Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-09-2010) 12-01-2011, n. 621

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza emessa il 15.4.09, la corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza emessa nei confronti di V. D., il 12.11.07 dal tribunale della stessa sede, ritenuta la continuazione tra il fatto e altro reato giudicato con sentenza irrevocabile in data 10.6.07 del Gup del medesimo tribunale, ha rideterminato la pena in complessivi anni cinque di reclusione ed Euro 650,00 di multa.

Ha confermato l’affermazione di responsabilità del V. in ordine al reato di furto commesso nell’appartamento di L. P., in cui si introduceva previa l’effrazione del vetro di una finestra.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. vizio di motivazione sul punto del riconoscimento del reo:

l’individuazione fotografica, da parte della persona che ha visto l’autore del furto, è del tutto carente e imprecisa.

Inoltre il suo ricordo sulla tinta dei capelli è contrastate con quello di altro teste.

2. vizio di motivazione in riferimento al diniego della concessione delle attenuanti generiche:

i precedenti penali non sono incompatibili con la concessione;

3. vizio di motivazione in riferimento al diniego di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale:

la corte ha motivato il diniego ritenendo aprioristicamente l’irrilevanza delle prove.

Secondo il ricorrente, è illogico ritenere inutile una prova testimoniale, senza prima sentire il teste.

Il ricorso si articola in motivi manifestamente infondati.

Con il primo motivo il ricorrente propone una censura che riguarda aspetti valutativi delle risultanze processuali che non possono essere esaminati, nell’alveo della delimitato sindacato riconosciuto dal legislatore a questa corte.

Come è ampiamente noto, il sindacato della S.C. ha un orizzonte circoscritto, dovendo essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di effettuare una "rilettura" degli elementi di fatto posti a suo fondamento, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito.

La motivazione della sentenza della corte di appello di Trieste ha espresso le sue valutazioni in maniera coerente sul piano logico, previa un’esauriente analisi delle risultanze processuali, costituite da:

1. testimonianza e individuazione fotografica, effettuate dal teste H., la cui affidabilità intrinseca ha trovato riscontro in un elemento di oggettiva efficacia confermativa (l’autore del furto è stato visto fuggire a bordo di un ciclomotore, il cui possesso è stato ammesso dall’imputato);

la credibilità del teste H. è stata logicamente ritenuta non sminuita dalla mancata indicazione del dato marginale costituito dal colore del veicolo;

2. dichiarazioni di altro teste sull’uso, da parte dell’autore del furto, di un ciclomotore dalle caratteristiche simili a quelle del veicolo di cui al punto 1);

tale dichiarazioni sono state valutate con adeguata giustificazione credibili anche se contrastanti su un aspetto motivatamente ritenuto marginale (lo specifico tipo dello scooter);

3. convergenza delle due testimonianze sul colore di capelli dell’autore del fatto.

Su questo elemento della capigliatura, la corte ha poi dato logica giustificazione al mancato riconoscimento della rilevanza delle testimonianze indicate dalla difesa, in quanto dirette alla rievocazione di un elemento (la foggia dei capelli del V. al momento del fatto) suscettibile di facile modifica (lo stesso imputato ha ammesso di aver tagliato i capelli poco prima del fatto).

E’ del tutto generica la censura della motivazione concernente il diniego delle attenuanti generiche, giustificato dai giudici di merito con esaustivo e chiaro riferimento alla spiccata capacità a delinquere, emergente dalle numerosissime condanne per reati contro il patrimonio e con riferimento alla reiterazione di delitto immediatamente successiva all’espiazione di una pena.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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