Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-09-2010) 12-01-2011, n. 625 Nullità e inesistenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La prima sezione di questa corte, con sentenza 12.2.2009, ha annullato con rinvio la sentenza 6.5.2008 della corte di assise di appello, sezione minorenni, di Reggio Calabria, che aveva confermato la sentenza 13.4.04 del tribunale per i minorenni della stessa sede, con la quale P.A. era stato condannato alla pena di venti anni di reclusione, perchè ritenuto responsabile, quale esecutore materiale, in concorso con G.G. – successivamente deceduto – dell’omicidio di C.F., commesso, su mandato di M.D. e M.G., il (OMISSIS).

La S.C. aveva rilevato che R.A. era l’unica fonte che aveva rappresentato fatti sulla base di rievocazione di interazioni personali con l’imputato e aveva riferito di notizie apprese direttamente dal medesimo. Il R., nella dichiarazioni effettuate nel processo denominato "(OMISSIS)" aveva indicato sia i mandanti sia gli esecutori dell’omicidio, specificando di avere consegnato le pistole ai killer P. e a tale Pe. di (OMISSIS) (cioè a G.G.A.). Aveva narrato anche della cilindrata e della marca della moto stilizzata dagli esecutori dell’omicidio e guidata dal P. e dello specifico ruolo svolto da questi nella fase finale dell’omicidio.

All’udienza 5.3.04 del presente processo aveva invece dichiarato di aver consegnato le armi e la moto al correo Pe. di (OMISSIS), negando la presenza del P..

Secondo la Corte, l’omessa valutazione del motivo di appello relativo alla ritrattazione, da parte del dichiarante, dell’affermazione di aver consegnato l’arma del delitto a P., immediatamente prima dell’omicidio, aveva inficiato di nullità la sentenza, trattandosi di elemento di indubitabile ed evidente rilevanza.

La corte di assise di appello di Messina, sezione minorenni, ha confermato la condanna del P., avendo escluso un originario intento calunniatorio e avendo ritenuto che la ritrattazione del R. – costellata di incertezze e di strumentali amnesie – è stata un maldestro tentativo di intorpidire le acque, non meritevole di considerazione, per la mancanza di oggettivi riscontri idonei ad intaccare l’acclarata consistenza e robustezza dell’impianto accusatorio.

Il difensore del P. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge, in riferimento all’art. 546 c.p.p., comma 3:

la sentenza è nulla in quanto manca la firma dell’estensore e manca la sua firma sia nel dispositivo della sentenza sia nei singoli fogli intercalari, che non sono stati vistati; pertanto non è possibile l’individuazione certa del giudice che l’ha redatta. Inoltre la sentenza non è numerata e in parte è scritta con l’ausilio di mezzo meccanico e in parte è scritta a mano.

2. vizio di motivazione: la sentenza, nel definire la deposizione del R., resa all’udienza 5.3.2004, dinanzi al tribunale dei minorenni, come non veritiera e diretta a intorpidire le acque, non tiene conto dei seguenti elementi:

a) la deposizione del R., quale imputato di reato connesso , è stata disposta, ex art. 507 c.p.p., dal presidente del collegio e quindi non su richiesta dell’imputato, ed è stata effettuata nel periodo in cui era affidato al programma di protezione e quindi nessuno poteva condizionare la sua deposizione;

b) nel presente processo, il R. ha effettuato una serie di dichiarazioni in danno del P. (lo ha accusato di aver collocato, su suo ordine, un ordigno per sollecitare la vittima di un’estorsione a pagare; di essere nell’auto utilizzata per l’omicidio Pr. – Mo., non escludendo che avesse fatto da staffetta; ha precisato che nell’omicidio di L.C. vi fosse un interesse del P., in quanto era stato ucciso per aver importunato la madre del P.);

c) le accuse del R. nei confronti del P. erano state formulate nel processo a carico dei mandanti dell’omicidio C. nel quale l’odierno imputato non era assistito da alcuna difesa tecnica;

d) il R. ha precisato che non aveva compiuto alcuna azione delittuosa con il P., in quanto lo riteneva capace di porre in essere alcuna azione di rilievo, quale l’omicidio del C., essendo un ragazzino di appena 16 anni.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al motivo di carattere procedurale, si rileva la sua infondatezza, in quanto dalla stessa intestazione della sentenza si ricava che il presidente e l’estensore si identificano nello stesso giudice, la cui firma è stata apposta in calce al documento.

