Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2011, n. 2556 Contratto di locazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Venezia ha riformato la prima sentenza, condannando la Telecom Italia spa a rilasciare un immobile della soc. Devco, sul quale erano stati fissati impianti di telefonia radiomobile, stabilendo la data per l’esecuzione.

Il ricorso per cassazione della Telecom Italia è svolto in quattro motivi. Risponde con controricorso la D srl.

Motivi della decisione

Il primo motivo del ricorso sostiene che la sentenza avrebbe fondato la decisione sulla domanda nuova costituita dal riferimento ad un contrato diverso e precedente (stipulato con la Telecom dalla società dante causa della Devco) rispetto a quello (cd. accordo di ospitalità) che era stato fatto valere in primo grado.

Il secondo motivo censura la sentenza nel punto in cui afferma che la Telecom non ha provato che il menzionato accordo abbia novato il precedente contratto di locazione stipulato tra la dante causa della Devco e la Telecom.

Il terzo ed il quarto motivo censurano la sentenza laddove afferma che, non avendo la Telecom offerto la prova di cui sopra, è inapplicabile alla fattispecie la L. n. 392 del 1978, art. 79, in ragione della quale è nulla ogni pattuizione mirante ad attribuire al locatore vantaggi in contrasto con la legge stessa.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

La sentenza ha svolto l’accertamento di merito relativo alla circostanza che la Devco ha agito per il rispetto dell’accordo in base al quale la Telecom s’era impegnata a rilasciare l’impianto alla pattuita scadenza del 7.9.2003 e che siffatta domanda è rimasta immutata anche in grado d’appello, dove l’attrice, senza cambiare nè petitum, nè causa petendi e restando pacifica tra le parti l’esistenza di quel precedente contratto di locazione (tra la dante causa della Devco e la Telecom) del quale s’è detto prima, ha solo introdotto siffatta pacifica argomentazione. Si tratta di un accertamento di merito riguardante l’interpretazione del contenuto e degli ambiti della domanda che, siccome motivato in maniera congrua e logica, sfugge alla censura di legittimità.

La sentenza ha pure aggiunto che la Telecom, per svolgere una valida eccezione, avrebbe dovuto provare (e non lo ha fatto) che il successivo accordo (limitatosi a ridisciplinare il canone e la scadenza del contratto) avesse avuto portata novativa rispetto all’originario contratto. Affermazione, questa, per un verso adeguata alla consolidata giurisprudenza secondo cui siffatta nuova disciplina del rapporto non è di per sè sintomatica dell’avvenuta stipula di un nuovo contratto e, per altro verso, contenente un accertamento di merito incensurabile in cassazione per le stesse ragioni suddette.

Su questa base la sentenza perviene al nucleo centrale della decisione, fondando su un principio giuridico consolidato nella giurisprudenza e che occorre qui ribadire. Il principio secondo cui in tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione, i diritti vantati dal conduttore, una volta sorti, sono disponibili e possono essere oggetto di rinunzia, con o senza corrispettivo, a favore del locatore come di un terzo, non ostandovi la tutela di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, che è volta ad impedire che i diritti vantati dal conduttore siano oggetto di un’elusione di tipo preventivo (tra le tante, cfr. Cass. n. 675/05 – n. 21520/04).

In quest’ordine di idee, il provvedimento impugnato chiarisce che il cd. accordo di ospitalità, siccome sopravvenuto rispetto all’originario contratto, non può incorrere nella nullità sancita dalla menzionata disposizione normativa.

La sentenza, in conclusione, sfugge a censure riguardanti sia la legittimità, sia la motivazione ed il ricorso deve essere respinto, con condanna della Telecom a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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