Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 01-12-2010) 13-01-2011, n. 664 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di controlli sull’autoarticolato condotto dal ricorrente effettuati subito dopo lo sbarco del mezzo da una nave proveniente dall’estero, la Guardia di Finanza ha proceduto al sequestro di circa 7.000 Kg. di tabacchi lavorati esteri di contrabbando, di documentazione di trasporto attestanti il falso, di quattro telefonici cellulari e relative schede, e altro ancora. Stante la flagranza di reato, il Sig. Z. è stato tratto in arresto ed il G.i.p., convalidato l’arresto, ha respinto la richiesta di emissione di misura cautelare non avendo ravvisato esigenze cautelari.

Su appello del Pubblico Ministero il Tribunale di Ancona ha ravvisato come unico presupposto per l’emanazione della misura quello previsto dall’art. 274 c.p.p., lett. c) ed emesso ordinanza di custodia in carcere nei confronti dell’indagato.

Avverso tale decisione il Sig. Z. ha proposto ricorso per cassazione tramite il Difensore. Il ricorrente ha contestato la sussistenza del pericolo concreto di reiterazione criminosa, professandosi all’oscuro della presenza del carico di tabacchi e lamentando che il Tribunale abbia omesso di considerare distintamente gli elementi attinenti la gravità del fatto e quelli attinenti la personalità.

Lamenta, inoltre, la nullità dell’ordinanza perchè il Tribunale ha omesso di disporne la traduzione in lingua conosciuta dall’indagato (che non parla la lingua italiana ed è stato sentito con l’aiuto di un interprete), così violando un diritto fondamentale della persona chiamata a difendersi (si veda Corte Costituzionale, sentenza n. 10 del 1993 in relazione al disposto degli artt. 143 e 292 c.p.p., comma 2).

Motivi della decisione

1. La prima parte del ricorso fonda la propria argomentazione su due aspetti essenziali: la mancanza di un effettivo pericolo di reiterazione criminosa in quanto la ignoranza circa l’effettività del carico trasportato escluderebbe l’esistenza di collegamenti con l’ambiente criminale; la non attualità delle esigenze cautelari, atteso il tempo trascorso dal fatto e la mancanza di una specifica motivazione sul punto.

Il primo profilo di censura è manifestamente infondato. La motivazione dell’ordinanza impugnata da conto delle ragioni che impongono di escludere la estraneità dell’indagato alla vicenda di contrabbando e portano a ritenere che egli fosse consapevole della vera natura del carico. Si è in presenza di motivazione priva di vizi logici, che si collega in modo coerente con il giudizio circa la gravità del quadro indiziario. Una volta ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza, non possono che risultare manifestamente infondate le argomentazioni in tema di esigenze cautelari che. come prospettato invece dal ricorrente, muovano da una premessa di estraneità ai fatti.

2. Più delicato il secondo profilo di censura. Nella sostanza il ricorrente afferma che la mancata emissione della misura cautelare da parte del G.i.p., la conseguente rimessione in libertà dell’arrestato e il tempo ormai trascorso dai fatti privano di ogni rilevanza l’ipotesi di reiterazione nel reato. Afferma, poi, che il Tribunale avrebbe errato nel far discendere il giudizio di pericolosità dalle sole modalità del fatto e nell’ignorare del tutto l’esame della personalità dell’indagato, persona incensurata che nel corso dell’interrogatorio di convalida ha riferito tutto quanto a sua conoscenza. Ritiene la Corte che il motivo sia infondato. Il Tribunale ha motivato in modo logicamente non censurabile le ragioni per cui ritiene che l’indagato sia inserito in un più vasto programma criminale, abbia consapevolmente e non casualmente effettuato il trasporto di tabacchi, giungendo così in modo coerente ad affermare che si è in presenza di condotta non solo grave in sè. ma indice di una programmazione e di una volontaria finalizzazione al progetto criminale che rendono elevato il rischio di nuove condotte illecite.

3. Quanto all’ultima censura, e cioè la violazione del diritto di difesa per omessa traduzione dell’ordinanza in un idioma conosciuto dall’indagato, la Corte rileva che dagli atti emergono alcune circostanze rilevanti, che il giudice di legittimità può prendere in esame quale giudice del fatto processuale.

La prima circostanza è rappresentata dal fatto che in sede di interrogatorio davanti al Giudice delle indagini preliminari l’indagato è stato assistito da un interprete.

La seconda circostanza è rappresentata dal fatto che in sede di intervento dei verbalizzanti l’indagato ha interagito con gli stessi, rendendo dichiarazioni spontanee che sono state riportate negli atti, tanto che i verbalizzanti hanno avuto cura di indicare che l’arrestato parla e comprende la lingua italiana.

La terza circostanza è rappresentata dal fatto che il ricorrente in sede di arresto ha chiesto che venisse informata la propria convivente, persona che è titolare, a detta dello steso arrestato, di una utenza telefonica italiana come indicata in atti.

La quarta circostanza è rappresentata dal fatto che il ricorrente risulta titolare di patente di guida rilasciata da autorità italiane fin dal lontano 1981, nonchè di carta di qualificazione di conducente rilasciata anch’essa da autorità italiane.

In conclusione, la Corte ritiene che non sussistano elementi per accogliere la censura mossa dal ricorrente, risultando priva di fondamento l’asserita violazione del diritto di difesa.

4. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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