Cons. Stato Sez. V, Sent., 13-01-2011, n. 141 Accordi sindacali Benefici economici e di carriera Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La parte appellata, dipendente della Regione Autonoma della Sardegna assunta in servizio dopo la entrata in vigore del D.P.G.R. n. 116 del 1990, ha proposto ricorso giurisdizionale al T.A.R. della Sardegna per il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell’acconto sui futuri miglioramenti, di cui all’art. 36 di detto D.P.G.R., e dell’acconto salario di anzianità, di cui all’art. 5.5. del D.P.G.R. n. 193 del 1986, dal momento dell’assunzione, che non era stato riconosciuto dalla Amministrazione nell’assunto che gli importi stipendiali spettanti al personale regionale erano "quelli risultanti nell’art. 7, commi 1 e 2, del vigente accordo contrattuale nel testo coordinato pubblicato nel supplemento straordinario n° 2 al Bollettino Ufficiale della Regione Sarda n° 38 del 19 dicembre 1997".

Il gravame è stato accolto con la sentenza in epigrafe indicata, ritenuto che anche per il triennio 19941996, dovevano continuare ad essere applicate le disposizioni sui benefici economici rientranti nel salario di anzianità, compreso l’acconto del 5% per indennizzare il ritardo nel rinnovo del contratto, perché la tesi dell’Amministrazione che i successivi incrementi apportati ai successivi contratti potevano essere corrisposti esclusivamente a coloro che detto salario percepivano a partire dal contratto valevole per il triennio 19851987 non poteva essere condivisa, sia perché non sorretta dalle disposizioni emanate al riguardo e sia perché avrebbe determinato una evidente disparità di trattamento a danno dei dipendenti assunti dopo la vigenza dell’accordo contrattuale 19851987.

Il T.A.R. ha quindi dichiarato il diritto della parte ricorrente ad ottenere, a partire dal 1.1.1997 e fino al 30.6.1998, l’acconto sul salario di anzianità, con condanna dell’Amministrazione regionale al pagamento in favore di essa parte delle somme così spettanti, con interessi o rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato la Regione Autonoma della Sardegna ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1.- Violazione di legge; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità ed erroneità della motivazione.

Il T.A.R. illogicamente, irragionevolmente e sulla base di erronei presupposti, avrebbe riconosciuto il diritto della parte ricorrente, assunta in servizio dopo la entrata in vigore del D.P.G.R. n. 116 del 1990, all’acconto sul salario di anzianità di cui all’art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 e all’art. 36 di detto D.P.G.R. n. 116 del 1990, erroneamente ritenendo dette disposizioni ancora in vigore in base al richiamo di cui all’art. 7, V c., del D.P.G.R. n. 385 del 1995 e che l’applicazione delle stesse ai soli dipendenti anziani avrebbe comportato disparità di trattamento.

Le disposizioni di cui all’art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 e all’art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990 non sarebbero, invero, suscettibili di applicazione oltre il limite temporale del triennio di riferimento, né sarebbe sussistente l’ipotizzata disparità di trattamento perché la circostanza che colleghi della parte appellata di pari qualifica hanno continuato a percepire quanto ad essi in precedenza riconosciuto a titolo di acconto sui futuri miglioramenti in periodi in cui essa parte non era ancora dipendente regionale, configurerebbe una disparità dovuta solo alla loro diversa anzianità.

Con memoria depositata il 18.10.2010 parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 19.11.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, la Regione Autonoma della Sardegna ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sezione II, n. 01313 del 2008, di accoglimento del ricorso proposto dalla parte appellata in epigrafe indicata, dipendente regionale assunta in servizio dopo la entrata in vigore del D.P.G.R. n. 116 del 1990, per il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell’acconto sui futuri miglioramenti di cui all’art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990 e dell’acconto salario di anzianità di cui all’art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986, dichiarando il diritto della suddetta parte ad ottenere, a partire dal 1.1.1997 e fino al 30.6.1998, l’acconto sul salario di anzianità, con condanna dell’Amministrazione regionale al pagamento delle somme così spettanti, con interessi o rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

2.- A sostegno del gravame è stata dedotta violazione di legge, nonché eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità ed erroneità della motivazione.

