Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-02-2011, n. 2728 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con separati (e successivamente riuniti) ricorsi del 18.5.2001 la società Erbambiente srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Como un avviso di mora e venti cartelle di pagamento per IRPEF dal 1992 al 1995, deducendo la nullità della relativa notifica, nonchè l’infondatezza nel merito della pretesa tributaria.

La Commissione tributaria provinciale – disattendendo l’eccezione di tardività dei ricorsi, proposta dall’Ufficio – affermava la nullità della notificazione degli atti impugnati e pertanto annullava questi ultimi.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale l’Ufficio proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale, deducendo quale unico motivo di appello il preteso errore del primo giudice consistente nel non aver dichiarato inammissibili i ricorsi del contribuente, in quanto presentati fuori termine (vedi la motivazione della sentenza impugnata, a pag. 2: "Sostanzialmente l’appellante limita le proprie ragioni all’unico motivo dell’asserita tardività dei ricorsi").

La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello, disattendendo a propria volta l’eccezione di tardività dei ricorsi della contribuente. In particolare la Commissione Tributaria Regionale rilevava che la notifica degli atti amministrativi impugnati presentava i seguenti vizi:

– Era stata effettuata in un luogo diverso dalla sede legale della società;

– Era stata effettuata nelle forme dell’art. 140 c.p.c. senza il previo riscontro della irreperibilità di persona fisica idonea a ricevere la notifica;

– Era stata effettuata senza il rispetto delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c.;

Tanto premesso, la Commissione Tributaria Regionale fondava la propria decisione di rigetto della eccezione di tardività dei ricorsi della contribuente su due distinti ed autonomi argomenti:

a) I citati vizi della notifica implicavano inesistenza e non mera nullità della stessa, con la conseguente impossibilità di attribuire efficacia sanante al fatto della presentazione dei ricorsi da parte della contribuente;

b) I citati vizi della notifica determinavano una situazione di incertezza in ordine all’effettivo comportamento dell’Amministrazione che giustificava la rimessione in termini del ricorrente in ordine alla presentazione dei ricorsi.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, hanno proposto ricorso per cassazione contro la Erbambiente srl concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata.

La Erbambiente srl si costituiva nel giudizio di cassazione con controricorso.

Il ricorso veniva discusso alla pubblica udienza del 10.12.010, in cui il PG concludeva per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Quest’ultimo non è stato parte del giudizio di secondo grado (a cui ha partecipato solo l’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate), cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio.

Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la giurisprudenza di questa Corte in tal senso si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

Quanto al ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate esso si fonda su un unico complesso motivo, rubricato come:

Violazione degli artt. 100, 140 e 156 c.p.c. del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (art. 360 c.p.c., n. 3); nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5).

La difesa erariale articola la propria doglianza nei seguenti passaggi (pag. 5 del ricorso):

La Commissione Tributaria Regionale:

1) avrebbe giudicato inesistente una notifica solo nulla;

2) conseguentemente avrebbe omesso di prendere in considerazione la sanatoria della nullità ex 156 c.p.c. in base agli elementi di fatto risultanti dagli atti;

3) avrebbe erroneamente ritenuto rilevante l’errore scusabile del contribuente, escluso dalla sanatoria;

4) avrebbe omesso l’esame dell’eccezione di intempestività dei ricorsi.

Il ricorso si sostanzia nella contestazione di un errar in procedendo della Commissione Tributaria Regionale, consistente nel non aver rilevato che la nullità della notifica degli atti amministrativi impugnati dal contribuente era stata sanata ex tunc, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, dalla presentazione dei ricorsi contro tali atti; e, quindi, nel non aver giudicato inammissibili detti ricorsi, perchè proposti dopo lo spirare del relativo termine, calcolato con decorrenza dalla data della notifica.

Il ricorso è infondato, perchè la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente respinto l’unico motivo di appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza di primo grado, consistente nella reiterazione dell’eccezione di tardività dei ricorsi, già respinta dalla Commissione Tributaria Provinciale.

Questa Corte deve tuttavia correggere, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c. la motivazione della sentenza impugnata, laddove afferma che la notificazione degli atti amministrativi impugnati dal contribuente sarebbe stata inesistente e, pertanto, insuscettibile di sanatoria.

Devono infatti svolgersi le due seguenti precisazioni.

1) I vizi da cui erano affette le notifiche delle cartelle di pagamento e dell’avviso di mora impugnati dalla Erbambiente srl non rendevano tali notifiche inesistenti, come erroneamente ritenuto dalla Commissione Tributaria Regionale, ma soltanto nulle, giacchè dette notifiche erano comunque state effettuate, ancorchè irritualmente, presso un locale in disponibilità della società destinataria; in argomento questa Corte ha già chiarito che "La notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o con riguardo ad una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto "ex tunc" attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario" (così la sentenza 25350/2009; conforme la sentenza 621/2007).

