Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-12-2010) 14-01-2011, n. 785

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze in parziale riforma della sentenza, appellata dall’imputato e dalla parte civile, in data 20/2/08 del Tribunale di Lucca – Sezione Distaccata di Viareggio – con la quale S.G. era stato prosciolto dal reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, in danno della figlia minore S.M. per il periodo dal 1996 al 2000 perchè estinto per prescrizione, e dichiarato colpevole del medesimo reato per il periodo dal 2001 al 2003 con la condanna alla pena di giustizia e al risarcimento del danno alla parte civile, dichiarava l’imputato responsabile del reato ascritto sia pure ai soli effetti civili del reato, anche per il periodo dal 1996 al 2000, liquidando una provvisionale di Euro 15.000,00, provvisoriamente esecutiva, e confermava nel resto l’impugnata sentenza.

Nel rispondere alle censure mosse dall’imputato, il quale sosteneva che nessun obbligo gravava su di lui, dal momento che la S. M. non era sua figlia, ma figlia nata dal rapporto preesistente tra la madre P. e tale T.F., come accertato con sentenza del Tribunale di Lucca, che aveva accolto la domanda di disconoscimento della paternità, la Corte, come aveva già fatto il giudice di primo grado, osservava, richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto, che l’imputato era comunque tenuto all’obbligo alimentare nei confronti della S.M. fino a quando la sentenza che aveva accolto la domanda di disconoscimento della paternità non fosse passata in giudicato, operando essa ex nunc e non ex tunc. Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo del suo difensore, che a sostegno della richiesta di annullamento articola due motivi.

Con il primo motivo denuncia la violazione della legge penale in riferimento agli artt. 43-47-570 c.p., e censura l’errore dei giudici di merito che non avevano tenuto conto dell’errore di fatto in cui era incorso l’imputato che nell’omettere di contribuire al mantenimento della S.M. era stato assecondato dalla notorietà del fatto, dalla circostanza che mai la P. aveva affermato che la minore fosse figlia del S. e che mai nessun teste nella causa civile aveva affermato che la relazione tra il S. e la P., fosse iniziata prima della nascita della minore, onde proprio l’assenza nell’imputato della qualifica di genitore della minore e la consapevolezza di non essere destinatario di alcuna posizione di garanzia nei confronti della stessa si era riflettuta sulla condotta criminosa, quanto meno sotto il profilo psicologico, facendo venir meno la sussistenza di uno dei presupposti del reato.

Lamenta con il secondo motivo la mancanza di motivazione circa l’elemento soggettivo del reato, oggetto di espressa doglianza nei motivi di appello, al quale il giudice del gravame non aveva dato alcuna risposta.

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure. Ed invero, come già affermato dai giudici di merito, questa Corte ha sempre affermata con giurisprudenza ormai consolidata (da ult. Cass. Sez. 6^ 14/4-3/7/08 n. 27501 Rv. 240557), che ai fini della integrazione del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il disconoscimento di paternità, sebbene accertato con sentenza passata in giudicato, opera ex nunc e non ex tunc, atteso che il rapporto di discendenza, cui fa riferimento la fattispecie incriminatrice è collegato ad una situazione ex lege, non alla filiazione naturale, con la conseguenza che l’elemento materiale del reato non può ritenersi cancellato dal successivo accertamento dell’inesistenza del rapporto di filiazione.

Nè vale, come fa la difesa, invocare l’errore di fatto, suscettibile di influire sull’elemento psicologico del reato, atteso che, come ha già posto in evidenza il giudice del gravame, l’invocata scriminante è destinata a fallire a fronte della circostanza, non contestata e non contestabile, che il S. ebbe a riconoscere nel 1988 davanti al Tribunale per i minori di Firenze la figlia minore nata nel 1986, ed ha poi successivamente cambiato idea, promuovendo davanti al Tribunale di Lucca azione di disconoscimento della paternità.

Quanto all’elemento psicologico del reato, che il ricorrente ha contestato nel secondo motivo, non si esigeva da parte del giudice del gravame alcuna specifica motivazione, essendo pacifico in dottrina ed in giurisprudenza il principio, secondo il quale il reato, di cui si discute è a dolo generico, non essendo necessario per la sua realizzazione che la condotta omissiva venga posta in essere con l’intenzione e la volontà di far mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa (ex multis Cass. Sez. 6^ 7/10/93- 13/1/94 n. 185 Rv. 197226).

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo grado, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.000,00, oltre accessori in favore delle parti civili P. R. e S.M..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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