del 14.11.1994, oggetto dell’odierna impugnativa.

Ritiene, in linea generale, il Collegio che l’Amministrazione, dopo aver approvato un piano di lottizzazione e prima della stipula della relativa convenzione, possa rivedere le proprie determinazioni pianificatorie sulla medesima area (e quindi, conseguentemente, decidere di non stipulare più la convenzione di lottizzazione): ciò discende, a tacer d’altro, dalla natura meramente programmatoria del piano di lottizzazione, che è, di per sé, inidoneo a far sorgere in capo ai privati aspettative giuridicamente qualificate in ordine al regime urbanistico delle aree ricomprese nello strumento attuativo, nonché dalla separatezza tra la fase della approvazione del piano e quella della stipula della convenzione (non casualmente rimesse a organi istituzionali diversi, essendo la prima atto di pianificazione e programmazione e la seconda atto di gestione).

Si osserva, inoltre, che, anche a voler ammettere (come implicitamente sostenuto dalla parte ricorrente) che, dall’approvazione del piano di lottizzazione e dello schema di convenzione, possa scaturire, a carico dell’Amministrazione Comunale, l’obbligo di stipulare la convenzione accessiva, e che, correlativamente, i ricorrenti possano vantare un vero e proprio diritto in tal senso, è incontestato che nessuna iniziativa (a parte i solleciti di cui alla diffida del 24.11.1993 ed all’atto stragiudiziale di diffida del 25.10.1994) sia stata assunta dai ricorrenti nel corso di dieci anni a fronte dell’inerzia del Comune: e poco importa, in questa sede, se tali iniziative dovessero sostanziarsi in un’azione ex. art. 2932 c.c. (come è per l’inadempimento degli obblighi di contrarre), ovvero nei rimedi amministrativi avverso l’inerzia della p.a.

Pertanto, nella specie, la realtà fattuale in relazione alla quale il Comune di Scalea si è trovato a modellare la propria azione amministrativa, è stata, innegabilmente, quella di una lottizzazione approvata e non ancora stipulata, ed è su questa realtà che va parametrata la legittimità delle scelte compiute in ordine ai suoli per cui è causa.

2. Orbene, ritiene il Collegio che, nella specie, non sussista il dedotto difetto di competenza del Consiglio Comunale, poiché, se è vero che, secondo la (allora) vigente normativa di cui all’art. 151 del RD 4.2.1915 n. 148, trasfusa nella Deliberazione di C.C. n. 49 del 22.10.1983 del Comune di Scalea – di cui si chiede l’esecuzione- al Sindaco spetta il potere di emanare gli atti consequenziali all’approvazione della convenzione di lottizzazione, è anche vero, che nella specie, l’impugnata Delibera, anche a causa del lungo tempo trascorso, ha dovuto statuire sull’attuale conformità di detto piano di lottizzazione alla sopravvenuta normativa nonché sulla stessa attualità" dell’interesse pubblico a darvi corso, con ciò, quindi, esercitando quei poteri discrezionali di valutazione del merito, nella sostanza corrispondenti a quelli che vengono esercitati in sede di emanazione di un provvedimento di secondo grado, quali l’annullamento e la revoca, tipicamente riconducibili al "contrarius actus", rispetto alle previsioni di cui all’art. 28 della legge n.1150 del 1942.

Ciò, in quanto la convenzione di lottizzazione conclusa dalla p.a. con il privato interessato al rilascio di una concessione edilizia non assume valenza privatistica ed autonoma rispetto all’atto autoritativo di concessione, ma si inserisce nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio di essa.

Invero, come evidenziato dal CO.RE.CO. (atto prot. n.1622 del 3.3.1995), in sede di disamina del reclamo proposto dai ricorrenti avverso l’epigrafata Deliberazione, nelle more fra la data della Delibera di C.C. n. 49 del 1983 e la data dell’impugnata Deliberazione di C.C. n. 61 del 14.11.1994, sono intervenuti fondamentali disposizioni legislative, quali, ad esempio, quelle contenute nella Legge 8 agosto 1985 n. 431, che impone vincoli e limitazioni significativi all’edificabilità, per ragioni inerenti la tutela ambientale.

Inoltre, la relazione del CO.RE.CO. evidenzia che lo schema di lottizzazione a suo tempo approvato si pone in contrasto con l’art. 28 della legge 17.8.1942 n. 1150, poiché non prevede i termini di durata della lottizzazione, non prevede, tra le opere di urbanizzazione primaria da eseguire a carico dei lottizzanti, la rete di distribuzione primaria, la rete di distribuzione elettrica e del gas e gli spazi a verde attrezzato, mentre dispone che i suoli a verde debbano rimanere di proprietà del privato, in contrasto con le prescrizioni di cui al comma 5, n. 1 del precitato art. 28 della legge 17.8.1942 n. 1150, il quale dispone che tutte le opere di urbanizzazione primaria, compresi gli spazi di verde attrezzato, debbano essere ceduti gratuitamente al Comune.

In ordine alle suddette questioni, esaminate dall’organo tutorio che ha concluso per la legittimità dell’impugnata Delibera, nessuna censura viene sollevata dai ricorrenti.

Pertanto, le doglianze non meritano adesione.

In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

La complessità e la delicatezza della fattispecie consigliano di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *