Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-02-2011, n. 2721 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Di.Ma.Al. e An. impugnarono l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio del registro di Napoli aveva rettificato, ai fini dell’imposta di registro, il valore di un compendio immobiliare posto in Barano D’Ischia, oggetto di sentenza divisionale registrata il 15.3.1993. Eccepirono difetto di motivazione e violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, nel testo allora vigente, relativamente ai criteri di stima, che contestarono anche in considerazione della esistenza di un vincolo di immodificabilità della L. n. 431 del 1985, ex art. 1-quinquies (cd. Legge Galasso);

nonchè, preliminarmente, nullità dell’avviso per intempestiva notificazione rispetto al termine prescrizionale di legge.

La commissione tributaria provinciale di Napoli dichiarò il ricorso inammissibile, sul rilievo che la costituzione del ricorrente in giudizio fosse avvenuta in violazione del disposto D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 22.

Sopravvenuta C. cost. 21.11.2001, n. 520, la commissione tributaria regionale, su gravame di Alf.Di.Ma. (in proprio e nella qualità di erede del fratello An.), con sentenza depositata il 27.5.2005 (non notificata), rigettò l’appello nel merito, rilevando che, a fronte di una relazione di stima redatta dall’Ute, non era stata opposta dall’impugnante alcuna valida prova a fondamento della tesi difensiva. Evidenziò per vero che D.M. aveva dato dimostrazione della immodificabilità temporanea della destinazione degli immobili, sino all’approvazione dei piani territoriali della regione, ma ritenne tale risultanza non essenziale. Al riguardo testualmente osservò che "la Regione Campania dovrà per legge attuare i piani territoriali e, quindi, implicitamente i beni subiranno una diversa destinazione con conseguente modifica del valore attuale".

Ha proposto ricorso per cassazione D.M.A., nella documentata qualità di erede testamentario di Di.Ma.Al..

Il ricorso, contenente due motivi, è stato depositato per la notifica presso l’Unep di Napoli il 11.7.2006, ed è stato quindi notificato all’Agenzia delle entrate e al Ministero dell’economia e finanze.

Gli intimati non si sono costituiti.

Parte ricorrente ha presentato una memoria.

Motivi della decisione

1. – Il ricorso, inammissibile nei riguardi del Ministero dell’economia e finanze, che non fu parte dei gradi di merito, va esaminato con riguardo alla legittimazione processuale passiva della sola agenzia delle entrate.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce "violazione di legge e violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5".

Lamenta un’omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale venne censurata la nullità dell’avviso di accertamento per notifica dello stesso oltre il termine di prescrizione. E sostiene che quanto innanzi concretizza in ogni caso l’illegittimità della sentenza, "sia ove voglia ravvisarsi un’ipotesi di mancato esame di un punto decisivo della controversia, sia ove (si) dovesse ritenere implicitamente rigettata la relativa eccezione (…)".

In ipotesi assume che l’illegittimità della decisione andrebbe ravvisata per violazione della L. n. 413 del 1991, art. 57 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2. 2. – Il motivo è inammissibile.

Dalla sentenza impugnata invero non emerge in quali specifici termini la questione fu posta in seno al giudizio di merito.

Nè si palesa esplicitamente il dato dell’avvenuta riproposizione di una questione del genere mediante i motivi di appello.

Il ricorrente richiama la fattispecie di cui all’art. 52, comma 2, di cui al testo originario del D.P.R. n. 131 del 1986, fattispecie peraltro di decadenza, e non di prescrizione, rapportata alla data del pagamento dell’imposta proporzionale. Ma dalla sentenza nulla risulta al fine di potersi qualificare nei dianzi indicati termini, o in altro modo, l’eccezione a suo tempo prospettata dinanzi alla commissione provinciale.

In sostanza, alla luce della esposizione contenuta nella sentenza, non è dato di comprendere a quale istituto i D.M. si siano riferiti nel contesto dell’impugnazione nei confronti dell’atto impositivo. E ancora non è dato di conoscere se coerentemente a quella originaria la questione sia stata prospettata a mezzo dell’appello.

Fermo quanto sopra, il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, non riporta il contenuto dei propri atti nei quali sarebbe stata inserita l’eccezione – sia in primo che in secondo grado – allo scopo di consentire alla Corte di effettuare un qualsivoglia controllo al riguardo, noto essendo che l’autosufficienza deve contraddistinguere, a pena di inammissibilità, il ricorso per cassazione anche allorchè sia affermato un vizio di omessa pronuncia (cfr. per utili riferimenti Cass. 2008/24791; Cass. 2008/10593).

3. – Col secondo motivo, il ricorrente, seppure richiamando anche un vizio di violazione di legge (rispetto al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51), deduce una insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

La motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe nei detti termini viziata con specifico riferimento alla questione della esistenza del vincolo di destinazione comportante la inedificabilità e immodificabilità dello stato dei luoghi. Questo motivo appare fondato.

4. – Osserva il collegio che la sentenza impugnata da atto dell’avvenuta documentata esistenza, a fondamento della tesi difensiva del D.M., di una situazione di "immodificabilità temporanea della destinazione degli immobili sino all’approvazione da parte della regione Campania dei piani territoriali". Quindi propone il seguente testuale passaggio: "Pur condividendo che la situazione attuale evidenzi l’esistenza del vincolo di destinazione allo stato quo, non si può non considerare che la Regione Campania dovrà, per legge, attuare i piani territoriali e, quindi, implicitamente i beni subiranno una diversa destinazione con conseguente modifica del valore attuale".

Una tale sintesi non è idonea a esprimere una valida ratio decidendi.

Per quanto infatti desumesi dalla considerazione espressa nel periodo finale che compone la frase, la sentenza, a fronte delle ragioni di rettifica del valore venale di cui all’avviso di accertamento, riconosce l’esistenza di un non considerato vincolo edilizio, suscettibile di incidenza sul valore attuale del compendio. Non offre, tuttavia, spiegazione del perchè, nonostante il vincolo, il valore accertato ai fini dell’imposta debbasi comunque ritenere congruo.

Al riguardo appare priva di costrutto, e completamente inconferente, la sottolineatura di una verosimile successiva, modifica del valore attuale a seguito della futura attuazione di piani territoriali regionali. Giacchè il profilo condizionante la soluzione della controversia, alla luce della prospettazione, è costituito dall’incidenza (del ripetuto – e non considerato – vincolo) sui valori venali rilevati al momento della divisione.

Di contro, mancano, nella motivazione della sentenza, riferimenti idonei a neutralizzare la portata di questo vincolo, pur – ripetesi – riconosciuto come effettivamente esistente. E la logica non sorregge la conferma del valore immobiliare, risultante dall’accertamento, in dipendenza di una condizione inattuale. Tale in effetti è, in base alla motivazione della sentenza, quella di futuro verosimile mutamento di destinazione, conseguente all’adozione di piani urbanistici territoriali.

In dipendenza del citato vizio la sentenza impugnata va dunque cassata.

Segue il rinvio ad altra sezione della commissione regionale della Campania, anche per le spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo; dichiara inammissibile il primo;

cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania anche per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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