La decisione impugnata sarebbe fondata su di una erronea interpretazione dell’istituto dell’acconto sui futuri miglioramenti di cui all’art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 e all’art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990, nonché della norma di rinvio di cui all’art. 7, V c., del D.P.G.R. n. 385 del 1995.

In base alle sopra indicate disposizioni può affermarsi che originariamente il salario di anzianità è stato inserito come voce salariale aggiuntiva alla retribuzione tabellare in base alla applicazione di criteri di calcolo basati sulla anzianità di servizio dei dipendenti al 31.12.1986; l’ammontare di detto salario ha poi subito due variazioni in aumento, in base alla previsione che se il nuovo accordo collettivo non fosse stato stipulato entro i termini di scadenza dell’accordo che lo prevedeva, ai dipendenti sarebbe stato versato un acconto sui futuri miglioramenti a titolo di salario di anzianità.

Detto acconto, se confermato da una nuova norma del contratto collettivo, veniva conglobato nel salario, facendone aumentare l’ammontare, ma conservando una natura diversa dal salario di anzianità, che aveva la funzione di remunerare l’anzianità maturata al 31.12.1986, mentre l’acconto aveva una finalità risarcitoria del danno dipendente dalla vacanza contrattuale.

Il T.A.R. illogicamente, irragionevolmente e sulla base di erronei presupposti avrebbe riconosciuto il diritto della parte ricorrente, assunta in servizio dopo la entrata in vigore del D.P.G.R. n. 116 del 1990, all’acconto sul salario di anzianità di cui ai citati art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 ed art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990, ritenendo dette disposizioni ancora in vigore in base al disposto del D.P.G.R. n. 385 del 1995 (di approvazione dell’accordo contrattuale 19941996), il cui articolo 7, al V comma, stabiliva che "il salario di anzianità di cui all’art. 13, terzo comma, del D.P.G.R. 7 giugno 1990, n. 116, è confermato con l’incremento corrisposto ai sensi dell’art. 36 del citato decreto", nonché che l’applicazione delle stesse ai soli dipendenti anziani avrebbe comportato disparità di trattamento.

La tesi che, poiché tutte le norme di cui agli accordi collettivi recepiti con D.P.G.R. hanno validità temporale limitata nel tempo e che avendo valore di legge non possono essere eliminate dall’ordinamento se non con abrogazione espressa o tacita a mezzo di una successiva disposizione (con applicabilità di detta disposizione sull’acconto salario di anzianità anche a coloro che erano stati assunti sotto la vigenza di un accordo diverso da quello che lo aveva istituito anche se non lo riproduce espressamente), sarebbe incompatibile con il disposto della L. R. n. 33 del 1984, che ha disciplinato il pubblico impiego alle dipendenze della Regione Sardegna in conformità alla L. n. 93 del 1983, prevedendo che gli accordi hanno efficacia limitata nel tempo di tre anni e che la disciplina contenuta negli accordi stessi conserva provvisoriamente efficacia fino all’entrata in vigore della nuova normativa.

Conseguentemente le disposizioni di cui ai citati art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 ed art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990 non sarebbero suscettibili di applicazione oltre il limite temporale del triennio di riferimento, come dimostrato dalla circostanza che quando in sede di rinnovo contrattuale il legislatore regionale ha voluto riproporre l’istituto dell’acconto sui futuri miglioramenti già previsto dal precedente accordo lo ha fatto espressamente.

Dalla circostanza che il D.P.G.R. n. 385 del 1995 non ha previsto autonomamente disposizioni assimilabili ai benefici concessi con detti precedenti DD.P.G.R. dovrebbe quindi dedursi che la parte appellata non aveva diritto ai benefici stessi.

