T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 12-01-2011, n. 76 Concessione per nuove costruzioni modifiche e ristrutturazioni Costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’atto introduttivo del giudizio, notificato in data 20 gennaio 2007 e depositato il 15 febbraio seguente, i ricorrenti hanno premesso di essere proprietari di un terreno sito nel Comune di Casamarciano, alla via Nazionale delle Puglie, identificato nel NCEU al foglio 4, particella 785, ricadente in zona agricola semplice del vigente strumento urbanistico.

Essi hanno impugnato l’ordinanza in epigrafe descritta, con cui il Capo Settore Tecnico – Servizio Urbanistica e Edilizia del suddetto ente ha ingiunto la demolizione di un manufatto abusivamente costruito sul predetto fondo, "di circa mt.2,50×5,50, realizzato con struttura in tubolari di ferro, tompagnatura in muratura e copertura con tegole a due falde. L’altezza minima è di 2,20 mt. circa e quella massima è di 2,50 mt. circa".

A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento sanzionatorio, hanno dedotto i seguenti motivi di diritto: Violazione e falsa applicazione dei principi generali regolanti l’esercizio del potere repressivo in materia edilizia – Eccesso di potere – Difetto di istruttoria e di motivazione – Ingiustizia manifesta – Omessa ponderazione dell’interesse pubblico e privato – Violazione e falsa applicazione degli artt.3, comma 1, lett. e), 6, 10 e 22 del D.P.R. n.380/2001.

Essi assumono la natura pertinenziale del manufatto, destinato a deposito di attrezzi agricoli, nonché la sua remota realizzazione, in quanto tale assoggettato al regime semplificato della d.i.a., da acquisirsi eventualmente anche in sanatoria. Lamentano inoltre il difetto di motivazione sull’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi e sulla prevalenza di quest’ultimo rispetto a quello dei destinatari dell’ingiunzione.

Gli stessi ricorrenti hanno poi esteso l’impugnazione, mediante motivi aggiunti, per il vizio di invalidità derivata, al successivo provvedimento emesso dal medesimo comune il 25 novembre 2009, con cui è stata dichiarata l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo oggetto della precedente ordinanza di demolizione.

Alla pubblica udienza del 25 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto il provvedimento con cui il Comune di Casamarciano ha ordinato ai ricorrenti la demolizione delle seguenti opere abusive: "manufatto di circa mt.2,50×5,50, realizzato con struttura in tubolari di ferro, tompagnatura in muratura e copertura con tegole a due falde. L’altezza minima è di 2,20 mt. circa e quella massima è di 2,50 mt. circa".

Il ricorso è infondato.

La prima censura – con cui si lamenta che l’intervento realizzato non sarebbe assoggettato al regime del permesso di costruire – non è meritevole di accoglimento.

In primo luogo, non può utilmente farsi ricorso al concetto di attività di manutenzione straordinaria che, secondo la definizione contenuta nell’art.3, lettera b), del d.P.R. 6 giugno 2001 n.380, è qualificata dal duplice aspetto della finalità dei lavori, diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di un preesistente manufatto e dal divieto di alterarne i volumi e le superfici (cfr., tra le tante, con riferimento all’analoga nozione già prevista dall’art.31 della legge n.457 del 1978, Consiglio di Stato, Sezione V, 22 luglio 1992, n. 336; T.A.R. Campania, Sezione IV, 4 luglio 2001, n. 3072), atteso che i ricorrenti non hanno fornito neanche un principio di prova in ordine all’asserita preesistenza del manufatto, non essendo utile allo scopo la perizia giurata esibita, che si limita solo a descrivere le caratteristiche strutturali e dimensionali del corpo di fabbrica..

Non appare condivisibile neanche la riduttiva definizione dell’intervento sopra descritto come mera pertinenza, atteso che, come chiarito dalla giurisprudenza (cfr., Consiglio di Stato, Sezione V, 23 marzo 2000 n.1600; T.A.R. Lazio, Sezione II ter, 6 settembre 2000 n.6900; T.A.R. Campania, Sezione II, 24 gennaio 2008 n.402 e Sezione IV, 3 gennaio 2002 n.50; T.A.R. Lazio, Latina, 4 luglio 2006 n.428; T.A.R. Toscana, Sezione III, 27 novembre 2006 n.6052; T.A.R. Emilia Romagna, Sezione II, 11 ottobre 2007 n.2286), la nozione urbanistica di pertinenza non coincide con quella più ampia fornita dall’art.817 del cod. civ., dovendo essere perimetrata in modo compatibile con i principi della materia e riferita, quindi, alle sole opere edilizie minori, che abbiano scarso o nullo peso dal punto di vista del carico edilizio ed urbanistico. Ciò non si verifica nel caso in esame, in quanto il manufatto, per i materiali utilizzati, si sostanzia in un organismo edilizio suscettibile di autonomo utilizzo rispetto all’abitazione.ed integra certamente una nuova costruzione idonea ad alterare lo stato dei luoghi ed a comportare trasformazione del territorio, per la quale occorre munirsi preventivamente del permesso di costruire, ai sensi dell’art.10, comma 1, lett. a), del d.P.R. n.380/2001 (cfr. T.A.R. Campania, Sezione II, 24 gennaio 2008 n.402 e 21 maggio 2009 n.2828). Né, peraltro, la parte ricorrente ha dimostrato il rispetto del rapporto (non superiore al 20%) con la cubatura dell’edificio principale previsto dal richiamato art.3, lettera e.6), del D.P.R. n.380/2001 né dell’indice volumetrico stabilito per gli interventi pertinenziali in zona agricola.

Circa il presunto difetto di motivazione, va osservato che nello schema giuridico delineato dall’art. 31 del d.P.R. n.380/2001 non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo dell’abuso edilizio costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione, soprattutto quando, come nella specie, è decorso un breve periodo di tempo tra la realizzazione delle opere e l’emissione dei provvedimenti sanzionatori (cfr. T.A.R. Campania, Sezione II, 23 aprile 2007 n.4229; Sezione IV, 24 settembre 2002, n. 5556; Consiglio Stato, Sezione IV, 27 aprile 2004, n. 2529). In definitiva, l’ingiunzione di demolizione può ritenersi sufficientemente motivata per effetto della stessa descrizione dell’abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria.

E’ infondata anche la censura di difetto di istruttoria, in quanto la misura repressiva trova pieno riscontro nel richiamato verbale di sopralluogo effettuato il 12 ottobre 2006.

Non merita accoglimento neppure la doglianza con cui si lamenta la violazione degli artt.36 e 37 del D.P.R. n.380/2001, poichè la parte ricorrente non ha dimostrato di essersi effettivamente avvalsa della facoltà di chiedere la sanatoria delle opere, per cui non poteva esigersi, in difetto di domanda di parte, che il comune dovesse verificare d’ufficio la conformità urbanistica dell’intervento in contestazione, atteso che un onere siffatto non è previsto nella disciplina vigente concernente i poteri di vigilanza e sanzionatori sull’attività edilizia abusiva (cfr., per tutte, T.A.R. Campania, Sezione II, 23 giugno 2006 n.7154).

Le considerazioni fin qui svolte consentono di respingere anche le censure, di analogo tenore, reiterate in sede di motivi aggiunti, avverso la successiva ordinanza di acquisizione, stante la natura vincolata di quest’ultimo provvedimento, emesso sulla base dell’inottemperanza alla precedente ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi, da reputarsi pienamente efficace e legittima.

In difetto di costituzione dell’intimato ente locale, nulla va disposto sulle spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese, fermo restando che il contributo unificato resta definitivamente a carico della parte soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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