Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-11-2010) 13-01-2011, n. 675

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Nicosia aveva affermato la penale responsabilità di R.F. in ordine al reato di cui all’art. 392 c.p., per avere arbitrariamente, al fine di esercitare un preteso dritto, proceduto alla recinzione di parte di un terreno oggetto di una controversia civile con R. V., condannando l’imputato al pagamento di Euro 200,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile e alla rimozione della recinzione.

2. – L’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

Con il primo motivo ha dedotto il vizio di motivazione, rilevando che dai risultati dell’istruttoria dibattimentale sarebbe emerso che il fondo era nella sua esclusiva disponibilità e, prima ancora, del padre R.S.. In particolare, ha rilevato che la stessa parte civile avrebbe ammesso che il fondo in questione si trovava da oltre venti-trenta anni nella disponibilità del padre R.S.; che la parte civile non ha mai esercitato alcun diritto di passaggio sulla parte del fondo interessato dalla recinzione; che la recinzione è risalente al (OMISSIS) (teste Ri.

L.) ed era sicuramente stata realizzata già nel (OMISSIS) (teste C.S.). La accertata disponibilità del fondo avrebbe dovuto portare ad escludere la sussistenza del reato in capo all’imputato, che ne ha continuato a disporre così come prima di lui aveva fatto il padre.

Con un secondo motivo ribadisce la eccezione relativa alla tardività della querela, sul presupposto che la condotta contestata si sarebbe consumata nel (OMISSIS), mentre la querela è stata presentata solo il (OMISSIS).

Infine, con l’ultimo motivo chiede la revoca delle statuizioni civili, rilevando che la parte civile avrebbe già ottenuto il risarcimento dei danni in sede civile.

Motivi della decisione

3. – Preliminarmente deve escludersi che vi sia stata l’estinzione del reato a seguito di prescrizione, così come sostenuto dal procuratore generale, in quanto sebbene il termine massimo di sette anni e sei mesi sia interamente decorso alla metà di settembre 2010, deve comunque calcolarsi il periodo di sospensione del corso della prescrizione verificatosi nel giudizio di appello, pari a sessanta giorni. Sicchè ad oggi il reato non risulta prescritto.

4. – Passando all’esame del ricorso deve riconoscersi che i motivi proposti sono fondati.

Dalle sentenze di merito risulta, effettivamente, che nel (OMISSIS) è stata realizzata la recinzione del fondo, sotto la direzione dell’imputato; è altresì emerso, dalle dichiarazioni del geometra che fece i rilievi nel (OMISSIS), che la recinzione già esisteva prima del (OMISSIS), sebbene fosse piuttosto deteriorata; tali circostanze sono state confermate anche dal teste C..

Sulla base di queste dichiarazioni i giudici hanno ritenuto che l’imputato, con i lavori eseguiti nel (OMISSIS), abbia impedito alla parte civile di accedere nell’area, ponendo in essere il reato di cui all’art. 392 c.p..

Tuttavia, le sentenze di merito non hanno considerato che l’imputato, e ancor prima il padre di questi, si trovava nel possesso del fondo in questione, elemento rilevante nel caso di specie, peraltro non oggetto di contestazione.

Dalle sentenze di merito risulta che dinanzi all’iniziativa di R.V., che aveva proposto un’azione con cui rivendicava l’esclusiva proprietà del fondo, R.S., padre dell’imputato, si era costituito in giudizio proponendo domanda riconvenzionale, con cui chiedeva al giudice civile di dichiarare l’avvenuta usucapione del bene.

Il presupposto di fatto era quindi costituito dal possesso del fondo da parte dell’imputato (e prima ancora del padre), mentre il diritto azionato era quello di proprietà, che R.V. reclamava con l’azione di rivendica e che l’imputato contrastava coltivando la domanda riconvenzionale volta ad accertare l’acquisto del bene per effetto del continuo possesso.

Pertanto, l’oggetto della controversia civile era rappresentato dall’accertamento del diritto di proprietà, ferma restando la situazione di possesso del bene.

In base a questa ricostruzione dei fatti, che trova riscontro nelle stesse sentenze di merito, soprattutto in quella di primo grado, deve riconoscersi che la realizzazione di lavori su una recinzione, peraltro esistente da tempo, ancor prima dell’avvio della causa civile, non può qualificarsi come una condotta diretta a farsi arbitrariamente ragione da sè, al fine di esercitare un preteso diritto, che nella specie corrisponde al diritto di proprietà, in quanto tale condotta rappresenta semmai la manifestazione di un potere di fatto sul bene, potere che non può non riconoscersi al soggetto che si trovi nel possesso del bene stesso e che ponga in essere quelle azioni di conservazione del bene, come appunto può essere il ripristino di una recinzione già esistente. In altri termini, l’azione posta in essere dall’imputato rientrava nell’ambito dei poteri e delle facoltà riconosciti al "possessore" di un immobile; in ogni caso, ponendo in essere la recinzione, non avrebbe mai potuto esercitare, arbitrariamente, il diritto di proprietà, oggetto di un accertamento di natura formale.

Dunque è in errore la sentenza impugnata quando afferma che con la sua condotta l’imputato ha impedito alla controparte l’esercizio del diritto di proprietà, per il semplice motivo che l’azione posta in essere da R.F. sul fondo di cui aveva il possesso non appare idonea ad incidere sul diritto di proprietà reclamato da R.V. ed oggetto di accertamento giudiziale.

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ritenuto che il delitto di ragion fattasi, mediante violenza sulle cose, non è ipotizzarle se non in riferimento a cose possedute da altri (v., Sez. 6, 25 febbraio 2003,n. 18153, Crupi), escludendo che possa ritenersi sussistente il reato quando l’agente, come nel caso in esame, si limiti ad agire nell’ambito del possesso esercitato sul bene.

5. – Pertanto, in mancanza dei presupposti della condotta di cui all’art. 392 c.p. la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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