Né sarebbe sussistente l’ipotizzata disparità di trattamento perché (premesso che non è veritiera la circostanza che i dipendenti regionali assunti prima di essa parte e percipienti il salario di anzianità abbiano goduto nel periodo di vacanza contrattuale iniziata l’1.1.1997 di un ulteriore aumento del 5% dello stesso a titolo di acconto sui futuri miglioramenti) la circostanza che colleghi della parte ricorrente di pari qualifica hanno continuato a percepire quanto ad essi in precedenza riconosciuto a titolo di acconto sui futuri miglioramenti in periodi in cui essa parte non era ancora dipendente regionale, configurerebbe una disparità dovuta solo alla loro diversa anzianità. Il trattamento "peggiorativo" rispetto a quanto previsto dai precedenti accordi, dovuto al mancato riconoscimento con l’accordo di cui al D.P.G.R. n. 385 del 1995 di un beneficio economico per la vacanza contrattuale verificatasi dall’1.1.1997, avrebbe quindi prodotto i suoi effetti indifferentemente su tutti i dipendenti regionali in servizio a detta data e non ha comportato alcuna disparità di trattamento.

2.1.- Osserva il Collegio che sono fondate le censure rivolte alla sentenza impugnata, con la quale è stato ritenuto che anche per il triennio 19941996, dovevano continuare ad essere applicate le disposizioni sui benefici economici rientranti nel salario di anzianità, compreso l’acconto del 5% per indennizzare il ritardo nel rinnovo del contratto.

Non può invero condividersi in primo luogo la tesi fatta propria dal Giudice di prime cure che il diritto della parte appellata (assunta in servizio dopo la entrata in vigore del D.P.G.R. n. 116 del 1990) all’acconto sul salario di anzianità previsto dall’art. 5.5 del D.P.G.R. n. 193 del 1986 e dall’art. 36 di detto D.P.G.R. n. 116 del 1990, sussisteva perché dette disposizioni dovevano considerarsi ancora in vigore, dopo la scadenza dei periodi di validità temporale dei contratti collettivi approvati con detti DD.P.G.R., in base al contenuto del D.P.G.R. n. 385 del 1995 (di approvazione dell’accordo contrattuale 19941996), il cui articolo 7, al V comma, ha stabilito che "il salario di anzianità di cui all’art. 13, terzo comma, del D.P.G.R. 7 giugno 1990, n. 116, è confermato con l’incremento corrisposto ai sensi dell’art. 36 del citato decreto".

Va considerato al riguardo che la attribuzione della voce retributiva in questione era disciplinata dall’art. 5.5. del D.P.G.R. n. 193 del 1986 (che ha recepito l’accordo contrattuale 19851987), che, con riguardo all’acconto del salario di anzianità, prevedeva che "qualora il rinnovo del nuovo accordo non dovesse realizzarsi alle scadenze previste dal presente accordo, al personale verrà comunque corrisposto, a titolo di acconto, un beneficio di importo apri al cinque per cento dell’iniziale livello, da considerarsi quale salario di anzianità", nonché dall’art. 36 del D.P.G.R. n. 116 del 1990 (di recepimento dell’accordo 19881990), che prevedeva, con riferimento all’acconto sui futuri miglioramenti, che "qualora il rinnovo del prossimo accordo non dovesse realizzarsi alle scadenze previste dal presente accordo, al personale verrà comunque corrisposto, a titolo di acconto, un beneficio di importo pari al 5% del livello tabellare, da considerarsi quale salario di anzianità".

Detti benefici erano quindi da considerarsi quali componenti del salario volte ad indennizzare i dipendenti dal mancato tempestivo adeguamento retributivo a seguito del ritardo nella stipulazione del nuovo contratto per il successivo triennio, espressamente qualificati quali acconti sui futuri miglioramenti.

Successivamente essi benefici sono entrati a far parte della retribuzione e qualificati come salario di anzianità in base all’art. 13, comma III, del D.P.G.R. n. 116 del 1990, ha confermato i benefici economici del salario di anzianità, disponendo che: "Il salario di anzianità previsto dalla disposizione del punto 5.3 del D.P.G. 5 dicembre 1986 n. 193 è confermato con l’incremento corrisposto a titolo di acconto, ai sensi della disposizione del punto 5.5 dello stesso D.P.G. n. 193/1986", nonché in base all’art. 7, V c., dei DD.P.G.R. 21.12.1995 n. 385, 9.5.1996 n. 113 e 27.3.1997 n. 45 (di approvazione dell’accordo contrattuale 19941996), il cui articolo 7, al V comma, ha stabilito che "il salario di anzianità di cui all’art. 13, terzo comma, del D.P.G.R. 7 giugno 1990, n. 116, è confermato con l’incremento corrisposto ai sensi dell’art. 36 del citato decreto",

La circostanza che dette disposizioni affermano che detto salario, collegato alla anzianità di servizio, era confermato non può che essere intesa nel senso che i dipendenti cui era stata riconosciuta continuavano a beneficiarne e non nel senso che il beneficio poteva essere esteso a tutti i dipendenti regionali.