2) La nullità della notifica di una atto dell’amministrazione tributaria deve ritenersi suscettibile di sanatoria, con effetto ex tunc, per il raggiungimento dello scopo. La possibilità di applicare la sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista dall’art. 156 c.p.c., comma 3 alle nullità della notifica degli atti impositivi è stata sancita dalle Sezioni Unite – componendo un contrasto tra precedenti che negavano tale possibilità (sentenze 5294/2001, 3513/2002, 7691/2003) e altri che l’affermavano (sentenze 3294/1994, 17762/2002) – con la sentenza 19854/2004, che ha affermato che: "La natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento".

I segnalati errori motivazionali della sentenza impugnata non incidono tuttavia sulla conformità a diritto del relativo dispositivo, giacchè è errato l’assunto della difesa erariale secondo cui – poichè la presentazione di un ricorso contro un atto impositivo sana ex tunc la nullità della relativa notifica, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3 – il giudizio sulla tempestività del ricorso stesso andrebbe operato facendo decorrere il termine di impugnazione dalla data della notifica nulla.

Al riguardo va sottolineato che la notificazione dell’atto impositivo tende allo scopo (immediato) di provocare il decorso del termine di impugnazione dell’atto, funzionale al conseguimento dello scopo (mediato) di provocare, in mancanza di tempestiva impugnazione, la definitività dell’atto stesso (sulla funzione della notificazione dell’atto impositivo come provocatio ad opponendum, vedi le sentenze di questa Corte nn. 3294/1994, 17762/2002 e, da ultimo, 15554/2009).

In particolare, poichè la legge collega la decorrenza del termine per l’impugnazione dell’atto non al fatto naturalistico della sua effettiva conoscenza da parte del destinatario, bensì alla astratta conoscibilità che discende dal valido perfezionamento del procedimento notificatorio, può concludersi che lo scopo della notifica è quello di stabilire, con effetto di certezza legale, il dies a quo del termine per l’impugnazione (in questi termini, Cass. 4760/2009).

Tanto premesso, appare evidente che il ricorso tardivo contro un atto dell’Amministrazione finanziaria la cui notifica sia nulla non è idoneo a dimostrare che la notifica abbia, nonostante la nullità, egualmente raggiunto lo scopo di far decorrere il termine dell’impugnazione. E’ certo infatti che il contribuente, avendo impugnato l’atto, ne ha avuto effettiva conoscenza; ma non è certo quando il contribuente ha avuto tale conoscenza, perchè la nullità della notifica impedisce la presunzione (operante in caso di notifica valida) che la data della notifica e la data della effettiva conoscenza coincidano, ossia, in altri termini, impedisce alla notifica di produrre il suo effetto legale tipico, vale a dire la conoscibilità dell’atto. Ai fini del giudizio di tempestività del ricorso contro l’atto amministrativo il relativo termine dovrà pertanto farsi decorrere non dalla data della notifica nulla, ma dalla data in cui risulti che il contribuente abbia avuto effettiva conoscenza del contenuto dell’atto; e l’onere della prova della data in cui il contribuente ha avuto conoscenza dell’atto grava sull’Amministrazione che eccepisca la tardività del ricorso.

Si veda ancora, per una efficace analisi dei fondamenti di tali principi, il seguente stralcio della motivazione della citata sentenza 4760/2009 di questa Sezione: Ora, quel che la legge chiama la "piena conoscenza" è una conoscenza effettiva dell’atto impugnabile e, in quanto tale, essa è, in natura, una conoscenza di pregio maggiore rispetto alla conoscenza potenziale, o conoscibilità. Ma sul piano della regolamentazione giuridica dei rapporti tra i soggetti dell’ordinamento conta, oltre alla natura delle cose e ai fatti attraverso i quali essa si manifesta, la prova di tali fatti. Per quel che qui interessa, cioè per i fenomeni di conoscenza di un atto amministrativo, è più facile provare il fatto della conoscibilità che il fatto della conoscenza effettiva ed è per questa ragione che la legge preordina, in via primaria, varie tecniche di realizzazione di una situazione giuridica oggettiva di conoscibilità per l’amministrato (comunicazione, notificazione, pubblicazione, pubblicità per registri, presenza, accesso ai documenti), di cui si può precostituire la prova con effetto di certezza. Per l’atto amministrativo d’imposizione tributaria, poi, la legge, con maggior rigore, vincola l’ufficio ad adottare, per i suoi provvedimenti, quell’operazione di conoscenza particolarmente vigorosa che è la notificazione, alla cui realizzazione si connette l’effetto di certezza legale della creazione della situazione giuridica oggettiva di conoscibilità per il contribuente.