Non è prevista poi alcuna nullità per la mancata sottoscrizione delle singole pagine della sentenza.

Gli altri rilievi formulati dal ricorrente sono del tutto estranei a vizi della regolarità formale della sentenza.

Quanto alla valutazione delle dichiarazioni del R.A., la sentenza impugnata si è soffermata sulle dichiarazioni rese dal collaboratore, nel corso del processo svoltosi dinanzi alla corte di assise concluso con sentenza irrevocabile, nelle udienze 12.6.1996 , 15.7.1996, 7.10.1996 con le quali aveva indicato la motivazione dell’omicidio, gli autori della "condanna a morte" del C., la consegna, da parte del R. di una pistola cal 9 a Pe. di (OMISSIS), che aveva il compito di sparare e di una pistola col.

7,65 al P., il cui compito era di guidare la motocicletta.

Al di là di questi fatti direttamente percepiti, il R. ha riferito del racconto degli specifici particolari della dinamica dell’omicidio, narrati dagli stessi protagonisti del crimine.

La corte territoriale si è poi soffermata sulle dichiarazioni rese all’udienza 5.3.04 dinanzi al tribunale dei minorenni di Reggio Calabria e ne ha rilevato la non credibilità con articolata argomentazione ha messo in rilievo la non credibilità del dichiarante, in virtù della non acquisibile ricostruzione razionale dell’evoluzione del R. da un’iniziale posizione di mendacio calunniatorio a una cristallina conversione alla leale ricostruzione del ruolo del P. nella vicenda omicidiaria.

Il collegio ha messo in luce – con valutazione incensurabile in sede di giudizio di legittimità – l’intrinseca fragilità persuasiva della nuova versione dei fatti, caratterizzata dall’esposizione di imprecisioni e vuoti mnemonici, nonchè la carenza di dati storici indicativi delle origini, degli interessi, delle finalità della scelta del R. di fornire ai all’autorità procedente una fitta serie di accuse false in danno del P.. Dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado – caratterizzate da uniforme apparato storico – giuridico e costituenti un unico apparato argomentativi – emerge la molteplicità di udienze, nel corso delle quali il R. ha narrato, ripetuto, integrato, precisato nei minimi particolari il ruolo del P. negli atti preparatori ed esecutivi dell’omicidio. A fronte di tanta narrazione non è stata riconosciuta forza screditante a un fragile e ingiustificato rovesciamento di ricostruzione storica.

Le critiche formulate dal ricorrente alle iniziali dichiarazioni accusatorie attengono a valutazioni fattuali incompatibili con il perimetro valutativo delimitato dal legislatore per il giudizi di legittimità.

Le sentenze di merito hanno inoltre messo in luce il complessivo impianto accusatorio a carico del P., fondato su risultanze processuali legittimamente formate ed acquisite nell’istruttoria dibattimentale (conferma delle dichiarazioni accusatorie del R., da parte delle dichiarazioni di Mo.Gi.; conferma, da parte della acquisita sentenza definitiva, dei motivi e dei mandanti dell’omicidio; accertamento della collocazione del P. nel contesto criminoso in cui è stato ideato e realizzato il delitto).

Quanto alle censure su violazione del diritto di difesa, si rileva che esse non sono state mosse nei giudizi di merito e che comunque le dichiarazioni del R. sono stati utilizzate nei limiti e con le garanzie di legge, attraverso il lineare confronto e la esaustiva comparazione tra i fatti accertati con la sentenza irrevocabile della corte di assise di appello e tutte le prove dichiarative formate nel contraddittorio tra le parti, nel presente processo.

Il ricorso va quindi rigettato ,con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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