Né può ritenersi che ciò comportasse disparità di trattamento perché la situazione di fatto di colleghi di pari qualifica della parte appellata, ma con maggiore anzianità, che hanno continuato a beneficiare degli acconti sui futuri miglioramenti economici per pregressi periodi di vacanza contrattuale, è sicuramente diversa da quella della suddetta parte che all’epoca non era in servizio e ha quindi minore anzianità, sicché la circostanza deve considerarsi quale non irrazionale conseguenza della diversità delle situazioni di fatto suddette; ciò considerato che in base ai DD.P.G.R. 21.12.1995 n. 385, 9.5.1996 n. 113 e 27.3.1997 n. 45 (di approvazione dell’accordo contrattuale 19941996) a nessun dipendente è stato riconosciuto un beneficio economico simile a quello riconosciuto con i precedenti accordi contrattuali per un futuro eventuale periodo di vacanza contrattuale.

Neppure condivide il Collegio la tesi del T.A.R. che il riconoscimento del diritto al beneficio in questione a partire dalla data di ingresso in servizio e limitatamente all’acconto ascrivibile al ritardo nella stipulazione del contratto di lavoro per il periodo di pertinenza sarebbe conforme al principio generale sulla successione delle leggi nel tempo (perché le disposizioni sull’acconto salario di anzianità in questione avrebbero natura normativa derivante dal fatto che il contratto è stato approvato con D.P.G.R., con la conseguenza che la loro eliminazione poteva avvenire unicamente per effetto di una abrogazione espressa o implicita da parte di una successiva disposizione capace di incidere su di essa).

Tale tesi è da considerare infatti, come condivisibilmente dedotto con l’atto di appello, incompatibile con l’art. 4 della L. R. Sardegna n. 33 del 1984, di disciplina del pubblico impiego (sulla base dei principi generali di cui alla legge quadro nazionale sul pubblico impiego n. 93 del 1983), che, nel prevedere che gli accordi contrattuali di norma hanno durata triennale e che la disciplina in essi contenuti conserva provvisoriamente efficacia fino alla entrata in vigore della nuova contrattazione collettiva, ha quindi espressamente previsto e stabilito la efficacia triennale degli accordi stessi, sicché non era necessaria la loro abrogazione espressa o tacita in sede di stipulazione di un nuovo accordo per far venir meno i loro effetti, a prescindere dalla loro natura normativa.

In conclusione le considerazioni che precedono comportano che non spettano, alla parte appellata, gli incrementi tabellari a suo tempo previsti dai vecchi contratti cui prima si è fatto cenno con riferimento a pregressi periodi di vacanza contrattuale, trattandosi di periodi antecedenti alla sua immissione in ruolo e che avevano lo scopo di indennizzare coloro che erano in servizio a quell’epoca, del tardivo rinnovo del contratto; tali benefici non possono, pertanto, essere applicati a coloro che non hanno subito alcun danno dalla ritardata stipula del contratto.

Si tratta, in sostanza, di un assegno "ad personam" attribuito ad una certa data e confermato, nei suoi incrementi, per un periodo di tempo limitato dai contratti successivi e del quale non è stata prevista l’estensione ai dipendenti che, all’epoca, non erano in servizio (Consiglio Stato Sezione V, 18 agosto 2010, n. 5800).

3.- L’appello deve essere quindi accolto e deve essere conseguentemente respinta la domanda di riconoscimento del diritto alla corresponsione dell’acconto di cui trattasi e di condanna della Regione Autonoma della Sardegna al pagamento delle somme a tale titolo spettanti, formulata con il ricorso di primo grado.

4.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R. della Sardegna dalla parte appellata.

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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