Sul piano amministrativo generale, poi, come s’è veduto, la stessa legge si premura di precisare, evidenziando la forza della natura delle cose, che le operazioni di conoscenza a destinatario individuale – comunicazione e notificazione – possono essere sostituite, nello svolgimento della funzione di determinare il dies a quo del termine per l’impugnazione, dalla "piena conoscenza" dell’atto impugnabile. I due problemi consequenziali, quello della specificazione del significato di "piena" conoscenza e quello della prova della conoscenza equipollente, sono stati affrontati e risolti dalla giurisprudenza amministrativa, che è solida nel ritenere:

a) che "la piena conoscenza di un provvedimento amministrativo ai fini della decorrenza del termine per la sua impugnazione si ricollega all’avvenuta individuazione del relativo contenuto da parte del destinatario dell’atto, sicchè lo stesso ne possa rilevare l’eventuale valenza lesiva, tenendo presente che la piena percezione del contenuto essenziale dell’atto non postula che il medesimo sia conosciuto in tutti i suoi elementi, ma solo che il destinatario sia stato reso edotto di quelli essenziali, quali l’Autorità emanante, il contenuto dispositivo e la data" (v., per tutte, Consiglio di Stato 22 giugno 2006, n. 293);

b) che "la piena conoscenza del provvedimento impugnato deve essere provata in modo certo ed inequivocabile da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso ed il relativo onere non può ritenersi adempiuto sulla base della prospettazione di mere presunzioni che non assurgono a dignità di prova" (v., per tutte, Consiglio di Stato 21 giugno 2005, n. 3220).

Per gli atti amministrativi d’imposizione tributaria la legge processuale stabilisce che "Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato" (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 1, n. 1). Non si prevede, dunque, alcuna equipollenza tra notificazione e piena conoscenza. Tuttavia, le ragioni illustrate per interpretare le norme sul contenzioso amministrativo generale valgono anche per il contenzioso tributario, perchè sarebbe contrario alla natura delle cose, e alla logica che ne sta alla base, negare alla conoscenza effettiva, purchè piena e purchè provata dall’ufficio tributario, la stessa capacità di creare, a carico del contribuente, l’onere di rispettare il termine decadenziale per l’eventuale impugnazione dell’atto d’imposizione che non gli sia stato notificato, ma che egli abbia, comunque, pienamente conosciuto.

Per un ulteriore recentissima riaffermazione di tali principi si veda anche la sentenza di questa Sezione n. 13852 del 2010, nella cui motivazione si legge: il motivo è fondato perchè, secondo l’orientamento di questa Corte, dal quale non si ha motivo di discostarsi, "la notificazione dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria costituisce una condizione integrativa dell’efficacia della decisione assunta dall’Ufficio finanziario, ma non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto. Ne consegue che l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all’Ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario, nel qual caso grava sull’Ufficio stesso l’onere di provare la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente e la sua acquisizione entro il predetto termine di decadenza" (Corte di cassazione 27 febbraio 2009, n. 4760).

Alla stregua degli esposti principi di diritto, sarebbe stato onere dell’Amministrazione dedurre e provare in quale data (anteriore di sessanta giorni alla presentazione dei ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale) la società Erbambiente aveva avuto conoscenza effettiva del contenuto delle cartelle di pagamento e dell’avviso di mora impugnati.

Tale onere non risulta assolto. Nel ricorso per cassazione non si indica alcuna risultanza processuale la cui valutazione sia stata omessa o travisata dalla Commissione Tributaria Regionale e dalla cui corretta valutazione si dovrebbe desumere la prova del fatto che la Erbambiente avesse conseguito la conoscenza degli atti amministrativi de quibus in data anteriore di oltre sessanta giorni alla presentazione dei ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale.

L’unico riferimento al riguardo si rinviene a pagina 4, righi 5 e segg., del ricorso, ove si legge "Nel ricorso di primo grado (la circostanza si trova richiamata nella sentenza della CTR, richiamando le motivazioni dell’appello) la Società ha dato atto che "in data 14 marzo 2001 la R. – sportello capogruppo di Erba – ha notificato alla ricorrente il deposito, ai sensi del combinato disposto dell’art. 140 c.p.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e del D.P.R. n. 600 del 1973 presso il Comune di Erba, della cartella di pagamento n. (OMISSIS)". La stessa Società, dunque, il 14 marzo 2001 ha avuto conoscenza della notifica". Ma tale riferimento è del tutto privo di concludenza, poichè la dichiarazione che in data 14.3.2001 l’esattore "ha notificato alla ricorrente il deposito, ai sensi del combinato disposto dell’art. 140 c.p.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e del D.P.R. n. 600 del 1973 presso il Comune di Erba, della cartella di pagamento" non equivale affatto, al contrario di quanto mostra di ritenere la difesa dell’Agenzia, alla dichiarazione di aver avuto conoscenza del contenuto della cartella in data 14.3.2001.

Il ricorso dell’Agenzia delle entrate, fondato sull’unico motivo che la Commissione Tributaria Regionale non ha dichiarato inammissibili, per tardività, i ricorsi proposti dalla contribuente avverso gli atti dell’amministrazione finanziaria da cui deriva il presente giudizio, va quindi respinto.

Le spese del giudizio di cassazione vanno a carico della sola Agenzia delle entrate e si liquidano per un valore della causa di Euro 72.348,00.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Compensa le spese tra il Ministero e la resistente; condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.500,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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